Ieri sera negli studi del Quotidiano è emerso per la prima volta a livello pubblico, il disagio che da tempo gorgoglia nella pancia del PPD. Fiorenzo Dadò prende le distanze dal ministro: "Lo scandalo Argo 1 riguarda il Dipartimento non me e neppure il partito. Ma sul suo futuro deciderà la base"
Tanto che stamattina ne chiacchieravano in molti nei corridoi della politica. Due i messaggi in particolare che sono partiti ieri dagli studi della RSI. Il primo è la netta presa di distanza di Fiorenzo Dadò rispetto al Consigliere di Stato Paolo Beltraminelli (“in pratico lo ha scaricato”, ci sussurrava stamane un papavero pipidino”). Il secondo input invece riguarda la critica interna verso lo stesso Dadò, oltre che nei riguardi del ministro, per il modo con il quale stanno gestendo la valanga Argo1.
Critica esternata senza troppi giri di parole in particolare da due esponenti di spicco del PPD: il sindaco di Massaggio Giovanni Bruschetti e il Consigliere Nazionale Fabio Regazzi.
Ma andiamo con ordine. Dadò, ospite al Quotidiano, in apertura di trasmissione ha ribadito le riflessioni già espresse nell’intervista al Corriere del Ticino. In sintesi brutale: io e il PPD siamo oggetto di insinuazioni e calunnie ingigantite che distolgono l’attenzione dal vero problema, ovvero il mandato Argo1. Mandato che, sempre secondo la tesi di Dadò, non ha nulla a che fare né con lui né con il partito.
A fronte di questa situazione, ha ammesso il timoniere pipidino, “il partito è in difficoltà e il presidente non si trova certo in una situazione facile”.
A questo punto la redazione del Quotidiano ha mandato in onda le interviste a Bruschetti, Regazzi e Marco Romano. Ecco una sintesi.
Cominciamo dal sindaco di Massagno: “Inutile nascondersi dietro a un dito: il partito è in estrema difficoltà e ci si chiede dove siano le leadership e come stanno le cose. Si è un pochettino allo sbando. È difficile pensare di andare alle prossime elezioni con l’attuale schieramento…. A Dadò direi di anteporre gli interessi del partito agli interessi personali, peraltro legittimi. Non si tratta della persona Fiorenzo Dadò, ma del fatto che il partito possa essere degnamente condotto”.
Fabio Regazzi: “I nostri aderenti non percepiscono una volontà di uscire da questa situazione. La vicenda Argo 1 potrebbe darci un colpo molto importante con conseguenze difficili di immaginare, ridimensionamento ulteriore la posizione del nostro partito, che potrebbe non essere più la terza forza politica a livello cantonale. Sarebbe deleterio. Il mio auspicio è che chi di dovere si interroghi sulla nostra situazione e prenda delle decisioni. Se avessi davanti Fiorenzo Dadò gli direi che la situazione è grave. E che lasciare andare avanti le cose in questo modo, non risolve i problemi”.
Più sfumata, invece, la posizione dell’altro Consigliere Nazionale, Marco Romano: “Argo 1 è una brutta vicenda che coinvolge i vertici del partito. Ma a me viene da dire: basta! A Berna e nei comuni ci sono tante persone che lavorano per il PPD e che stanno ottenendo risultati: un lavoro che merita rispetto e attenzione. Il Ticino non è il caso Argo 1, il PPD non è il caso Argo1: sono coinvolte solo due persone”.
Rientrati in studio, il presidente Dadò ha replicato: “Posso capire le critiche che mi sono state rivolte. Ma lo scandalo Argo 1 riguarda un mandato di 3,5 milioni dato senza delega e centinaia di fatture pagate senza deleghe. Il problema è all’interno dello Stato e del Dipartimento. E il Dipartimento lo gestisce Paolo Beltraminelli, non Dadò”.
“È chiaro - ha aggiunto il presidente pipidino - che il partito è un po’ fermo con tutto quello che ci è arrivato addosso. Ma chi pensa di azzopparci si sbaglia di grosso. Non siamo per nulla azzoppati, né io né i miei vice presidenti. Anzi, portiamo avanti il nostro lavoro con ancora più determinazione. E molto presto presenteremo le nostre proposte”.
Sul futuro di Paolo Beltraminelli, infine, Dadò è rimasto sul vago: “Quello che posso anticipare è che per le Cantonali del 2019 presenteremo una lista degna. Su Beltraminelli deciderà la base del partito se farlo partecipare alla partita elettorale, oppure no”.