CRONACA
Senza Filtri bis! Maurizio Canetta a tutto campo sulla RSI e la No Billag. "Il pagamento del canone ai dipendenti? Privilegio che scomparirà". "Assunzioni partitiche o nepotiste? Fuori gli esempi". "Troppi dipendenti? Già scritto che in futuro faremo con
Intervistona al direttore della radiotelevisione pubblica che affronta, punto per punto, le critiche, le obiezioni e le riflessioni che Liberatv ha raccolto in due mesi di approfondimento sull’iniziativa. E risponde a tutto senza peli sulla lingua....
© Ti-Press / Gabriele Putzu
di Andrea Leoni

COMANO - “Ah, ma allora non c’è la poltrona in pelle umana nell’ufficio del direttore della RSI…”. “No. E neanche l’acquario con i dipendenti che nuotano”.
“Mi piacerebbe capire se quella era una battuta oppure se diceva sul serio”. Secondo me, seppure a livello metaforico, un po’ era serio….”A beh, se diceva seriamente, allora ti rispondo: è falso, non ci sono né le freccette, né la sua immagine”.

 

L’incontro con Maurizio Canetta inizia con uno scambio di battute, mentre ci accomodiamo nel suo studio all’ultimo piano della sede della radiotelevisione pubblica a Comano. Per il direttore della RSI, dopo che la campagna No Billag ha preso il largo anche in Ticino, con la formazione dei vari comitati e una prima ondata di interviste e di opinioni, è tempo di tornare sotto i riflettori della votazione che animerà il dibattito pubblico fino al 4 di marzo.

 

Prima di cominciare la conversazione stabiliamo le regole di ingaggio. La nostra proposta è quella di sottoporgli, punto per punto, le critiche, le obiezioni e le riflessioni che Liberatv ha raccolto in due mesi di approfondimento sull’iniziativa. Una sorta di “Senza Filtri” bis. Canetta accetta senza porre alcun paletto. Essendo un collega, prima ancora che il massimo dirigente della radiotelevisione pubblica, il colloquio lo trascrivo come avvenuto: con il “tu”. Tra giornalisti, e in generale tra professionisti del settore, si usa così.

 

Maurizio, partiamo dal privilegio concreto e simbolico che da più parti vi viene contestato: la RSI paga il canone ai suoi dipendenti. Utilizza cioè i proventi della tassa pagata da tutti gli altri cittadini, per esentare i suoi collaboratori dal balzello. Luigi Pedrazzini lo ha definito un benefit anacronistico. Tu cosa pensi?

“È un tema evidente. La proposta dell'azienda è di cancellare questo privilegio. Siccome si trova nella convenzione collettiva dei dipendenti SSR la dobbiamo discutere con i sindacati. Credo di poter dire che questo benefit scomparirà. C’è già l’accordo con il sindacato per regolare la questione.”

 

Si può avere una tempistica? Magari quando nel 2019 entrerà in vigore il nuovo sistema di riscossione del canone, che di fatto trasforma il canone in un’imposta generalizzata?

“I tempi saranno stabiliti giocoforza dalle trattative tra la SSR e i sindacati. Ma la volontà dell’azienda è chiara ed è già stata decisa”.

 

Seconda obiezione in materia. I dipendenti della RSI, in particolare i vertici, guadagnano troppo e godono di un ventaglio di privilegi che si sono auto attribuiti. Per questo motivo venite da molti percepiti e descritti come una casta. Cosa rispondi?

“È vero che ci sono diverse categorie all’interno della RSI che sono pagate meglio rispetto alla media del settore. I nostri collaboratori godono, in generale, di buoni salari e di un buon sistema sociale e pensionistico. Questo dipende dal fatto che abbiamo un contratto collettivo nazionale. Lo ritengo un pregio per un’azienda e non un limite. Inoltre va sottolineato che la curva salariale dei dipendenti RSI è inferiore a quella dei colleghi di Zurigo e di Ginevra…”.

