Atgabbes non ci sta: "Definire le priorità solo in termini di salute "cronica" è un approccio che non possiamo accettare"
TICINO – “I disabili in istituto sono considerati come i detenuti”. È quanto denuncia l’Associazione ticinese di genitori ed amici dei bambini bisognosi di educazione speciale in un comunicato stampa in merito alla campagna di vaccinazione dell’Ufficio federale della sanità pubblica.
“Secondo la strategia di vaccinazione dell’Ufficio Federale per la Sanità Pubblica – si legge –, le persone con disabilità che vivono in istituti appartengono alla stessa categoria di priorità vaccinale dei detenuti, ovvero quella delle “persone residenti in strutture collettive con elevato rischio di infezione e di focolaio”. Da marzo 2020 gli utenti degli istituti stanno vivendo una situazione di notevole limitazione in termini di attività, uscite, contatto con i familiari, libertà personale. Limitazioni che si aggiungono a un quadro di fragilità ed emarginazione già spesso compromessi, impoverendoli delle necessarie prestazioni socio-educative con conseguenti involuzioni del loro stato psico-fisico e aggravando il carico di lavoro di operatori, educatori e familiari curanti”.
Atgabbes vuole esprimere pubblicamente “la propria critica nei confronti di questa strategia di vaccinazione unita a quella verso le disposizioni in merito alla nuova chiusura degli istituti per invalidi. Nel settore dei disabili definire le priorità solo in termini di salute “cronica” è un approccio che non possiamo accettare. Le “cronicità” in questo settore sono rappresentate anche e soprattutto dalla mancanza di relazioni sociali e di interventi alla persona, con conseguenze per la loro salute ancora più gravi del COVID stesso. L’incertezza e l’indeterminatezza dei tempi di intervento per le persone con disabilità, la mancanza di prospettive chiare per un settore già troppo toccato dalle restrizioni, non possono che generare gravi e negative ripercussioni sulla salute fisica e mentale dei nostri cari”.
“Non nascondiamo la nostra delusione nel constatare come i temi che preoccupano le famiglie riportati in diverse lettere inviate alle autorità competenti (DSS, UMC, UI) siano rimasti, di fatto, senza una concreta e valida risposta. Ci chiediamo come, allo stato attuale, possiamo continuare a divulgare un messaggio positivo facendo leva sulle regole di prevenzione in vigore da mesi e le cui restrizioni sono state la causa che ha portato una fascia di cittadini fragili in situazioni di forte disagio. Una fascia di cittadini bisognosi non solo di cure alla salute, ma anche e soprattutto di aiuti socio-educativi per svolgere semplici attività di vita quotidiana e di cure alla persona. Se nel marzo 2020, l’incertezza dei tempi in merito alla chiusura delle strutture era giustificata dalla mancanza di soluzioni di carattere sanitario, non riusciamo a capire come ora le autorità competenti continuino a considerare e a trattare il settore disabilità solo in termini di chiusura e isolamento. Per le famiglie, non considerare prioritario l’intervento sanitario per i propri cari, rappresenta una mancanza grave da parte delle autorità che non rispettano i diritti di cittadini e le loro legittime preoccupazioni”.
Per l’associazione, questa politica “avrà purtroppo un prezzo molto alto. Gli utenti degli istituti e le persone con bisogni speciali che vivono in famiglia con i familiari curanti sono cittadini per i quali la mancanza di interventi e le continue restrizioni nella partecipazione alla vita pubblica, alle attività professionali, alle attività socio-educative compromettono irrimediabilmente la loro autonomia e la loro qualità di vita. Il ricorso a una vaccinazione potrà donare loro la speranza di un ritorno a una vita dignitosa e sostenibile e garantire il diritto allo spazio fondamentale per lo sviluppo e la crescita personale e sociale: quello della relazione e dell’inclusione”.
Atgabbes auspica “che le autorità sanitarie prendano in dovuta considerazione lo stato di fragilità e di isolamento cui sono sottoposte tutte le persone con disabilità che vivono negli istituti e/o in famiglia assistiti da familiari curanti (ormai stremati) ricorrendo a una tempestiva vaccinazione su larga scala per tutti loro e per tutti gli operatori del settore, così come fatto per gli anziani. L’attuazione di nuove modalità di cura e accoglienza deve secondo noi essere condivisa e regolarmente rivalutata attraverso un dialogo aperto tra autorità, professionisti e genitori”.