Ieri sera a Lisbona il Real Madrid ha conquistato il trofeo più ambito, che in casa Merègues mancava da 12 anni. Grande delusione per l’Atletico Madrid che ha accarezzato il sogno fino al 93’, quando si è fatto riagguantare da Sergio Ramos
LISBONA – Che fosse una partita che prometteva scintille lo si poteva immaginare ed è stato scritto e detto di tutto di questa finale tutta madrilena. E lo spettacolo non ha deluso le attese, consacrando infine il Real Madrid che agguanta la tanto agognata, in maniera ormai ossessiva, decima Champions League, riscrivendo la storia del calcio e consacrando definitivamente l’allenatore emiliano Carlo Ancelotti.
La partita
I primi 90 minuti sono stati un bel giro di giostra: se sull’arco dei tempi regolamentari il Real si è comunque fatto preferire, in particolare nel secondo tempo dove le occasioni non sono certo mancate ai blancos, con un Atletico in netta difficoltà, è proprio la squadra di Simeone che un po’ a sorpresa, ma senza demeriti visto l’approccio e la disposizione tattica perfetta, è andata a segno al 36’ con un tocco di testa di Godin.
Un gol illusorio che ha spedito tra le stelle del firmamento calcistico europeo i colchoneros fino al minuto 93’ e, quando tifosi e giocatori ormai pregustavano il sapore della prima storica coppa, a 40 anni dall’ultima finale persa, ci ha pensato il “solito” Sergio Ramos, non certo un attaccante, ma già capace di infilare una doppietta al Bayern in semifinale, a distruggere gelidamente i sogni dell’Atletico con un’incornata su calcio d’angolo che vale l’1-1. Conti in pari e verdetto rimandato ai tempi supplementari.
Tempi supplementari caratterizzati da grande stanchezza, vista l’intensità fisica e nervosa dilapidata nei 90 minuti, ma che il Real, forte dell’entusiasmo del gol miracolo all’ultimo minuto, ha giocato decisamente meglio e all’attacco. Risultato: gol liberatorio di Bale al 110', il gallese da 100 milioni (che forse ora tutti a Madrid sono contenti di aver speso), e partita chiusa. Ma non per il Real che, forte del crollo mentale e fisico dei colchoneros, si regala anche il 3-1 con Marcelo al 117’ e addirittura il rigore per il definitivo 4-1 messo a segno dall’immancabile Cristiano Ronaldo a tempo scaduto.
Un passivo decisamente troppo pesante per un Atletico encomiabile che è stato più che in partita per 110 minuti, andando anzi vicinissimo ad alzare la coppa dalle grandi orecchie, e a cui va concesso l’onore delle armi e del coraggio. Una splendida realtà che insegna che non servono solo e soltanto i denari per arrivare in alto, un Davide che ha fatto tremare Golia senza però metterlo al tappeto (come d’altra parte è riuscito a fare con grande merito nella Liga spagnola).
Merégues e Carletto nella storia
Per il Real invece la strada porta dritta dritta nella storia: decima coppa messa in bacheca, quella che a Madrid, sponda Real, era diventata ormai un’ossessione, e record assoluto di gol per Cristiano Ronaldo in una singola edizione con le inarrivabili 17 reti messe a segno.
Storia che riserva ora un posto più che speciale anche per Carlo Ancelotti, unico allenatore a vincere tre Champions con due squadre diverse (e secondo in assoluto, insieme all’inglese Paisley con il Liverpool a vincerne tre). Un merito e una grandezza riconosciuti da tutti, ad iniziare dalle parole del suo centrocampista Xabi Alonso, costretto in tribuna per un giallo in semifinale: “Nella coppa c’è molto di Ancelotti, è un allenatore importantissimo, se lo merita perché è una gran persona.”
La consacrazione dell’uomo tranquillo dal sopracciglio alzato.
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