LUGANO – Sapete come si dce… ‘tastare il polso all’economia’. Ecco, l’inchiesta congiunturale della Camera di commercio ha sostanzialmente qusto obiettivo. Capire come stanno andando gli affari per le aziende affiliate, se nel prossimo futuro ci sono prospettive di crescita o di decrescita. Se c’è fiducia o sfiducia nel mercato… Sono temi importanti, che toccano il nostro intero sistema socio-economico, perché incidono direttamente sui consumi, sui posti di lavoro, sulla capacità contributiva delle imprese e quindi sul gettito fiscale.
I risultati dell’inchiesta - svolta tra settembre e novembre dell’anno scorso su circa 280 aziende, un centinaio delle quali operano nel settore dell’industria e dell’artigianato e le rimanenti nei servizi e nel commercio, e che rappresentano complessivamente oltre 18'000 posti di lavoro - sono stati presentati questa mattina.
Il campione di aziende è ormai consolidato da sette anni, per cui i risultati possono essere considerati attendibili e sono sempre confermati dalle analisi scientifiche sull’andamento economico condotte dagli istituti federali e cantonali specializzati. L’inchiesta mira a dare indicazioni sulle tendenze generali dell’economia ticinese e non intende sostituire, precisano i vertici della Camera di commercio, analisi più mirate effettuate dai singoli settori economici, benché vi siano indicazioni generali sui due gruppi summenzionati.
L’inchiesta mette inoltre a confronto risultati e tendenze dell’economia ticinese con quelli di altre realtà (Ginevra, Neuchâtel e Vaud) le cui camere di commercio hanno condotto la stessa ricerca.
Il luogo scelto per raccontare questi dati dal presidente della Camera di commercio, Glauco Martinetti, e dal direttore, Luca Albertoni, è singolare: non la solita e anonima sala conferenze ma lo show room di una delle principali realtà atuomobilistiche svizzere e ticinesi, il gruppo Amag. E per Oliviero Milani (a sinistra nella foto), che dirige il gruppo in Ticino, è stata l’occasione per raccontare quanto conti il settore dell’auto nel sistema economico.
La realtà Amag e il mercato dell’auto in TicinoIl direttore di Amag Ticino ha fornito i principali dati relativi alla sua azienda, che conta in Svizzera 5'800 collaboratori, forma 800 apprendisti, vende circa 100'000 veicoli. In Ticino i collaboratori del gruppo sono 290, e i veicoli nuovi venduti sono stati l’anno scorso circa 5'000. “Il 2016 è andato meglio di ogni più rosea aspettativa – ha detto Milani -, con un risultato globale di 19'800 veicoli venduti, vicino al dato record dell’anno precedente. Ma siamo confrontati con un’erosione dei margini di guadagno, dovuta alla riduzione dei prezzi e alla concorrenza sempre più agguerrita sul mercato dell’automobile”.
Un fenomeno al quale Amag ha risposto non con tagli di collaboratori ma con una riqualifica degli stessi ad ogni livello, una riduzione dei costi e una razionalizzazione dei processi. Milani ha infine spiegato che in Ticino, uno dei cantoni più motorizzati della Svizzera, con una media di 620 veicoli per mille abitanti, dal settore dell’automobile dipende direttamente o indirettamente un lavoratore su otto.
Un 2016 col segno più per la maggioranza delle aziende. Ma le difficoltà non mancanoIniziamo col dire che l’andamento generale degli affari registrato nel 2016 è stato considerato di segno positivo dal 69% delle aziende ticinesi (43% lo giudica soddisfacente, 26% buono).
Malgrado le innegabili e note difficoltà di alcuni settori (commercio su tutti) le tendenze generali restano quindi abbastanza buone. Occorre tuttavia sottolineare, sottolinea la Camera di commercio, che il livello positivo si è attestato sostanzialmente sui valori del 2015, decisamente inferiori rispetto agli anni precedenti, anche a causa del franco forte.
Le tendenze ticinesi sono comunque assolutamente in linea con le altre regioni svizzere e in taluni casi anche chiaramente migliori, grazie alla diversificazione del tessuto economico che permette di mantenere un certo equilibrio in caso di difficoltà settoriali. L’economia ticinese nel suo complesso, come quella svizzera, ha pertanto dimostrato una buona capacità di reazione in un contesto che ha vissuto nello spazio di otto anni tre crisi molto importanti (2008, 2011 e 2015).
Le previsioni per il 2017, dall’autofinanziamento agli investimentiPer quanto riguarda l’andamento futuro, per il primo semestre del 2017, il 67% delle aziende stima un andamento da soddisfacente (43%) a buono (24%), in linea con i valori attuali. Per il secondo semestre la percentuale resta identica. L’andamento degli affari risulta essere più stabile rispetto agli altri cantoni che hanno partecipato all’inchiesta.
