L'ex fischietto ticinese, ora tra i dirigenti della FIFA, è stato ospite del Kiwanis Club di Bellinzona
BELLINZONA – Giovedì 28 aprile il Kiwanis Club di Bellinzona ha organizzato all’Auditorium di BancaStato una serata con Massimo Busacca. L’ex arbitro ticinese, ora tra i dirigenti della Federazione Calcistica Internazionale, di storie da raccontare ne ha tante, vissute nel corso della sua lunga carriera, fitta di impegni di alto livello.
Classe 1969, bellinzonese, Busacca ha arbitrato numerose competizioni in tutto il mondo, dopo aver diretto le gare della massima Lega nazionale ed aver conseguito per ben sette volte il titolo di miglior arbitro svizzero. Nominato miglior fischietto al mondo nel 2009, dal 2011 è al vertice del dipartimento arbitrale FIFA, dove si occupa di istruzione e sviluppo. E in ottobre andrà, ovviamente, in Qatar per i Mondiali.
Al suo attivo Busacca ha una finale di Champions League (nel 2009, fra Manchester United e Barcellona), due Mondiali (Germania 2006 e Sudafrica 2010), una finale di Coppa Uefa e una di Supercoppa europea. In questo contesto ha incontrato fuoriclasse come Messi, Cristiano Ronaldo, Ibrahimovic, Zidane, Schevchenko, Del Piero e tanti altri.
Durante la serata, moderata da Marco Bazzi, una particolare attenzione è stata rivolta alle dinamiche psicologiche con cui gli arbitri sono confrontati: cosa succede nella mente di un uomo sottoposto a una elevatissima pressione, costretto a prendere decisioni cruciali in pochi secondi, e spesso in totale solitudine?
La preparazione delle partite
La preparazione è fondamentale, ha detto Busacca. L’arbitro deve conoscere tutti i dettagli tecnici e le caratteristiche delle squadre e dei giocatori che scenderanno in campo. Deve intuire ciò che potrebbe accadere, saper prevedere le situazioni che si presenteranno. Avere un piano prestabilito, dunque, ma essere anche in grado di cambiarlo in pochi istanti. Chiamiamola intelligenza calcistica, o semplicemente intuizione.
“Rivedere i filmati di incontri precedenti è per gli arbitri di estrema utilità, inoltre sono previste alcune ore di allenamento sul campo, proprio come fanno i giocatori che ripetono gli schemi della partita che disputeranno. L’arbitro deve ovviamente conoscere le regole, e quando sbaglia spesso è perché non ha visto cos’è accaduto. A volte, occorre una buona dose di coraggio; decidere in una frazione di secondo, davanti a decine di migliaia di tifosi non è facile. Ecco perché, oltre all’istinto, alla predisposizione naturale e al talento, ci vuole molta preparazione. Saper prevedere tutte le possibili situazioni aiuta a decidere con consapevolezza anche molto velocemente. Ogni arbitro sa che una decisione sbagliata può compromettere o quantomeno alterare il corso di una partita, e magari della sua carriera. È costantemente esposto alle critiche del pubblico, deve mantenersi imparziale e saper gestire la tensione. Ecco perché deve avere mente fredda e una grande capacità di sopportazione. In altre parole, deve saper trasformare la responsabilità in preparazione”.
La tecnologia aiuta ma bisogna saperla usare
Il regolamento oggi è molto complicato e bisogna conoscerlo alla perfezione per poter decidere in una frazione di secondo, ha spiegato Busacca. Per questo, gli arbitri seguono regolarmente corsi e aggiornamenti con istruttori professionisti. In caso di situazioni non chiare in campo, oggi si ricorre alla tecnologia, e il fatto di poter rivedere più volte grazie al VAR un’azione controversa con l’aiuto degli assistenti in campo e in regia è sicuramente di grande aiuto.
“Tuttavia, io sono della ‘vecchia scuola’ e insisto sull’importanza della preparazione e dell’esperienza. L’introduzione della tecnologia aiuta, laddove ci sono dubbi, a limitare le possibilità di errore, perché l’arbitro è umano e come tale può sbagliare, ma non bisogna pensare che il VAR possa risolvere tutti le situazioni o sostituire l’uomo”.
