"La posizione “o mangi la minestra o salti la finestra” è arrogante e irrispettosa della nostra democrazia diretta. I soldi della tassa si possono trovare facendo risparmi"
BELLINZONA – La nota odierna del Consiglio di Stato sulla tassa di collegamento (tassa sui posteggi) non piace all’UDC. In particolare non piacciono le dichiarazioni del ministro Claudio Zali.
Nella sua nota il Governo fa sapere di aver formalizzato alla Commissione della gestione e delle finanze (CGF) del Gran Consiglio la richiesta di tener conto dell’introito preventivato dalla tassa di collegamento nell’ambito dell’analisi del messaggio sul credito quadro di 290.4 milioni di franchi per il finanziamento delle prestazioni di trasporto pubblico per il quadriennio 2016-2019.
“Occorre rammentare che al momento del stesura del messaggio – scrive il Governo - la tassa di collegamento non era ancora stata approvata dal parlamento, per questo motivo non poteva essere a suo tempo considerata. Durante l’audizione, chiesta dalla Commissione stessa, il Consigliere di Stato Claudio Zali ha colto l’occasione per rendere attenti i commissari che, essendo la tassa di collegamento vincolata al trasporto pubblico, non si può sottacere che una sua mancata approvazione avrà un’influenza su questa voce contabile”.
E conclude: “Il Governo ritiene doverosa questa precisazione nell’intento di assicurare la massima trasparenza nell’esame della richiesta di credito ed evitare altresì malintesi riguardo alle conseguenze di un eventuale rigetto della tassa di collegamento”.
Nel pomeriggio, la nota dell’UDC che si dice “a dir poco sorpresa della dichiarazione del Consigliere di Stato Claudio Zali, secondo cui – qualora la tassa di collegamento venisse bocciata in votazione popolare – il credito per il trasporto pubblico verrebbe ridotto di 54 milioni di franchi nei prossimi tre anni.
Con questa dichiarazione si ammette implicitamente che l’obiettivo strategico del potenziamento del trasporto pubblico non è poi né così strategico né irrinunciabile. Se tale fosse, indipendentemente da un NIET popolare, i soldi si troverebbero a costo di fare dei salti mortali. Il fatto che si sia disposti così semplicemente a rinunciare non fa che confermare il sospetto sorto fin dall’inizio di questa storia: il potenziamento in questione non è tanto quello del trasporto pubblico quanto quello delle spese ordinarie dello Stato che non si sanno o non si vogliono ridurre.
Basare una campagna di voto su un vero e proprio ricatto può essere controproducente – e l’UDC Ticino si augura che lo sia anche questa volta – come ha già dimostrato a suo tempo la mossa analoga adottata dalla consigliera federale Doris Leuthard in occasione della votazione sul rincaro della vignetta autostradale.
Tanto più che è decisamente difficile far credere che, su un budget dello Stato di circa 3,6 miliardi, non si possa fare a meno di caricare sui cittadini ulteriori 16 milioni di franchi l’anno quale “conditio sine qua non” per un miglioramento dell’offerta di trasporto pubblico. 18 milioni su 3,6 miliardi corrispondono allo 0,5%, una cifra poco rilevante che può essere trovata tagliando qualche spesa non indispensabile.
Ricordiamo che, in occasione del preventivo 2009, il Parlamento aveva imposto al Consiglio di Stato una riduzione annua del personale del 2%, il governo aveva invece optato per l’1%, non riuscendo tuttavia a raggiungere nemmeno questo obiettivo. Noi siamo convinti che, con un’ottimizzazione delle risorse, si potrebbero risparmiare i 16 milioni in questione solo non sostituendo il personale che va in pensione, e quindi in modo indolore. Ma nella risposta a un recente atto parlamentare, il Consiglio di Stato attesta che negli ultimi quattro anni sono stati assunti 228 dipendenti in più, per un costo di circa 26 milioni l’anno.
Un potenziamento del trasporto pubblico – ma anche di una rete stradale ormai vetusta – è un tema che sta a cuore anche all’UDC ma, come detto, il suo finanziamento deve essere assicurato in via ordinaria, senza tartassare il cittadino con ulteriori oneri fiscali.
Non meraviglia più di tanto la difesa dell’azione di Zali da parte dei gruppi parlamentari che hanno approvato il preventivo ma la posizione assunta “o mangi la minestra o salti la finestra” è arrogante e irrispettosa della nostra democrazia diretta.
Un ricatto che – come nel caso della vignetta autostradale – speriamo vivamente che il popolo rispedisca al mittente”.