Pochi e vetusti i crematori, incapaci di soddisfare la richiesta, oltre a problemi burocratici che creano lunghi tempi d'attesa. Questi i motivi del boom di salme provenienti dall'Italia per essere cremate nel nostro Cantone
LUGANO - Turismo della cremazione in Ticino? Viene quasi da definire così il viaggio che molte salme italiane intraprendono da oltre confine per arrivare nei nostri crematori. Marco Seitz, impiegato presso il centro funerario luganese, conferma che i casi sono aumentati, “è normale che la gente, vedendo sempre più carri funebri con targhe italiane, si chieda cosa stia succedendo. La spiegazione a questo fenomeno è molto semplice, nel nord Italia la cremazione è aumentata in modo esponenziale, ma lo stesso non è successo con le strutture, che sono carenti. Perciò, anche per evitare lunghi tempi di attesa, molti vengono in Svizzera, dove il servizio è più celere”.
Sulla portata del fenomeno si esprime anche Emiliano Delmenico, direttore dello stesso centro, che continua: “È difficile esprimersi con numeri assoluti, perché bisognerebbe sommare i casi di tutti i centri in Ticino. Si può però dire che in Italia, a partire dal 2005 si è scoperta la cremazione. Se prendiamo Milano ad esempio, ha ormai superato il 50% dei casi, passando da una tradizione di sepoltura a una di cremazione”.
Si è accennato soprattutto a problemi di infrastrutture, che in Italia sarebbero carenti. “Bisogna capire che il numero della popolazione in Lombardia è molto superiore a quello del Ticino. Con l’aumento importante della cremazione, si sono trovati con delle strutture vetuste, che hanno causato un semplice problema di domanda e offerta. Se pensiamo al Ticino, abbiamo tre impianti con quattro forni, per circa trecentosessanta mila abitanti, che per noi significa circa tremila morti e duemilacinquecento cremazioni l’anno. Nelle zone di Como e Varese, le strutture non sono sufficienti e viene quindi a crearsi una sotto capacità dei centri. Oltre a ciò, bisogna aggiungere i problemi burocratici”.
In che senso “problemi burocratici”? “Ci sono regole – continua Delmenico – che in Ticino non abbiamo. Per esempio, se muore qualcuno in Italia, che ha magari cinque figli, tutti devono essere d’accordo sulla scelta di cremare il defunto, se anche un solo figlio non lo è, si blocca tutto. In Ticino questo non succede, per cui molti aggirano l’ostacolo venendo da noi”.
Questo è sicuramente un esempio concreto, ma probabilmente questi casi sono una minoranza. Le difficoltà che spingono i cittadini italiani a venire in Svizzera devono essere legate anche a qualcosa d’altro, come i tempi d’attesa. “È tutta una questione di servizio. Posso escludere questioni di vantaggio economico, anche perché in Italia costa poco meno rispetto al Ticino. Bisogna però aggiungere che le infrastrutture nelle zone di confine sono poche, anche perché per legge il crematorio deve essere all’interno del cimitero, non è possibile fare un centro esterno come quello di Riazzino. Questo significa che in Italia bisogna agire nei Comuni, ma il crematorio spesso non è nelle loro priorità. In questo modo, i tempi di attesa si allungano molto e non tutti sono disposti ad aspettare quindici giorni per la cremazione e altri dieci per avere le ceneri del proprio caro. In sintesi quindi, i motivi per cui le persone decidono di venire in Svizzera sono questi: burocratici”.
Le scarse infrastrutture sembrano dunque essere alla base di questo fenomeno di “turismo”, al momento però, l’aumento di salme dall’estero non sembra creare grattacapi ai centri ticinesi, “diciamo che fino a che non si liberalizza il mercato dei funerali, in questo senso non ci sono problemi. La sotto capacità dei centri di oltre confine al momento non ha creato inefficienze in Ticino. Poi bisogna dire che a Lugano si vedono molti carri funebri italiani anche perché, semplicemente, uscendo dalla zona di Gandria è più comodo venire a Lugano, rispetto a Como che è il centro italiano più vicino” conclude Delmenico