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Le previsioni di Credit Suisse: nel 2018 le aziende torneranno a investire di più. Ma i volani della crescita (flusso migratorio e il boom immobiliare) stanno perdendo vigore. E quindi....
A dispetto del miglioramento del clima di fiducia, con l'1,5 % la crescita dei consumi nel 2018 si muoverà verosimilmente nella fascia degli scorsi anni. Una ripresa più sostenuta dei consumi è osteggiata soprattutto dalla creazione stagnante di posti di lavoro
© Ti-Press / Francesca Agosta
LUGANO - Grazie a una migliore situazione sul versante della redditività, nel 2018 le aziende dovrebbero tornare a investire di più. Viceversa, i volani finora fondamentali della crescita, come il flusso migratorio e il boom immobiliare, stanno perdendo vigore.

Secondo gli economisti di Credit Suisse, per una crescita duratura della prosperità negli anni a venire occorrerà, oltre ai collaudati "export champion", un incremento della produttività nell'economia interna. Per il 2018 gli specialisti della banca mantengono la loro previsione di crescita dell'1,7%, ma rivedono le loro stime per il 2017 dall'1,5% all'1%.

Nel numero pubblicato oggi del «Monitor Svizzera» gli economisti di Credit Suisse analizzano le prospettive di crescita a lungo termine della Svizzera. La loro conclusione: la crescita deve essere di nuovo generata maggiormente con incrementi della produttività. “I vettori di crescita più significativi degli ultimi anni, come l'immigrazione superiore alla media e il boom immobiliare rafforzato dai tassi estremamente bassi, stanno perdendo slancio”, dichiara Oliver Adler, capo-economista di Credit Suisse.

 

Già oggi il flusso immigratorio netto si attesta sul livello più basso dall'introduzione della libera circolazione delle persone nel 2007. Questa tendenza regressiva dell'immigrazione netta rispecchia la migliore situazione sul mercato occupazionale nei paesi di provenienza europei e, stante la progressiva ripresa in atto in Europa, dovrebbe proseguire. A seguito dell'indebolimento della crescita della popolazione, del cambiamento demografico come pure del crescente eccesso di offerta di immobili residenziali è inoltre prevedibile che nel medio periodo anche il settore immobiliare abdicherà al suo ruolo di volano della crescita.

 

Investimenti: la preservazione dello stock di capitale assorbe risorse considerevoli

 

Gli incrementi della produttività impongono ulteriori investimenti e/o una maggiore efficienza. A prima vista gli investimenti in Svizzera sembrano godere di buona salute. Circa un quarto del prodotto economico nazionale è destinato agli investimenti – decisamente più che in Gran Bretagna (16,7%), negli USA (19,6%) o in Germania (20%). A un esame più attento si evidenzia tuttavia che buona parte della somma d'investimento viene spesa per ammortamenti. Negli ultimi due decenni, la quota di investimenti netti, ossia la quota degli investimenti al netto degli ammortamenti, è gradualmente diminuita e oggi ammonta al 3,3%.

 

Per preservare il suo stock di capitale la macroeconomia svizzera è quindi chiamata a effettuare regolarmente notevoli investimenti, ovvero ingenti investimenti sostitutivi. La parte principale degli investimenti previsti nell'industria per il prossimo anno è quindi anche dichiarata come investimenti sostitutivi (43%), un riscontro emerso in agosto da un sondaggio condotto da Credit Suisse e procure.ch. Per contro, da anni le spese d'investimento per la ricerca e lo sviluppo stanno sensibilmente aumentando, il che induce a un maggiore ottimismo, a conferma che la Svizzera è una buona piazza per le attività rivolte al futuro e le professioni ad alta intensità di conoscenze.

