Durissima presa di posizione della Federazione dei cacciatori contro la fiction andata in onda su LA 1. Regazzi: "Ma non va letta sotto la lente di No Billag. Però qualche nostro associato purtroppo mi ha detto che voterà "sì" dopo aver visto la serie tv. Di sicuro la RSI si è fatta qualche nemico in più e non ne aveva bisogno"
A far scatenare l’ira dei cacciatori è stata la serie televisiva “Il Guardiacaccia”, andata in onda negli scorsi giorni su LA1.
“Stando alle intenzioni dichiarate dalla RSI - scrive Regazzi per conto della Federazione cacciatori ticinesi - si sarebbe dovuto trattare (e citiamo dal sito) di una “serie in cinque puntate dedicate alla caccia”. Dopo aver seguito – non senza una certa fatica - tutti e cinque gli episodi mi vedo costretto, a nome dei cacciatori ticinesi (e non solo), ad esprimere tutta la nostra delusione, rabbia e indignazione per come è stato affrontato il tema della caccia”.
“Tralasciando - prosegue la massiva - l’interpretazione dei vari personaggi presenti in questa serie (che definire inconsistente è un eufemismo) e alcune pacchiane imprecisioni emerse, ad essere inaccettabile è soprattutto il fil rouge dei cinque episodi in cui la caccia viene sistematicamente associata al bracconaggio, il tutto inserito nel solito banalissimo schema dei buoni contro i cattivi, o delle guardie e ladri da serie TV americana (d’altra parte non c’è da sorprendersi, visto che il protagonista a cui si ispira la serie è un ex guardiacaccia, noto per i suoi metodi piuttosto spicci e l’atteggiamento spesso inquisitorio nei confronti della categoria di cacciatori). Nessuno vuole negare, a scanso di equivoci, l’esistenza del bracconaggio – che per altro la FCTI deplora e combatte – ma esso rappresenta un fenomeno circoscritto e limitato a pochi casi all’anno e peraltro in costante diminuzione. Siamo anche coscienti che alcuni casi evocati sono realmente accaduti decenni orsono, per quando in circostanze e con modalità diverse da quelle presentate”.
“Ma - si legge ancora nello scritto - il punto è un altro. La caccia è un fenomeno molto complesso, una passione dalle radici profonde che suscita reazioni molto emozionali sia in chi la pratica che nel resto della popolazione. Realizzare una fiction in cui vengono proposti solo episodi deplorevoli e condannabili con protagonisti dei cacciatori non poteva, a meno di essere degli sprovveduti o peggio ancora in mala fede, che provocare una levata di scudi da parte di chi, e sono la stragrande maggioranza, pratica la caccia in modo corretto, nel pieno rispetto delle leggi e delle regole dell’etica venatoria.
“Ma l’aspetto ben più grave - tuona ancora Regazzi nella lettera a Canetta - è quello dell’immagine che è stata fatta passare nel pubblico: accomunando i bracconieri ai cacciatori (definiti nel 4° episodio come “squali accecati dal sangue”) e lasciando intendere che quest’ultimi sono da considerare alla stregua di criminali disposti a tutto per abbattere una preda, persino dediti all’alcol, capaci di sparare anche a un guardiacaccia o addirittura di uccidere una ragazza inerme (e in questo caso, visto che al peggio non c’è limite, è stato davvero toccato il fondo). Per il telespettatore che ha avuto il coraggio e la pazienza di guardare tutte le puntate, alla fine risultava in effetti difficile fare una distinzione fra un cacciatore e un bracconiere”.
“I cacciatori ticinesi - si sottolinea nella missiva - non si meritano di essere trattati in questo modo da parte dell’ente radio-televisivo pubblico, che ha utilizzato risorse finanziarie importanti (fra l’altro sarebbe interessante sapere quanto è costato “Il Guardiacaccia”…) per realizzare una fiction, oltre che di livello francamente mediocre, che ha fatto passare una visione falsata e distorta della figura del cacciatore. Ma ad essere travisato è stato anche il ruolo dell’Ufficio Caccia e Pesca e degli stessi guardiacaccia, le cui mansioni non si riducono a quelle di gendarmi della caccia come è emerso nella serie televisiva, ma spaziano nelle importanti ed apprezzate funzioni di sentinelle della natura che prestano attenzione agli indicatori biologici, provvedono alla raccolta di dati sul terreno (censimenti) per la pianificazione della caccia, ad abbattimenti di capi di selvaggina malati, al monitoraggio delle catture e al rilevamento dei dati biometrici delle stesse, sono state ingiustamente ignorate”.
Infine l’annuncio di una possibile querela e la richiesta di scuse: “Questo, ci dispiace doverlo sottolineare, non è buon servizio pubblico e nemmeno un impiego oculato delle risorse generate dal canone radio-TV, che per altro anche i cacciatori contribuiscono a finanziare. Il danno purtroppo è fatto e di questo riteniamo ovviamente responsabile la RSI contro la quale valuteremo la possibilità di adire le vie legali, a tutela dell’immagine e della dignità dei cacciatori ticinesi. Da parte nostra il minimo che in ogni caso pretendiamo sono delle scuse ufficiali all’indirizzo di chi pratica la caccia in modo leale e corretto, ma soprattutto con tanta passione”.
Regazzi: "Per citare Fantozzi questa serie è una ca... pazzesca"
Raggiunto per un commento da Liberatv, il presidente dei cacciatori Fabio Regazzi tiene a precisare che “questa lettera non va interpretata nell’ottica dell’iniziativa No Billag. La nostra è una presa di posizione mirata contro la fiction e non una critica generale alla RSI".
A Regazzi, tuttavia, chiediamo se, al di là della sua puntualizzazione, all’interno della Federazione alcuni membri abbiano manifestato l’intenzione di votare "sì" all’iniziativa a causa della serie tv: “Purtroppo è inevitabile. Qualcuno me l’ha detto, non lo nego. I cacciatori sono oltre 2’000 in Ticino, con i rispettivi amici e parenti. Di sicuro la RSI si è fatta qualche nemico in più e non ne aveva proprio bisogno. Mi chiedo che necessità c’era in questo momento di andare ad accendere certi fuochi in mondo sensibile come quello della caccia in Ticino. Per giunta noi non siamo stati neppure consultati nella fase di realizzazione. Magari qualche buon consiglio avremmo potuto darlo, anche per non commettere certi errori tecnici piuttosto pacchiani che ci sono nella serie”.
Il giudizio personale di Regazzi sulla produzione è sferzane: “Come direbbe Fantozzi: “È una ca... pazzesca". Ci hanno fatto passare come degli ubriaconi assassini. E questo non possiamo accettarlo. È un po’ come se fosse stata fatta una fiction sul mondo della scuola raccontando solo gli episodi legati agli insegnanti pedofili. Per non parlare poi della recitazione….a dir poco penosa!”.
Ma in casi come questi, chiediamo infine a Regazzi, non vale il principio della libertà artistica? “Artistica mi sembra un po’ fuori luogo considerando il risultato…parliamo di libertà di espressione, piuttosto. Un principio che vale, certo. Ma vale anche per noi che abbiamo tutto il diritto di criticare questo genere di prodotti”.