Cosa c’entra tutto questo con il 1. d’agosto? Oggi c’entra eccome, e tanto più se si tien conto dei fatti di cronaca, l’identità è un tema che nessun politico lascerà da parte, è il tema. Ma l’identità generica o nazionalistica senza riflettere e ri-capire chi siamo, da sola non basta. Un’identità di popolo è data e si perpetua se ogni persona che lo forma sa chi è; se ci si sforza di conoscerla, consolidarla e di tramandarla di generazione in generazione. E’ vero anche l’inverso, cioè che una persona si identifica in un popolo se questo sa chi è. L’identità, come la libertà non è data una volta per tutte; ma vanno conquistate difese e promosse nel piccolo come nel grande, quotidianamente. Allora proviamo a procedere per scalini. Una identità si forma tramite radici, tradizioni, usi costumi abitudini e valori condivisi; non c’entra nulla con la razza quella non ce la possiamo dare da noi stessi, non ce la scegliamo; mentre un’identità ce la possiamo costruire, scegliere e perfino rifiutare e rinnegare. Ecco, negli ultimi decenni, in Europa, in Svizzera e anche in Ticino abbiamo impiegato più tempo e risorse per cercare di rinnegare, confondere e truccare la nostra identità, fino a mutarla affinché piacesse ad altri, piuttosto che a pulirla, lustrala, valorizzarla e migliorarla, lanciati come eravamo tutti nell’ideologia utopica dell’egualitarismo integrale. Egualitarismo, inteso come annullamento di qualsiasi differenza, come condizione, mezzo e fine per garantire pace e benessere. Come reazione a ciò, nascono poi le deliranti e criminali fughe in avanti protezionistiche e xenofobe che trovano terreno fertile quando le identità vere scompaiono, mentre questi movimenti trovano lo spazio e il vantaggio per imporre le loro identità malate. Ma quando scompaiono, si annientano, si disimparano, si dismettano, si trascurano, si svalutano le vere identità dei singoli e con esse di un popolo, si apre a poco a poco lo spazio per l’inserimento, a volte violento, di identità esotiche totalitarie e proiettate verso l’egemonia. Certamente la nostra identità è anche minacciata dal terrorismo islamico o dalla non integrazione delle folle di disperati in cerca di una vita migliore, ma sarebbe un errore colossale concludere che queste siano le uniche cause. La prima modifica genetica della nostra identità unica e originale invece ce la stiamo procurando noi stessi da anni, convinti ormai che il progresso sia possibile se e solo se diventiamo altro da ciò che si era e si è. Quindi i decenni passati ossessivamente a negare le nostre radici, a relativizzare i nostri valori, ad auto colpevolizzarci per le sfortune altrui, a imitare o integrare con risultati fallimentari modelli non nostri, a sviluppare un senso di frustrazione e impotenza stanno producendo ciò che di peggio non ci potrebbe essere per una sana identità di popolo: stanno producendo il cinismo degli adulti, la distruzione della speranza nei giovani e la paura generale. Il risultato è che molti si comportano come se fossero l’ultima generazione, anziché provare a pensare cosa farebbero di diverso se fossero la penultima. Trovando una identità in fase di smantellamento, chi ha altre identità pacifiche ma più spesso forti e bellicose, ha gioco facile ad accelerare il nostro processo autodistruttivo. Le teorie economico politiche di Rawls, nate sul relativismo olistico, che per molto tempo (troppo) ci hanno spinto a spogliarci di qualsiasi tratto identitario che potesse ostacolare la collaborazione con l’altro, e viceversa; ci hanno alla lunga resi nudi e smarriti ma senza contropartita. Perfino Habermas giunge ad abbandonare le posizioni scettiche e relativiste quanto l’identità, quando si tornasse a valorizzare quanto di buono c’è nella nostra storia in tutto e in tutti e ricuperarlo per ridefinire un bene comune. Papa Ratzinger poi nei suoi interventi all’università di Ratisbona, al collège des Bernardins di Parigi, al Budestag di Berlino, alla Westminster Hall di Londra e alle Nazioni unite di new York a più riprese e in modo incontestabile ci ha detto senza eguali quale è l’identità dell’occidente e la sua vera forza. Ma il processo di smantellamento identitario non è astratto o solo filosofico, è pratico e concreto a qualsiasi livello lo si voglia osservare. Sono centinaia gli esempi fattibili e riconducibili alla regressione identitaria. Tutti esempi riconducibili a decisioni o valutazioni politiche sbagliate a riguardo dei processi di causa effetto che incidono sull’identità di un popolo. Alcuni esempi. Se la svizzera è costretta ad adottare il diritto europeo e le sue sentenze c’è una debolezza identitaria interna e quindi una incapacità poi di farsi valere in politica estera, prima che un attacco esterno. Se l’islam avanza in Europa e particolarmente in certi Paesi c’è una ragione identitaria interna e quindi un terreno fertile incustodito, prima che un attacco esterno. Se il Ticino subisce solo le conseguenze negative degli accordi internazionali c’è una debolezza identitaria interna e una progettualità negoziale insufficiente, prima che la malafede degli altri. Pochi esempi per dire che i nuovi barbari, i nemici politici , i concorrenti economici senza scrupoli sono ovunque e dobbiamo temerli, ma non dimentichiamo che la nostra debolezza identitaria facilita loro il compito. Le sfide da affrontare, con le dovute proporzioni in Europa, in Svizzera e in Ticino sono: iinvecchiamento della popolazione, denatalità e sgretolamento della famiglia, manipolazione della vita umana, importazione di persone e esportazione di lavoro, meticciato culturale e migrazioni di massa, assicurazioni sociali in perdita focalizzate su formule di mercati finanziari inefficienti, crisi del finanziamento dello stato sociale e rischio d’inflazione, concorrenza «sleale» tra stati e barriere d’entrata sui nuovi mercati, neo-protezionismo e default Paesi sviluppati, iper-regolamentazione nei mercati saturi, ostacoli e disincentivi alla proprietà privata e all’imprenditoria, dissociazione: elettore-contribuente-beneficiario, burocratizzazione della vita, riforma delle democrazie e la modernizzare lo Stato.