 

Ma i ticinesi guardano la curva dei ticinesi che lavorano fuori da Comano…

“E giustamente. È vero che abbiamo dei buoni stipendi. Ma se avere un buon sistema salariale e pensionistico, significa di per sé essere una casta, penso che dobbiamo metterci un po’ d’accordo sui termini”

 

Alla RSI ci sono troppi dipendenti?

“Ad ogni azienda, tranne la vostra Libera TV, si può dire che impiega troppi dipendenti. Si può fare con meno? Certo che sì, ma offrendo un altro prodotto e un altro ventaglio di offerta…”

 

Quindi vuoi dire che con qualche dipendente in meno non riuscireste a garantire la vostra attuale produzione?

“Non dico questo, anche perché è già scritto che dovremo garantirla con meno collaboratori. Dal 2019 la SSR sarà confrontata con un problema finanziario stimato in 100 milioni di franchi. Cinquanta dei quali derivanti dal tetto di 1 miliardo e 200 milioni fissato dal Consiglio Federale come limite di spesa. Mentre gli altri cinquanta milioni mancheranno a causa di una contrazione del mercato pubblicitario. Faremo fronte a questo ammanco nel modo migliore possibile. Non taglieremo un un po’ qua e un po’ là. Sfrutteremo invece i pensionamenti e le mancate sostituzioni. Organizzeremo un modo diverso di lavorare. Faremo delle scelte di razionalizzazione, tenendo conto del nuovo perimetro che dovremo dare al servizio pubblico e quindi alla nostra offerta”.

 

Pensi che sia giusto che i salari dei direttori, quindi anche il tuo, siano resi pubblici?

“Di fatto lo sono già. Il salario del direttore della SSR è pubblico. La somma dei salari dei direttori delle antenne regionali, quindi compreso il mio, lo sono altrettanto. Ci sono delle differenze legate alla grandezza delle struttura e agli anni di servizio. Ma basta fare una semplice divisione per conoscere il mio stipendio. Sono cose che ho già detto in diretta TV a Senza Filtri. Oltretutto noi abbiamo pubblicato i salari medi di tutte le nostre professioni di riferimento. Sono quindi tutti noti gli ordini di grandezza del nostri stipendi”.

 

Un’ultima domanda legata alla questione dipendenti. In diversi - anche da chi è schierato sul fronte del “no” - hanno criticato l’attivismo in prima linea di alcuni vostri collaboratori all’interno della campagna. In particolare sui social. Anche tu vedi il pericolo che possa essere controproducente un’eccessiva esposizione da parte di chi lavora alla RSI?

“I dipendenti della RSI hanno il diritto di difendere il proprio posto di lavoro tanto quanto i dipendenti delle Officine o della Navigazione Lago Maggiore. Dobbiamo farlo rispettando le regole che ci siamo dati e il nostro mandato pubblico e credo che lo stiamo facendo. Può darsi che qualcuno vada lungo ogni tanto. Succede sui social media, ma non succede solo a noi. Quando capita, ne parliamo e cerchiamo di fare in modo che non succeda più. Ma ripeto, i nostri collaboratori hanno il diritto di difendersi e di difendere il proprio posto di lavoro”.

 

Cosa rispondi a quei cittadini che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese, magari facendo più di un lavoro, e preferirebbero risparmiare, o impiegare diversamente, i soldi del canone anziché darli a voi?

“Confesso che faccio un po’ fatica a rispondere a questa domanda. È una realtà sociale che ho ben presente e della quale bisogna tenere conto. Ci sono persone che guadagnano poco e che pagano la stessa cifra di chi ha un salario molto più alto. È un problema reale, lo riconosco. D’altra parte è anche vero che questa decisione di avere una riscossione generale del canone, l’ha presa prima il Consiglio Federale, poi il Parlamento e infine il popolo, seppur di stretta misura. Quando si applicano determinati sistemi, il rischio che possano crearsi delle storture è grande. Vale anche per le imprese….”

