POLITICA E POTERE
Botte e sangue nella notte di Lugano: Michele Bertini è furibondo! Il vicesindaco: "Sono quattro anni che mi batto per pene più severe! Siamo specialisti ad indignarci e poi a non fare niente! I cittadini non capiscono più"
Il vicesindaco di Lugano si sfoga come un fiume in piena: "Trovo assurdo che nel nostro Cantone, persone arcinote, note o conosciute per aver ripetutamente menato le mani, non possano essere punite dallo Stato con misure deterrenti che siano adeguate. Che il legislatore si svegli!"
LUGANO - Michele Bertini è arrabbiato. Molto arrabbiato.
, il vicesidaco di Lugano rilancia con forza un problema che “sono quattro anni che continuo a ripetere”.

 

Sull’episodio in sé, il responsabile della sicurezza della città, non ha informazioni aggiuntive rispetto a quanto già comunicato da polizia e magistratura. “È un fatto molto grave, fortunatamente sia a Lugano che nel resto del Cantone non capitano troppo spesso”.

 

“Detto questo però - si accende il vicesindaco ai microfoni di Liberatv - vorrei portare all’attenzione un problema che mi sta particolarmente a cuore. Da una decina d’anni, seppur sporadicamente come dicevo poc’anzi, succedono episodi di violenza di questo tipo. Penso alla vicenda di Gondola o al caso Tamagni, solo per fare degli esempi. E quando accadono questi fatti, tutti ne parlano, tutti si indignano, tutti riflettono, e poi non succede nulla. Finisce tutto nel dimenticatoio. È indispensabile che il sistema politico metta a disposizione del potere giudiziario delle leggi che abbiano delle pene davvero deterrenti per i reati di violenza”.

 

Bertini è un fiume in piena: “Trovo assurdo - e parlo in generale senza alcun riferimento diretto a quel che è accaduto stanotte a Lugano - che in Svizzera e nel nostro Cantone, persone arcinote, note o conosciute per aver ripetutamente menato le mani, non possano essere punite dallo Stato con misure deterrenti che siano adeguate. Lo dico da quattro anni! Ne ho parlato spesso anche con i miei colleghi responsabili della sicurezza delle altre città della Svizzera. E in tutti i centri urbani esiste questo problema. Il cittadino non capisce come sia possibile che non si riescano a dare delle risposte efficaci. Io non sono un giurista, quindi non so dire legalmente quale sia la strada da seguire, però sono un uomo politico che da tempo ha maturato questa ferma convinzione. Siamo specialisti ad indignarci e poi a non fare niente!”.

 

“Questo lassismo - si infiamma ancora di più Bertini - porta a tre risultati. La recidiva di chi si macchia di questi reati. La perdita di fiducia nelle istituzioni da parte dei cittadini, che giustamente non capiscono come ad esempio i reati legati alla circolazione vengano punti con tanta severità e solerzia, mentre altri no. E infine uno scoramento da parte di chi è sul campo e si rivede sempre gli stessi personaggi che vanno in giro a menar le mani e non gli succede nulla. Se non puniamo severamente i “reatucci” piccoli, questi diventeranno “reatucci” grandi. Se non diamo una direzione alla società, ribadisco, continueremo con lo stesso ritornello: prima c’è la rissa, poi ci scappa il mondo, poi tutti si indignano, e alla fine non succede nulla. È ora che il legislatore si svegli!”.

 

“Non è più - conclude il vicesindaco di Lugano - una questione di numero di agenti. Chi è chiamato ad intervenire lo fa e lo fa bene. Quello che non vedo è il seguito dopo il fermo. Penso che sia mio preciso dovere da responsabile della sicurezza stimolare ancora una volta questo dibattito. Non voglio fomentare la preoccupazione: Lugano rimane una città sicura, di giorno come di notte. Ma come uomo di Stato, che con le competenze comunali non può intervenire oltre un certo limite, ci si sente impotenti davanti a questo problema. Ti accorgi che esiste ma non vedi una presa di coscienza collettiva che porti finalmente a un risultato. Vi sono determinati fenomeni che sono indice di un certo sottobosco che va finalmente affrontato. Sono quattro anni che mi preoccupo e denuncio questo problema, senza che ci sia stato uno straccio di risposta concreta”.


AELLE
 

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