La solitudine delle decisioni prese
Si puo’ affermare che l’arbitro sia l’unico uomo solo in campo, nonostante possa contare sull’aiuto degli assistenti – i cosiddetti guardalinee - in mezzo a due squadre di undici che giocano e lottano insieme. Nessuno lo elogia per un’azione giusta, ma tutti lo fischiano quando sbaglia…
“Certo, se un giocatore sbaglia un rigore ma poi segna nelle partite successive rimane un campione, mentre se un arbitro commette un errore lo paga per molto tempo, e talvolta rischia la carriera. Decisioni importanti, anche se giuste, sono prese in totale solitudine. L’arbitro sopporta da solo il peso della responsabilità di una scelta che fa il giro del mondo in pochi istanti e può cambiare le sorti di una partita e di una squadra, con notevoli somme in gioco, anche a livello finanziario. Ma se hai paura davanti a decine di migliaia di persone che ti fischiano, e parlo di un caso che mi è accaduto arbitrando Germania-Turchia agli Europei, finisci col scendere a compromessi. Però, se sei preparato e sai di aver deciso in piena coscienza, non dovresti avere paura. Come un fotografo vede la fotografia ancora prima di scattarla, quando fischiavo un’azione vedevo già la decisione che avrei preso. Come accadde nel 2008, nella semifinale di andata della Champions, tra Barcellona e Manchester United, con Messi da una parte e Ronaldo dall’altra: dopo neanche due minuti fischiai un rigore contro i padroni di casa, che poi Ronaldo sbagliò. Ecco, per prendere una decisione del genere devi avere una grande preparazione. Certo, è difficile mantenere la massima concentrazione per novanta minuti. E se in una frazione di secondo cala l’attenzione e sorge un dubbio, allora l’arbitro non riesce a decidere, che è anche una decisione, ma sbagliata. Però, mi sono sempre detto: se voglio fare la differenza devo saper decidere anche con l’80% degli elementi a disposizione, perché con il 100% son bravi tutti. Non sono uno che scende a compromessi, ed è proprio questo che mi ha permesso di prendere decisioni difficili in pochi secondi”.
Messi o Ronaldo, e il rapporto con i giocatori in campo
“Messi e Ronaldo li ho visto giocare entrambi, anche insieme, e sono personalità completamente diverse. Non mi pronuncio a livello calcistico su chi sia il più bravo, ma rimango sul piano umano. Posso dire che il rapporto con loro era di rispetto e di comunicazione e chiaramente entrambi, come grandi giocatori, chiedevano di essere tutelati e che fischiassi correttamente. Ricordo che dopo Barcellona-Manchester United, a Roma, quella volta finale di Champions League, Ronaldo fu il primo a portarmi la sua maglia, anche se avevano perso 2-0. Poi potrei citare altri grandi campioni: Shevchenko, Ronaldo il Fenomeno brasiliano, Zidane, che con la loro abilità mi hanno strabiliato”.
E sul rapporto con i giocatori Busacca ha affermato: “In campo bisogna avere autorevolezza ma non essere un dittatore. Io ho sempre avuto un buon rapporto di comunicazione. L’arbitro intelligente sa ascoltare e cerca di far capire ai giocatori che devono cambiare atteggiamento prima che scatti l’ammonizione. Io non avevo un gran feeling con i cartellini, piuttosto cercavo di superare le controversie con la preparazione, il dialogo e il ragionamento. Talvolta una parola di scuse anche da parte di un arbitro basta a placare situazioni tese. Risolvere il conflitto con la comunicazione non è trovare un compromesso, ma intelligenza”.
Lo stipendio degli arbitri
“A livello internazionale un arbitro guadagna più o meno come un manager di azienda, ma questo vale soltanto per pochi ‘fischietti’ internazionali provenienti da Paesi importanti, comunque sono noccioline in confronto agli stipendi dei grandi giocatori. In ogni caso, credo che sempre più, in futuro, vada riconosciuto anche dal profilo economico il lavoro dell’arbitro”.
Quale lingua si parla in campo
“In Europa nelle competizioni internazionali, la lingua ufficiale è l’inglese, che quasi tutti i giocatori conoscono almeno a livello base. Personalmente, da buon svizzero, parlo le tre lingue nazionali, oltre all’inglese e allo spagnolo quindi me la sono sempre cavata. In talune situazioni conoscere la lingua locale è fondamentale per mettere a posto situazioni controverse”.
Episodi spiacevoli durante le partite
A fine marzo ha fatto scalpore il caso della partita di Quinta Lega tra Savosa Massagno e Porza sospesa dopo solo un quarto d’ora di gioco. A causa di un fallo fischiato contro (da cui è nato il gol del Savosa), l’allenatore del Porza si è rivolto con troppo impeto (eufemismo) nei confronti dell’arbitro. Abbiamo chiesto a Busacca come si potrebbero tutelare gli arbitri in campo, soprattutto nelle categorie inferiori…
“Per fortuna – ha detto Busacca - casi del genere sono l’eccezione e non la regola. Ma all’inizio della mia carriera ho rischiato di smettere per colpa del padre di un giocatore della categoria allievi, durante una partita, dunque, che avrebbe dovuto essere più che altro un’occasione per divertirsi e socializzare. Quell’uomo mi ha insultato. Io l’ho allontanato dal campo e ho aspettato che uscisse prima di riprendere l’incontro. Lui ha semplicemente fatto una brutta figura, ma ammetto che quella volta ho pensato ‘Chi me lo fa fare?’. Penso però che se uno ha simili atteggiamenti forse si comporta da maleducato anche fuori dal contesto della partita. Comunque, posso dire che episodi di questo genere sono marginali rispetto a quanto di buono esiste in questo magnifico sport”.