Intervista a Laura Faoro, concertista (da solista e in ensemble) in festival nazionali e internazionali. E docente di flauto
Quale percorso di formazione ha frequentato in SUPSI? E com’è nato il suo interesse verso questo ambito?
Appassionata di musica contemporanea e desiderosa di studiare il repertorio e le nuove tecniche in ambito flautistico, ho scelto di specializzarmi in questo settore in SUPSI iscrivendomi al Master in Contemporary Flute performance, dal momento che presentava un piano di studi compatibile con la mia attività di docenza in Italia, era molto interessante e completo quanto ai contenuti del piano di studi e particolarmente appetibile perché tenuto da Mario Caroli, attualmente massimo esperto del settore e grande interprete. Grazie ad una borsa di studio ho potuto proseguire in SUPSI frequentando un Master in Contemporary Chamber Music con uno dei mei primi ensemble, esperienza estremamente utile poiché siamo stati seguiti da quattro docenti di chiara fama ed ho avuto occasione di esibirmi in diversi appuntamenti importanti del CSI.
Come si “compone” la vita di un musicista? Quanto impegno e quante ore di allenamento dedica ogni giorno per questa passione e professione?
La mia giornata è scandita in modo piuttosto preciso e regolare. Avendo un’attività didattica come docente di flauto piuttosto densa che mi impegna diversi pomeriggi a settimana cerco di tenermi sempre le mattine libere per poter studiare almeno 3-4 ore (a meno di non avere prove), cui ultimamente ho aggiunto una mezz’ora di training fisico e vocale, per via dei progetti a sfondo teatrale che mi stanno impegnando in questo periodo. La sera è dedicata alla promozione dei progetti già avviati, allo studio e ricerca per quelli in partenza e ovviamente ai concerti e alle performances.
Dopo aver conseguito i due diplomi di Master ha avuto un’esperienza in una compagnia internazionale. Quanto conta nel suo campo apprendere da contesti culturali diversi? Che cosa si porta dietro di queste esperienze?
Ho fatto parte della compagnia italo-scozzese Charioteer Theatre per la coproduzione con il Piccolo Teatro di Milano di The Merry Wives of William, pièce in lingua inglese di teatro musicale contemporaneo di ricerca, per la quale sono stata scelta come protagonista insieme ad altre due “musicattrici”. Da quest’esperienza stupenda e preziosissima ho sentito la necessità di continuare a tenermi aggiornata, guardando molto ai centri di studio e ricerca in ambito performativo fuori dal mio paese. Quest’estate ad esempio ho approfondito lo studio della musica di K. Stockhausen, pilastro del teatro musicale contemporaneo, partecipando ai famosi corsi a Kurten indetti dalla Stockhausen Stiftung e poche settimane dopo sono volata a Holstebro in Danimarca per l’Odin Week festival (per cui non mi sarei mai aspettata di venir selezionata!), occasione unica di incontro e lavoro con Eugenio Barba e i membri dell’Odin Teatret.
Quali sono stati i momenti che l’hanno più arricchita artisticamente, nel corso del suo percorso di formazione trascorso al Conservatorio della Svizzera italiana?
Sicuramente dal punto di vista musicale ho nel cuore moltissime splendide lezione tenuti da veri maestri, grandissimi musicisti e fini didatti (A. Tamayo, M.Caroli, O. Zoboli e D. Rossi tra tutti). Indimenticabili i molti concerti cui ho potuto prendere parte per ‘900 Presente alla RSI e al Palazzo dei congressi; ricordo in particolare The Rape of Lucretia in collaborazione con la Scuola di Teatro Dimitri, esperienza bellissima e stimolante. Ma soprattutto, quello che più mi ha arricchito artisticamente nel corso del mio percorso di formazione al CSI è stato l’essere stata “obbligata”, per via delle tesi da scrivere e dei progetti da presentare come elaborato finale, a ragionare in modo sinestetico, non solo dal punto di vista della musica che avrei interpretato o di cui avrei scritto, ma in termini più ampi, ricevendo uno stimolo costante a cercare un “file rouge” che unisse i brani da me scelti a suggestioni apparentemente lontane, appartenenti ad altri ambiti artistici, per creare concretamente qualcosa di nuovo. Se infatti fin dall’inizio dei miei studi sul repertorio per flauto tardo novecentesco e d’avanguardia, ho intuito la forza delle sonorità contemporanee e la loro affinità semantica con quella delle vicine e coetanee arti visive e performative, devo moltissimo a questo impulso formativo che mi ha spinto a muovere i primi passi sul campo di quella che è divenuta la mia ricerca attuale, una sintesi tra le arti mirata costantemente a valorizzare la qualità dell’ascolto, veicolo di una comunicazione artistica che vuole unire nel suo messaggio al pubblico contenuti culturali, suggestione e arricchimento interiore.