 

Economia interna con potenziale di crescita

 

Gli economisti di Credit Suisse giungono altresì alla conclusione che le inefficienze presenti in comparti dell'economia svizzera sono nell'insieme un ostacolo alla crescita maggiore di un'insufficiente attività d'investimento. "La robusta crescita degli ultimi anni, alimentata dal flusso immigratorio, ha in parte occultato queste inefficienze", conferma Adler. Complessivamente si osserva una bipartizione sempre più netta dell'economia tra aziende e settori a vocazione internazionale competitivi e a elevata produttività ("export champion" come ad es. l'industria farmaceutica o il commercio di materie prime) e l'economia interna meno produttiva: solo tra il 1997 e il 2015 la produttività del lavoro nell'economia d'esportazione ha espresso, al netto dell'inflazione, un aumento di oltre il 40%, mentre nell'economia interna ha grossomodo ristagnato (circa +5%). Ciò malgrado, la Svizzera non necessita solo di export champion affermati per contendersi una leadership nella crescita economica, bensì anche di una crescita più esuberante della produttività nell'economia nazionale. Oltre a settori protetti come l'agricoltura, anche settori parastatali come il sistema sanitario, l'assistenza sociale e la formazione, i settori legati alle prestazioni preliminari come il comparto energetico, ma anche l'industria finanziaria, devono riuscire a realizzare incrementi di efficienza.

 

La creazione stagnante di posti di lavoro frena la crescita dei consumi nel prossimo anno

 

Per il prossimo anno gli economisti di Credit Suisse sono cautamente ottimisti. A dispetto del miglioramento del clima di fiducia, con l'1,5 % la crescita dei consumi nel 2018 si muoverà verosimilmente nella fascia degli scorsi anni. Una ripresa più sostenuta dei consumi è osteggiata soprattutto dalla creazione stagnante di posti di lavoro. Da un lato, per effetto del livello salariale elevato le imprese sono prudenti nel reclutamento. Dall'altro, esse dovrebbero puntare in primis a migliorare nuovamente la loro redditività. "Dalla fine della crisi finanziaria le aziende hanno iscritto in buona parte nel proprio bilancio i deterioramenti della congiuntura e le spinte all'apprezzamento del franco al fine di evitare possibilmente tagli del personale", prosegue Adler. Il previsto innalzamento della quota ormai ai minimi storici degli utili societari sul prodotto interno lordo comporta tuttavia solo una debole crescita dell'occupazione e aumenti salariali trascurabili.

 

Crescita più vigorosa per esportazioni e investimenti nel prossimo anno

 

Il miglioramento della redditività come pure lo scenario di crescita globale migliore dovrebbero tuttavia avere ricadute positive sugli investimenti societari. Nel sondaggio menzionato in apertura quasi il 40% delle aziende interpellate ha dichiarato di voler investire di più nell'anno a venire, decisamente molte di più che negli ultimi due sondaggi del 2013 e 2015, e più del doppio di quelle che intendono ridimensionare i loro investimenti (17%). Gli economisti di Credit Suisse ritengono pertanto che nel 2018 la crescita degli investimenti in beni strumentali progredirà dal 2,6% al 3,5%. È presumibile che anche il commercio estero guadagnerà slancio, giacché la situazione dell'industria d'esportazione si presenta vantaggiosa: in agosto il barometro delle esportazioni calcolato da Credit Suisse, che rispecchia la situazione sul fronte della domanda nei principali mercati di sbocco, ha raggiunto un picco storico. Inoltre, la sopravvalutazione del franco svizzero nei confronti dell'euro è diminuita. Per il momento, gli investimenti nell'edilizia sono ancora vivaci, ma stanti i crescenti sfitti e i problemi di capacità l'apice dovrebbe essere ben presto superato.

 

Altri contenuti del «Monitor Svizzera»

 

Schema per una normalizzazione della politica monetaria

 

Non appena una stretta monetaria diventa rilevante, la Banca nazionale svizzera dovrebbe dapprima innalzare i suoi tassi guida. Una stabilizzazione dell'espansione del bilancio si delinea già, ma nel lungo periodo una spiccata riduzione delle riserve valutarie appare improbabile.

 

Digitalizzazione e invecchiamento: due importanti vettori di crescita

 

La digitalizzazione progredisce, il cambiamento demografico anche e nei prossimi anni influenzerà l'andamento degli affari di parecchi settori. A trarne maggiore profitto dovrebbero essere la tecnologia dell'informazione e i settori attinenti alla sanità.

 

Classifiche delle localizzazioni solo limitatamente indicative per la forza economica

 

Sebbene esista un nesso indubbio tra la classifica di un paese in ordine alla competitività e la sua prosperità, questo nesso è in assoluto il più debole proprio nei paesi più ricchi.

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