Migranti respinti a Chiasso, è scontro tra Lisa Bosia Mirra e Boris Bignasca. La socialista: "Molti profughi non riescono a superare l'esame preliminare delle Guardie di confine". Il leghista: "Istiga i rifugiati a depositare domanda d'asilo". L'UDC: "Den
Il deputato leghista replica alle affermazioni pubblicate su Facebook dalla collega socialista. E interviene anche l'UDC
CHIASSO – “Chi sono le persone che si trovano a Como alla Stazione San Giovanni? Me lo chiedono in tanti ed era necessario avere un quadro completo della situazione quindi oggi le abbiamo censite e possiamo dirvi che sono circa 324. Evidentemente adesso tutti dichiarano, nell'impossibilità di poter proseguire il viaggio, che vorrebbero poter chiedere asilo alla Svizzera. Difficile dire se sia una scelta di ripiego oppure fosse la loro scelta al primo respingimento…”.
È un posto che la deputata socialista Lisa Bosia Mirra ha pubblicato nelle scorse ore su Facebook. Si sta occupando dei migranti bloccati alla frontiera e, ma non è l’unica, ritiene che le Guardie di confine applichino con eccessivo zelo i principi del “respingimento” dei profughi: “Quel che è certo che tante persone dicono di aver detto sin dal primo tentativo di voler chiedere asilo ma di non averlo potuto fare. Le Guardie di confine asseriscono al contrario che tutte le persone che chiedono protezione vengono scortate alla SEM (Segreteria di Stato per la migrazione, ndr) per la valutazione del Paese di competenza, eccetera”.
Bosia Mirra rileva una “contraddizione tra il numero di domande in calo e un numero crescente di persone respinte che lamentano di non aver potuto accedere alla deposizione della loro domanda”, il che “rende necessaria la presenza di un osservatore super partes che valuti la conformità delle procedure. Dal mio punto di vista, il fatto che per tre minorenni che erano stati respinti abbiamo noi - senza banche dati, senza impronte digitali e mezzi sofisticati ma con il solo telefono - trovati i parenti e che questi abbiano dichiarato la volontà di accoglierli dimostra che qualcosa nel sistema non funziona”.
E ancora: “Si susseguono le tavole rotonde ma manca ancora un presidio sanitario e l'assistenza legale. Se una parte di loro vorrebbe andare in Germania un gruppo di circa 100 persone tra cui una decina di minorenni non accompagnati e famiglie con bambini in tenera età vorrebbero poter chiedere asilo alla Svizzera. Benché provengano da Paesi dittatoriali o in guerra vengono abbastanza sistematicamente respinti senza spiegazioni e senza che la loro domanda sia esaminata dalla SEM. Questa procedura appare non conforme al diritto internazionale, al trattato Dublino III e alla convenzione di Ginevra. I primi pareri legali vanno in questa direzione ma servirà una disamina più approfondita. Di sicuro è paradossale che la Segreteria di Stato per la Migrazione si dichiari pronta ad accogliere tutti coloro che chiedono asilo e che alla Stazione San Giovanni ci siano persone che vorrebbero poterlo fare ma non riescono a oltrepassare l'esame preliminare svolto dal corpo delle Guardie di confine”.
Alle affermazioni della deputata socialista replica oggi il deputato leghista Boris Bignasca con una presa di posizione pubblica dal titolo: “Bosia Mirra la paladina dei finti rifugiati e degli spalancatori di frontiere. Prima di aiutare i finti rifugiati, bisogna aiutare i ticinesi in difficoltà, per colpa del dumping salariale e della libera circolazione!”.
“Da qualche giorno la deputata del PS Lisa Bosia Mirra, improvvisamente liberata dai suoi impegni con Soccorso Operaio Svizzero, si è fatta paladina dei migranti, che giornalmente bussano alla porta sud della Svizzera per entrare in territorio svizzero”, scrive il presidente dei Giovani Leghisti.
“La signora Bosia Mirra, che in qualità di Presidentessa dell’Associazione Firdaus si è eretta a loro paladina, li accoglie, li consiglia, li accompagna alla frontiera, li consegna nelle mani delle guardie di confine e scrive le intenzione dei migranti: chiedere l’asilo in Svizzera. Il bello, o il brutto, è che lo fa anche per chi di loro in Svizzera non vuole rimanere e l’asilo non lo vuole chiedere. Lo fa anche per quelli il cui unico obiettivo è raggiungere i Paesi del nord Europa, come poi dichiarano alle guardie di confine.