 

Rocco Cattaneo si è lamentato pubblicamente di questo aspetto in un incontro a cui hai partecipato anche tu. Il suo gruppo, che oggi paga 4’000 franchi, in futuro ne dovrà pagare oltre 20’000.

“Il 75% delle aziende sarà esentato dal pagamento del canone. Mentre per il 15% delle società, pagarlo, sarà onestamente un piccolo sforzo. Mi riferisco a realtà come Nestlé o UBS, ad esempio. Poi c’è effettivamente una fascia di aziende, di cui fa parte anche il gruppo di Cattaneo, per cui l’aumento sarà importante. Ma queste curve non sono state in alcun modo pensate o decise dalla SSR. Si tratta di scelte esclusivamente politiche. Capisco che ci siano delle fasce sensibili, sia tra la popolazione che tra le aziende, ma questa è la strada intrapresa sia dai politici che dal popolo”.

 

Io penso che oggi, nel 2018, affermare che tutta la RSI è completamente sbilanciata a sinistra, sia una leggenda. Nel senso proprio letterale del termine: c’è un fondo di verità sull’orientamento ideologico dell’azienda, su cui però è stata innestata una efficace narrazione politica che non trova un riscontro fattuale nell’insieme delle vostre produzioni televisive, radiofoniche e online. Quindi, siccome non lo credo e conosco già la tua risposta, non ti chiederò se siete un covo di rossi. Però vorrei sapere da te qualcosa sull’origine, sull’elemento di verità, che ha radicato questa idea in una fascia piuttosto larga della popolazione.

“La categoria dei giornalisti, per principio e per mestiere, ha per sua stessa natura la visione critica del potere politico attraverso il racconto onesto dei fatti. È dunque un riflesso abbastanza inevitabile quello di una parte della popolazione, di considerare genericamente di sinistra chi fa il cane da guardia a chi governa. Io su questo tema sono molto concreto. Valuto i singoli casi e quando si verificano situazioni squilibrate, ho il dovere di dire “avete ragione, abbiamo sbagliato, dobbiamo correggere”. Ma se fosse vero che la RSI è un covo di rossi e se la radio e la televisione sono degli importanti orientatori dell’opinione pubblica, mi chiedo perché questo Cantone va dappertutto tranne che a sinistra…. Si potrebbe poi aggiungere un altro ragionamento di tipo storico”

 

Prego.

“Negli anni ’60 e ’70, i figli dei medici facevano i medici, i figli degli avvocati, gli avvocati, e così via. I media erano considerati una fonte di impiego un po’ di riserva. E quindi in quel periodo sono entrate in azienda, e nel giornalismo in generale, molte persone che avevano una formazione universitaria o culturale più orientata a sinistra. Ma oggi non è più così perché le professioni nel mondo mediatico, sono state ampiamente rivalutate dalla società borghese e liberale. E quindi c’è un largo accesso in RSI da parte di persone di ogni estrazione sociale o politica”.

 

Altra critica sul punto. La RSI ha una politica delle assunzioni lottizzata dai partiti e nepotista. C’è del vero?

“Io faccio il direttore da tre anni, ho nominato tre capi di dipartimento, e non ho ricevuto una sola sollecitazione da parte del mondo politico per dirmi a chi dovevo dare il posto”

 

Magari ai vertici aziendali no, ma per le assunzioni più a basso livello?

“Onestamente non mi risulta alcuna assunzione partitica o di stampo nepotista nei ranghi non di vertice. Se ci sono degli esempi concreti, me li si sottoponga, parliamone pure. Io non ne ho”.

 

Cosa ti senti di dire agli elettori della Lega, che sono i più critici nei vostri confronti?

“Gli elettori leghisti sono dei cittadini. Li invito a guardare la televisione, ad ascoltare la radio e poi a dire esattamente quello che pensano. E laddove emergessero delle criticità concrete, io ci sono per affrontarle insieme a loro. E agli elettori della Lega voglio dire anche un’altra cosa: venite a Comano per vedere con i vostri occhi cosa significa nella pratica realizzare un’offerta come la nostra. E come questa offerta rappresenti un’opportunità per moltissime persone. Venite, fatevi un’idea in prima persona, e poi ditemi se la cancellazione di tutto questo, come mira a fare la No Billag, è davvero una buona idea”.

