Il colosso di Stabio ha varato un piano anti-crisi coordinato con la casa madre Orior, ma i fornitori ticinesi non verranno toccati. Sul personale misure di risparmio del 5%
STABIO – Riduzioni di organico, misure di risparmio, riorganizzazione aziendale… Cosa sta succedendo alla Rapelli di Stabio, colosso ticinese della salumeria, controllato dal gruppo alimentare svizzero tedesco Orior? Un’altra grande azienda in crisi?
Le domande e le preoccupazioni sono legittime, soprattutto di questi tempi, e hanno iniziato a farsi strada in seguito ad alcuni licenziamenti e a una richiesta, inviata dalla Rapelli ai propri fornitori, di riformulare le offerte per il 2016.
Nella lettera di accompagnamento si parla di costante pressione della concorrenza, e della necessità di adottare misure adeguate per garantire la competitività dell’azienda a medio termine. E si parla anche del varo di un progetto, elaborato dalla società di consulenza KPMG, denominato Faro, finalizzato a individuare possibilità di risparmio tra i fornitori del gruppo Orior.
In questo quadro si inseriscono anche le preoccupazioni per il futuro del salumificio Valmara, gestito dalla stessa Rapelli, che non riesce a uscire dalle cifre rosse…
Ma il direttore della Rapelli, Glauco Martinetti, recentemente eletto alla presidenza della Camera di commercio, rassicura: nessun rischio per i fornitori ticinesi e niente licenziamenti collettivi. “Si va avanti con fiducia, dice, anche se qualche contromisura va presa per affrontare la crisi di un mercato – quello alimentare – che l’anno scorso ha registrato a livello nazionale una perdita di tre miliardi di franchi causata dal turismo degli acquisti”.
“A livello nazionale – spiega Martinetti - abbiamo 15 fornitori e stiamo cercando di ridurli a una decina, concentrando i volumi degli acquisti. Una misura di risparmio che non toccherà i fornitori ticinesi, anche perché il 90% circa della carne che lavoriamo a Stabio proviene dalla Svizzera tedesca, mancando in Ticino una sufficiente produzione di suini”.
I risparmi, aggiunge il direttore, toccheranno anche le risorse umane: sul finire dell’anno scorso abbiamo annunciato ai nostri collaboratori che nel 2016 ci sarebbe stata una riduzione dei costi del personale del 5%.
“Martedì prossimo incontrerò nuovamente i nostri collaboratori e fornirò loro informazioni aggiornate. Abbiamo previsto di raggiungere l’obiettivo di risparmio attraverso la rinuncia ad alcuni lavoratori interinali, qualche prepensionamento, qualche riduzione di orario di lavoro e, seppure a malincuore, alcuni licenziamenti, che sono stati comunicati in questi giorni. Per contro, non sono state fatte e non saranno fatte riduzioni di salario a seguito dell’evoluzione sfavorevole del tasso di cambio”.
La Rapelli ha 400 dipendenti, spiega Martinetti, e la situazione sul mercato è seria, gli acquisti all’estero da parte dei consumatori svizzeri e in particolare ticinesi continuano, i grandi distributori faticano anche loro… “Non possiamo quindi stare con le mani in mano ad attendere gli eventi: dobbiamo prepararci in tempo per affrontare una situazione difficile. Vogliamo continuare ad essere un’azienda sana per mantenere in Ticino produzione e posti di lavoro”.
Nella strategia di mantenimento delle quote di mercato rientra anche l’imminente rinnovamento del marchio Rapelli, vecchio ormai di 30 anni, con l’obiettivo di riposizionare fortemente l’azienda e i suoi prodotti verso la tradizione ticinese, recuperando la figura del “mastro salumiere” incarnata dal fondatore del salumificio, Mario Rapelli. Un’operazione di marketing che partirà a fine febbraio e si svilupperà su tutta la primavera.
Martinetti rassicura anche sul futuro del salumificio Valmara, specializzato nella produzione di salametti e prosciutto cotto: “Oggi come oggi escludiamo una chiusura, anche se va detto che da cinque anni quell’azienda chiude i bilanci in rosso, registrando perdite pesanti. Dobbiamo assolutamente invertire la tendenza. Pensiamo di trasferire una parte di produzione alla Rapelli e di riposizionare sul mercato il Valmara concentrandoci su produzioni di nicchia e di alta qualità. In ogni caso, anche qui tutti gli impiegati sono informati sulla situazione”.
Marco Bazzi