Attenzione particolare è stata rivolta al margine di autofinanziamento delle aziende, elemento poco spettacolare ma di cui da qualche anno si constata una certa erosione. Questo può essere preoccupante in prospettiva futura per la competivitità. Pure tale elemento si è attestato sui valori del 2015, con il 62% delle imprese ticinesi che lo considera di segno positivo (29% soddisfacente e 33% buono). E’ però innegabile il calo rispetto al periodo 2013/2014.
Rimangono buoni i livelli di investimenti aziendali, fondamentali per la competitività e quindi anche per l’occupazione, con il 52% delle aziende che ha investito e il 49% che intende farlo nel 2017. L’evoluzione degli investimenti rimane costante, a dimostrazione del fatto che le aziende credono ancora nelle potenzialità del territorio.
Previsioni sul fronte occupazionePer quanto riguarda l’occupazione, nel 2016 si è registrata una stabilità dell’effettivo del personale (61% delle aziende). Nel 17% dei casi vi è stata una diminuzione e per il 22% un aumento, all’insegna di una certa stabilità globale. Per il 2017 ben il 79% delle imprese ticinesi prevede una stabilità dell’effettivo.
Le aziende hanno poi anche risposto a domande su temi specifici: l’innovazione, la digitalizzazione, la formazione professionale e gli Accordi bilaterali con l’Unione europea.
Prospettive di innovazione e di digitalizzazione dei processi aziendaliSull’innovazione, il 60% delle imprese destina oltre il 15% (con punte di oltre il 70%) degli investimenti aziendali all’innovazione, il che rappresenta una cifra ragguardevole. Per quanto riguarda la digitalizzazione, essa modificherà le attività per il 56% delle imprese. I relativi investimenti nel digitale concernono i prodotti e i servizi (21%), i processi (26%) gli aspetti commerciali (30%) e l’organizzazione (23%).
Importante è anche il fatto che l’80% delle aziende stima che con la digitalizzazione non vi saranno riduzioni del numero di impiegati, ciò che è molto confortante per il mercato del lavoro. La sensibilità su temi come l’innovazione e la digitalizzazione evidenzia come vi sia una buona base per affrontare i cambiamenti futuri.
I problemi legati alla formazione di apprendistiPer quanto riguarda la formazione, il 40% delle aziende ha formato apprendisti negli ultimi tre anni o ne sta formando attualmente, il che può essere considerato un buon numero. Fra i motivi alla base della rinuncia a formare apprendisti figurano la scarsa conoscenza dei percorsi formativi (2%), la mancanza di infrastrutture (26%), i costi troppo elevati (5%), bisogni specifici difficili da soddisfare (15%), mancanza di tempo (50%), carichi troppo onerosi (5%) e l’assenza di formatori in azienda (27%). Mancanza di tempo e assenza di formatori in azienda sono elementi caratteristici delle piccole aziende, che costituiscono la grande maggioranza del tessuto aziendale cantonale.
Non a caso si ritengono utili per migliorare la situazione un maggiore aiuto nelle pratiche amministrative (12%), corsi di formazione continua per formatori (29%), sostegno finanziario (48%), sostegno agli apprendisti in difficoltà (25%), cofinanziamento di un centro di formazione interna (22%) e strumenti di contatto e messa in relazione (9%). In un quadro tutto sommato positivo emerge la necessità di rafforzare ulteriormente la collaborazione fra economia e Stato per facilitare ulteriormente l’assunzione e la formazione di apprendisti.
Cosa pensano le aziende dei BilateraliInfine, sugli Accordi bilaterali con l’Unione europea, il 71% delle aziende ticinesi è direttamente toccato nel business quotidiano dal pacchetto complessivo degli accordi (non sono stati tenuti in considerazione fattori come la facilità di reclutamento del personale e altro, ma solo la realizzazione della cifra d’affari). Il 28% delle aziende molto toccate è sostanzialmente riconducibile alla proporzione di aziende che lavorano prevalentemente nell’export, mentre il 43% di chi si dichiara meno toccato raggruppa chi ha una parte di export massima del 20%, chi opera anche su altri mercati non UE e chi invece non esporta (o solo indirettamente) ma ha altre relazioni commerciali. Il 29% non risulta toccato.
La proporzione delle conseguenze di un’eventuale caduta degli Accordi bilaterali resta quindi sostanzialmente la stessa, con il 72% delle aziende toccate (21% in modo grave e 51% con conseguenze limitate, mentre per il 28% non vi sarebbero conseguenze). Tenuto conto che l'UE rappresenta circa il 65% degli scambi commerciali con la Svizzera, tali cifre risultano pertanto coerenti.
Ulteriori dati concernenti la ripartizione settoriale industria/artigianato e servizi/commercio e il settore specifico dell’export sono contenuti nella documentazione completa scaricabile al sito www.cc-ti.ch/inchiestacongiunturale.