Il foglio liberale radicale pubblica un articolo con una severissima disamina sull'identità del partito: "Il PLR deve riflettere sul significato del suo nome. Cercasi alternativa al paternalismo di sinistra e alla schizofrenia della destra local, disorientata fra crescita economica e interventismo a priori"
Invece sull’ultima edizione di Opinione Liberale è apparso un articolo intitolato “Davvero Liberale radicale? Annuncio di scomparsa”. Il “pezzo” è firmato da uno pseudonimo, Kim Jong Gnük, ed è collocato all’interno della rubrica “Politicamente scorretto”
Nella severa disamina, l’articolista fa una lunga e articolata analisi sulle radici (smarrite) del liberalismo e sugli effetti che questo ha prodotto (eccessi di regolamentazion), fino a giungere a una conclusione durissima: "Lo statalismo dilagante fra i suoi collaborazionisti può contare sul PLR”.
Di qui l’invito finale al PLR, che “deve riflettere sul significato del suo nome. Cercasi alternativa al paternalismo di sinistra e alla schizofrenia della destra local, disorientata fra crescita economica e interventismo a priori”.
Di seguito, per gentile concessione di Opinione Liberale, pubblichiamo il testo per esteso:
"Il Partito liberale radicale e, ancor più, l’ispirazione liberale radicale hanno radici profonde nella storia. Già i positivisti come Locke nel 1700 sostenevano che l’uomo allo stato di natura gode di libertà totale, allergica a qualsiasi potere sovrano: lo Stato non può che essere una pericolosa ingerenza. Per i giusnaturalisti come Finnis, invece, la libertà non era il bene supremo da salvaguardare, identificandone invece alcuni altri da proteggere: lo Stato poteva quindi limitare la libertà. Nei decenni gli approcci sono ovviamente evoluti insieme al contesto storico. E oggi?
PLR quo vadis oggi? In questi anni il pensiero liberale soffre gli anni d’oro del paternalismo statalista. Il settore pubblico è diventato una mamma chioccia che deve occuparsi di individui sempre più irresponsabili(zzati), strozzando le libertà in tutte le loro declinazioni. Non è un discorso astratto: diamo nome e cognome allo stillicidio liberticida. La LEAR e tutte le norme della polizia del fuoco che gravano sulla libertà economica (e, infatti, la COMCO ha già avvertito il Canton Ticino di non esagerare). La LIA che limita la libertà economica degli artigiani ticinesi (!) e svizzeri (!), rialzando le barriere economiche tra Cantoni che la Costituzione federale vietò nel lontano 1848 (anche qui la COMCO è intervenuta). La tassa di collegamento, che appesantisce il già eccessivo carico fiscale delle aziende e dei lavoratori, limitando ancora una volta la libertà economica e – la tocco piano – la garanzia di proprietà, ostaggio della mannaia tassatrice. La Legge sulle commesse pubbliche, che dilata il feticcio burocratico e soffoca le scrivanie comunali, già stracolme di carta (e di altre meschinità procedurali). Vogliamo poi parlare della Commissione di controllo sull’USI e la SUPSI?! Qual è il fil rouge di tutte queste leggi? Lo statalismo dilagante che fra i suoi collaborazionisti può contare sul PLR.
E quo vadis domani? In una società che invoca sempre più spesso lo Stato per qualsiasi brufolo inaspettato, sempre più oppressa da divieti, limiti e burocrazia, il PLR deve riflettere sul significato del suo nome. Cercasi alternativa al paternalismo di sinistra e alla schizofrenia della destra local, disorientata fra crescita economica e interventismo a priori. Non predico un liberismo ortodosso, ma ricordo che le società che hanno resistito alla storia sono quelle che hanno lasciato libere le briglie alla libertà d’impresa, di movimento e d’innovazione. Paletti statali? Certo, dove ci sono distorsioni, ma guai a ficcarne ovunque: l’economia pianificata è solo un abbaglio. Per il PLR è scoccata l’ora di un esame di coscienza serio. Deve capire e capirsi, per poi ripartire con una propria identità forte, che sappia leggere il liberalismo necessario, oggi. Poi dovrebbe prendere in mano la raccolta sistematica delle leggi e, anziché soffiarci dentro nuove postille, stralciare ogni molecola superflua e illiberale: che siano compiti, vincoli, requisiti, direttive e fustigazioni varie. Un esempio? Gli ansiosi requisiti per le cucine nella ristorazione.
Ci vuole coerenza, dobbiamo spiegare e raccontare le virtù concrete della società che vogliamo. Ma dobbiamo svegliarci, altrimenti la prossima legge che voteremo servirà a definire la texture della biancheria intima, con ordinanze e direttive a seconda delle stagion"i.