Intervista al caporedattore dello sport di Teleticino sulla crisi della squadra bianconera: "La principale responsabilità della dirigenza è stata quella di non aver rimpiazzato Sadiku e Alioski con giocatori all'altezza"
“Sull’esonero hanno avuto un peso determinante le parole dell’allenatore domenica nel post partita con il Basilea, quando ha detto pubblicamente che non avrebbe rinnovato il contratto. Una notizia che era nota agli addetti ai lavori e alla società da un paio di settimane. Ma il fatto di comunicare alla stampa l’addio a fine stagione, ha infastidito Angelo Renzetti. Il presidente lo ha letto come un segnale di debolezza che mal si conciliava con il delicato finale di stagione che attende i bianconeri. L’ha percepito un po’ come un gettare la spugna anzitempo. E ha temuto che anche lo spogliatoio lo avrebbe vissuto in questo modo. Anche perché non vanno dimenticate le sei sconfitte consecutive da cui arriva la squadra. I risultati hanno sempre un peso quando si prendono queste decisioni. Ma senza quelle dichiarazioni credo che non sarebbe stato esonerato”.
Secondo te è un esonero che ci può stare?
“Sì, anche perché probabilmente Tami era un po’ logoro. Le ha provate un po’ tutte per invertire la tendenza ma senza riuscirci. Nel calcio ci sono questi momenti, a volte inspiegabili, quando una squadra non gioca male ma perde. E sono i momenti più brutti e delicati”.
Che bilancio fare dell’esperienza di Tami sulla panchina bianconera?
“Fino a sei partite fa aveva guidato bene il Lugano. Lo aveva riportato addirittura sulla soglia dell’Europa League. Poi si è inceppato qualcosa e la situazione è precipitata. Nelle ultime gare ha lasciato in panchina anche alcuni senatori, sperando di produrre dei miglioramenti. Una mossa che si è rivelata controproducente alla luce dei risultati. Le ha proprio provate tutte ma la scossa non è mai arrivata”.
Come definire il rapporto tra Renzetti e Tami?
“Tra loro probabilmente la scintilla non è mai scoccata. Ma Renzetti ha sempre avuto grandissimo rispetto dell’allenatore. E, soprattutto, è sempre stato molto convinto e soddisfatto del lavoro dello staff. Del resto, se Tami avesse accettato il rinnovo due settimane fa, il rapporto sarebbe proseguito anche nella prossima stagione”.
Cosa rappresenta questo esonero per la carriera di Tami?
“Dopo l’esperienza con il Grasshopper e i tanti anni trascorsi in Nazionale, voleva fare una lunga pausa. Infatti rifiutò il San Gallo dopo la panchina delle cavallette. Poi però è arrivato il Lugano che gli ha offerto la possibilità di tornare a casa e di fare un’esperienza in Europa League. Un’esperienza che Tami desiderava fare. E quindi, solleticato da queste prospettive, ha accettato di guidare il club per una stagione, accantonando temporaneamente l’idea di fermarsi. In futuro, a meno di clamorose offerte irrinunciabili, si prenderà finalmente questa pausa e rifletterà su quello che vuole fare in futuro. Immagino che potrebbe essere stuzzicato da un’avventura all’estero. Mentre per quanto riguarda il campionato svizzero penso che il discorso sia chiuso”.
Un esonero, cioè il fallimento di un progetto sportivo, è sempre una sconfitta per il club nel suo insieme. Di Tami abbiamo detto. Quali sono invece le responsabilità della società?
“La principale, dati alla mano, è che i rimpiazzi di Sadiku e Alioski non sono stati all’altezza. Nessuno dei nuovi arrivi è riuscito a garantire una media realizzativa dignitosa. Chi ha segnato di più ha fatto 6 goal. Quello del Lugano è nettamente il peggior attacco della Super League. E nel calcio questo rappresenta sempre un grave problema”.
Ora c’è una salvezza da conquistare. Come la vedi?
“Per me la partita decisiva è la prossima con il Thun in casa. Arriva un nuovo allenatore giovane e con entusiasmo. Bisognerà vedere come sarà accolto dalla squadra e dall’ambiente. Saranno decisivi i giocatori perché, pur con tutte le qualità che gli vengono riconosciute, non credo che Abascal possa in pochi giorni ridisegnare il Lugano. In caso di vittoria si instaurerebbe un clima di fiducia. Mentre in caso di sconfitta la vedo veramente brutta….”
Ecco, appunto. Cosa pensi della scelta di Guillermo Abascal?
“La considero un rischio per questo momento della stagione. Gli avrei data la panchina all’inizio del campionato, mentre in questo passaggio così delicato mi sarei affidato a un allenatore più esperto. Non so quanto un ragazzo di 29 anni possa ribaltare uno spogliatoio. Ma lasciamoci sorprendere. Renzetti ha spesso deciso seguendo l’emotività più che la ragione e quasi sempre ci ha azzeccato”.
Nessuno se lo augura, ma quanto peserebbe una retrocessione sul futuro del club?
“Sarebbe un disastro, principalmente per il calcio ticinese che perderebbe la sua squadra faro in Super League. Ma, in caso di retrocessione, sarei molto preoccupato anche per le ripercussioni sul dossier stadio. Senza dimenticare che risalire dalla B alla A non è mai facile”
AELLE