 

Il “no, ma” all’iniziativa, espresso da diversi politici, sta diventando una chiave di lettura importante della campagna. È un approccio che ti preoccupa? Pensi che possa danneggiarvi creando confusione nell’elettorato?

“Diciamo che spero che il “no, ma” non sia una scusa per tirarsi fuori dalla mischia. Lo dico perché i “no” mi sembrano abbastanza chiari e convinti, mentre i “ma” dovrebbero avere dei contenuti più propositivi. Quello che posso garantire è che la bocciatura dell’iniziativa non rappresenterebbe in ogni caso un assegno in bianco per la RSI e per la SSR. Le preoccupazioni espresse dai “no, ma” troveranno ascolto e soluzioni”.

 

Però qualche “ma” propositivo c’è stato. Penso ad esempio a quello di Sergio Morisoli che vi ha chiesto un piano, prima del 4 marzo, in cui indicate 3 o 4 proposte concrete di cambiamento con le quali vi impegnate con gli elettori. Un modo per disinnescare quel “passato la festa, gabbato lo santo”, che ronza nelle orecchie di alcuni tra quelli disposti a darvi fiducia per l’ultima volta.

“Quella di Sergio Morisoli mi sembra una richiesta ragionevole. E stiamo già strutturando alcune proposte di cambiamento concrete. Penso ad esempio alla discussione in corso con gli editori privati.”

 

Ma pensi di presentarlo questo piano prima del 4 marzo?

“ Ritengo che come SSR dobbiamo essere molto concreti prima del voto. Ma ogni proposta deve avere delle basi serie. Ho già detto della nostra intenzione di intervenire sul pagamento del canone da parte dell’azienda ai nostri dipendenti. Dovremo pure rivedere certi investimenti tecnologici e logistici. E lo faremo senza perdere tempo”.

 

Vorrei chiederti un’opinione rispetto a quanto ha detto Matteo Pelli. Il tuo collega direttore, in una nostra intervista, ha spiegato che anche qualora l’iniziativa dovesse essere accolta, Teleticino non chiuderebbe. Un messaggio opposto a quello che da mesi lanciate voi. Cosa ne pensi?

“Il nostro non è un messaggio: è il testo dell’iniziativa. Se No Billag dovesse essere approvata, non ci sarebbe più una concessione e la Confederazione non potrebbe più riscuotere un canone sotto nessuna forma. Di conseguenza la SSR chiuderebbe i battenti. A quel punto si dovranno mettere all’asta le frequenze. E l’asta, da che mondo è mondo, la vince chi ha più soldi, non chi ha un progetto migliore. Se un produttore di pentole penserà di metter su una televisione di pentole, e possiede denaro a sufficienza da investire, potrà vincere l’asta. Questo quadro rende difficile qualunque tipo di previsione. In Svizzera sono a rischio 34 televisioni e radio private. Comprese Teleticino, Radio 3i e Radio Fiume Ticino, purtroppo”.

 

Sempre il tuo collega di Teleticino si è posto e ha posto a tutti una domanda. Perché la No Billag rischia di passare in Ticino? Cosa è stato fatto di sbagliato per creare le condizioni di incertezza rispetto all’esito di questa votazione? Tu cosa rispondi?

