Il deputato PPD interroga il Governo partendo dal caso di una donna che si è vista togliere il figlio sulla base di una valutazione di quasi dieci anni fa. “L’ARP ignora i pareri di diverse autorità professionali, che conoscono le persone coinvolte”
BELLINZONA – Un neonato separato da sua madre pochi giorni prima di Natale, sulla scorta di una valutazione di quasi dieci anni fa e ignorando i pareri di diverse autorità professionali sul territorio che conoscono la donna e la valutano ora in grado di potersi occupare del figlio.
È successo il 23 dicembre. Protagonista una donna quasi 30enne, con due figlie alle scuole elementari, che ha partorito il bambino due giorni prima di Natale. A raccontare il caso e puntare il dito contro la decisione dell’Autorità Regionale di Protezione competente è il grancosigliere PPD Paolo Peduzzi, che sta seguendo il professionalmente la vicenda da vicino insieme ad altri colleghi.
Nella propria interrogazione, Peduzzi riassume la storia della donna, “praticamente sola perché il suo compagno, padre dei tre figli, è stato escluso dalla Svizzera fino a pochi mesi fa, per difficoltà con la giustizia”.
La donna, scrive, è stata valutata tra il 2007 e il 2008 per sapere se fosse capace di gestire le proprie figlie, che sono state accolte in un istituto durante la settimana. “Negli ultimi anni, con l’aiuto di un curatore, la signora ha sistemato la sua posizione patrimoniale, si è stabilità in un appartamento di 4 locali e riceve le figlie dal venerdì sera alla domenica sera, senza che questo crei particolari problemi" scrive ancora il deputato PPD.
Ora però, per questo terzo figlio, “l’Autorità Regionale di Protezione (ex Commissioni Tutorie) competente, basandosi sulle informazioni di quasi dieci anni fa, decide che la madre non può prendere la responsabilità del figlio per “immaturità” e “difficoltà di percepire i bisogni” e manda gli uffici preposti (Ufficio dell’Aiuto e della Protezione) a informarla il 23 dicembre nel reparto di maternità, che il figlio le sarà tolto nei prossimi giorni!"
La donna, racconta ancora Peduzzi, chiede quindi se non sia possibile stare con in figlio in una struttura. Ma “le si risponde che in Ticino non ci sono posti per “collocare” il bambino con la madre e per questa ragione il bimbo andrà in un istituto e la donna tornerà a casa con la possibilità di vedere il figlio tre volte a settimana".
"Una serie di persone specialiste in questo campo, lo psichiatra della madre, il direttore dell’Istituto dove vivono in settimana le figlie maggiori, la ginecologa della madre, il medico curante della madre e il pediatra, scrivono più volte alle Autorità Regionali di Protezione chiedendo che la madre possa tornare a casa con il suo neonato e che, con i giusti accompagnamenti, possa vivere e far vivere al figlio nel migliore dei modi il suo inizio della sua esistenza" prosegue Peduzzi. "Le Autorità competenti non prendono in considerazione queste motivazioni e perseguono la strada intrapresa".
Peduzzi chiede quindi al Governo: se è informato di casi come questi, “in cui un’Autorità Regionale di Protezione, non prende per niente in considerazione i pareri di diverse autorità professionali sul territorio, che conoscono le persone coinvolte e che condividono fermamente un’opinione diversa e si coordinano con l’Avvocato della parte?"
"Ammettendo che la decisione dell’Autorità Regionale di Protezione ARP sia corretta o che sia troppo tardi per opporsi secondo le vie di servizio (opposizione all’autorità di controllo delle ARP), è possibile che in Ticino nel 2015 non vi siano strutture atte ad accogliere una madre in difficoltà con il suo neonato?"
"Che misure intende mettere in atto il Consiglio di Stato per evitare che tali situazioni insostenibili si ripetano in futuro?"
"Al cospetto di situazioni come quella considerata, in presenza di una puerpera che allatta il proprio bambino e con lui intrattiene per tanto una relazione intensa e fondamentale per il suo benessere attuale e futuro. Donna che con il sostegno della rete dei servizi operativi sul territorio (consulenza Genitori – bambino, ABAD, e altri operatori) è senz’altro in grado di accudire in modo adeguato il proprio piccolo, non ritiene l’Autorità cantonale che si configuri una situazione di abuso d’autorità e di collocamento coatto (di triste memoria, in base alle più recenti ricerche e rivelazioni), con tutte le conseguenze negative che una simile misura comporta (vedi recente ricerca sulle Misure coercitive a scopo assistenziale, promossa sotto l’egida dell’Archivio di Stato)?"
"Come intende fare il Consiglio di Stato per rimediare e/o risarcire persone che hanno subito dei danni a causa di decisioni chiaramente erronee da parte di autorità di protezione?"