Nel turbinio delle cifre le autorità federali, infatti, affermano sempre che le richieste di asilo sono diminuite, dimenticando che sono aumentate in modo esponenziale i cittadini che vedono la Svizzera come un corridoio di transito. Così facendo non fanno altro che nascondere quello che il Consigliere di Stato leghista Norman Gobbi va dicendo da mesi: con la chiusura dei valichi francesi e austriaci, l’unica alternativa è la via elvetica.
Ma torniamo all’impegno civico della signora Bosia Mirra, anzi, alle conseguenze dello stesso. Prima di tutto nei confronti dei migranti, che, abbindolati dalla rappresentante PS, depositano una richiesta d’asilo ignari del fatto che essa li legherà alla Svizzera. Chiedendo asilo in Svizzera si precludono definitivamente la possibilità di raggiungere la meta sperata, perché se trovati in un paese terzo, verranno coattamente rispediti laddove hanno fatto richiesta d’asilo, cioè in Svizzera.
La conseguenza? Grazie all’opera benefica della signora Bosia Mirra i costi sostenuti dalla Confederazione, pagati dai contribuenti svizzeri, aumenteranno. La situazione ha delle conseguenze anche per le finanze, già sotto pressione, del Ticino. Infatti la signora Bosia Mirra dovrebbe spiegare ai ticinesi che tutti i migranti che desiderano solo attraversare la Svizzera, anche se muniti di dichiarazione firmata dalla deputata socialista, devono essere accompagnati alla frontiera dove vengono presi a carico dalle autorità italiane. Visto che, ad esempio di notte, la presa a carico da parte italiana non è possibile, i migranti pernottano nelle strutture organizzate dal cantone, a carico quindi dello Stato. Il costo dell’operazione? Qualche centinaia di migliaia di franchi al mese. Non farebbe meglio la signora Bosia Mirra a spiegare ai suoi assistiti che non è possibile transitare dalla Svizzera? Renderebbe un vero servizio a loro e a noi!”.
Ultima trovata di Bosia Mirra, conclude Bignasca, “è quella di denigrare il lavoro delle guardie di confine, appellandosi niente di meno che ad Amnesty International. Complimenti! Istigazione a depositare domande d’asilo, aumento dei costi sostenuti dal cantone, intasamento delle strutture ricettive delle guardie di confine… ecco il risultato dell’attività che la signora Bosia Mirra utilizza per riempire le sue giornate. Insomma, i migranti alla ricerca di oro e incenso devono accontentarsi delle false illusioni elargite loro dalla Bosia Mirra”.
Sulla polemica prende posizione oggi anche l’UDC ticinese con una nota dal titolo: "Lisa Bosia Mirra, lasciamo lavorare chi opera rispettando la Legge".
“Bosia Mirra, a quanto pare, si sente al di sopra della Legge – si legge nella nota -. Con il suo agire, accompagnando i migranti per mano alle guardie di confine, se ne infischia della Legge sul diritto di asilo, che nulla a che vedere con le tanto decantate (da lei) violazioni della convenzione di Ginevra. Chiaramente le sue dichiarazioni sono tendenziose e politiche, classiche di quella sinistra che tende a confondere la popolazione ticinese. La Legge è infatti molto chiara, basta leggere gli articoli che si trovano anche online (per essere trasparenti con tutti): "Di norma la LAsi non entra nel merito della domanda d’asilo se il richiedente: può ritornare in uno Stato terzo sicuro nel quale aveva soggiornato precedentemente; può partire alla volta di uno Stato terzo cui compete, in virtù di un trattato internazionale, l’esecuzione della procedura d’asilo e d’allontanamento".
Gli agenti si attengono scrupolosamente alle direttive della Segreteria dello Stato sulla migrazione e alla Legge del 26 giugno 1998 sull'asilo (LAsi). Un plauso va dunque fatto all'egregio operato messo in atto dalle Guardie di Confine e dalla Polizia, che stanno svolgendo il loro lavoro secondo la Legge. Va invece stigmatizzata Lisa Bosia Mirra che denigra i nostri tutori della legge appellandosi addirittura ad Amnesty International”.