“Che noi nel passato abbiamo fatto errori è certo. Tuttavia non credo onestamente che si possa parlare di disaffezione diffusa. Lo dico perché anch’io giro il Paese e non percepisco questo sentimento. Ciò che invece avverto è la critica rispetto ai privilegi, alla casta.… Io credo che ci sia stata una fase in cui all’interno della nostra azienda ci siamo limitati a fare i programmi, senza curare il rapporto diretto con il pubblico e il territorio. Questo a mio avviso è stato il nostro peccato originale. Un errore che stiamo già correggendo, con una capillare presenza nei diversi luoghi della Svizzera Italiana, attraverso diverse iniziative sia della radio che della televisione. E continueremo a farlo anche dopo il 4 marzo, proprio perché crediamo che sia stato un errore non farlo in passato e che sia giusto farlo oggi. Poi ci sono altri fenomeni più generali. In Ticino ci sono delle evidenti situazioni di difficoltà economica. Ed è altrettanto chiaro che questa realtà produce una sofferenza nei rapporti tra chi fa fatica ad arrivare alla fine del mese e le istituzioni. Tutte le istituzioni. Io credo che noi dobbiamo reagire a questa protesta di una parte della popolazione essendo un po’ meno istituzionali e un po’ più popolari”.

 

Per chiudere il discorso sull’intervista a Matteo Pelli, devo concederti il diritto di replica rispetto alla questione dei derby di hockey. Lui dice che un po’ più di signorilità da parte vostra nell’accettare l’esito delle trattative - anche in ottica della comune battaglia contro la No Billag - avrebbe evitato le tensioni che sono scoppiate tra alcuni dipendenti delle due aziende. Cosa rispondi? E già che ci siamo, visto che non ne hai mai parlato pubblicamente: quanto è stata pesante per voi quella “botta”?

“Enrico Carpani ha addirittura fatto i complimenti a Teleticino e ha augurato buon derby ai ticinesi. Mi sembra che sia stata una reazione elegante. Poi a noi perdere i derby non ha fatto piacere ovviamente. Manteniamo un’ offerta sportiva enorme e compresa nel costo del canone. Un unicum o quasi in Europa”.

 

Qual è l’elemento che più ti preoccupa e quello invece che ti fa essere più fiducioso rispetto all’esito della votazione?

“Mi preoccupa la possibilità che non si voti nel merito ma per altri motivi. Il programma che non è piaciuto, la persona che è risentita perché non è stata intervista, i fattori economici e sociali di cui abbiamo discusso, il radicamento di certe idee rispetto all’immagine dell’azienda e dei suoi dipendenti…..Questo è certamente un elemento di preoccupazione per me. Ciò che invece mi fa essere ottimista è il senso di responsabilità che riconosco all’elettorato ticinese e anche l’affetto che percepisco rispetto all’azienda in quanto produttrice di programmi. Da parte nostra dobbiamo riuscire a comunicare bene il nostro punto di vista, affinché questo attaccamento diventi un’affermazione contro l’iniziativa”

 

C’è stata una critica, o una considerazione, che hai trovato particolarmente ingiusta in queste settimane?

“Le critiche di merito sono sempre benvenute. Trovo invece un po’ irritanti le critiche fatte a priori. Quelli che dicono siete sinistra, siete europeisti, siete tutti dei lazzaroni. Ma essere un servizio pubblico significa che le persone hanno il diritto di dire la loro sempre e comunque. A questo proposito ti racconto un episodio. In una discussione all’Università di Zurigo una ragazza che studia diritto mi dice: “Io voglio una radio e una televisione che posso discutere e criticare. E che mi risponde perché ha dei doveri. Un privato potrà sempre dirmi: gli investimenti sono miei e questo è quello che offro”. In tre frasi quella ragazza ha centrato il problema”.


Ma quando Lorenzo Quadri afferma: “votate sì in Ticino perché tanto a livello federale è impossibile che l’iniziativa passi”, tu come reagisci?

“Questo è un punto veramente molto delicato. Dire “date un segnale all’azienda” perché tanto la No Billag non passa, vuol dire falsificare la realtà”

 

È un giocare sporco?

“È un giocare pericoloso….”

 

Un’ultima domanda. Se l’iniziativa dovesse essere approvata in Ticino, e non in Svizzera, lascerai la direzione della RSI?

“Io lavoro duramente, insieme con i miei colleghi, per spiegare i motivi per i quali l’iniziativa deve essere bocciata. Tutto questo non riguarda la mia carriera, ma la Svizzera Italiana e il Canton Ticino, i posti di lavoro e l’economia di questo paese”.

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