POLITICA E POTERE
Argo1, perché tante balle? Il rapporto di Marco Bertoli conferma la consapevole violazione della Legge sulle commesse pubbliche e invita la Magistratura a indagare. Ecco altri passi salienti del rapporto. Il PPD: "Finalmente in luce le responsabilità di B
Nel rapporto dell'ex procuratore pubblico c’è un capitolo che merita particolare attenzione, ed è quello relativo alla violazione della legge sulle commesse pubbliche. Violazione che discende dalla mancanza di una risoluzione del Governo a sostegno del mandato alla Argo1. Ecco altri passaggi salienti del rapporto che liberatv è in grado di anticipare…
Nelle foto TiPress: Renato Scheurer e, a destra, Claudio Blotti
di Marco Bazzi

Tre sono i capitoli principali sui quali si fonda il rapporto dell’ex procuratore pubblico Marco Bertoli sul caso Argo1:

- le motivazioni con le quali si è giustificata l’attribuzione del mandato diretto per la sorveglianza dei centri per rifugiati all’agenzia di Marco Sansonetti e la rottura del rapporto tra la Divisione dell’azione sociale e la precedente agenzia, la Rainbow;

- la verifica della consapevolezza da parte dei funzionari della Divisione che quel mandato non fosse regolare, mancando una risoluzione governativa;

- i controlli sull’attività della Argo1 legati al rispetto dell’accordo con il Cantone e il pagamento delle fatture da parte del Dipartimento finanze.

che il perito nominato dal Governo - Bertoli, appunto - ha consegnato l’altro giorno alla Commissione parlamentare di inchiesta.

Bertoli invita il Ministero pubblico ad approfondire il caso

Le conclusioni a cui è giunto l’autore dell’inchiesta amministrativa erano già state in parte anticipate da liberatv nelle scorse settimane, compresa l’ipotesi che Bertoli formula sul piano penale: il reato di infedeltà nella gestione pubblica, “anche in caso di mero danno ideale verso l’ente pubblico” – si legge nel rapporto -, nonostante dalle verifiche effettuate finora dal Ministero pubblico “non siano emersi fatti corruttivi”.

Scrive il perito nel documento finale, che si articola in 18 pagine: “Si può affermare che nessuno dei motivi invocati a sostegno della repentina attribuzione del mandato ad Argo1 trova riscontro nelle carte d’inchiesta. Per compiutamente rispondere al quesito di fondo, a sapere per quale motivo si sia giunti a tale conferimento, rispettivamente perché lo sia voluto giustificare con strumentali argomenti, necessiterebbero approfondite indagini e la raccolta di prove attraverso strumenti giudiziari che appartengono alla Magistratura”.

Dal rapporto emergono pesanti interrogativi sui due funzionari del DSS che hanno gestito il caso.

La nota del PPD

“Quello che emerge oggi dalle rivelazioni del Corriere del Ticino – scrive in una nota il Partito popolare democratico, il partito del ministro responsabile del Dipartimento coinvolto, Paolo Beltraminelli - è uno scenario inquietante, che aggrava ulteriormente il quadro della situazione, mettendo anche e finalmente in luce le grosse responsabilità dei due ex-funzionari dirigenti del DSS Blotti e Scheurer. Il Partito Popolare Democratico, prima di prendere una posizione, intende riunire l’Ufficio Presidenziale e gli organi del Partito per discuterne e valutare la situazione. Pertanto, fino a quel momento, non si rilasceranno ulteriori dichiarazioni”.

L’origine della violazione della Legge sulle commesse pubbliche

Ma c’è un capitolo che merita particolare attenzione, ed è quello relativo alla violazione della legge sulle commesse pubbliche. Violazione che discende dalla mancanza di una risoluzione del Governo a sostegno del mandato alla Argo1. Ecco altri passaggi salienti del rapporto che liberatv è in grado di anticipare…

Marco Bertoli smentisce anzitutto che il Dipartimento socialità (DSS), tramite la Divisione dell’azione sociale allora diretta da Claudio Blotti (oggi direttore delle FART a Locarno) e dell’Ufficio per il sostegno sociale coordinato da Renato Scheurer (recentemente pre-pensionato dal Governo), abbia pattuito con Argo1 un “periodo di prova” come si è ufficialmente sostenuto.

“In verità il contratto firmato il 16 settembre 2014 non è stato una prova: si tratta di un contratto a tempo determinato scadente il 31 dicembre 2014, con facoltà di rinnovo da operarsi entro il mese successivo. Semmai di prova si può parlare per il periodo intercorso tra l’inizio dell’attività (stabilito al 27 luglio 2014, e iniziato effettivamente il 29) e la sottoscrizione del contratto del 16 settembre”.

Ma a fine luglio, quando iniziò ad operare per conto del Cantone, la Argo1 “formalmente non era in regola”, e “v’è da chiedersi se, già nel settembre, e al più tardi a fine anno, tali carenze siano state sanate”.

Va infatti ricordato che quando l’agenzia iniziò a operare nel luglio del 2014 alcuni agenti non avevano le necessarie autorizzazioni (e il caso è sfociato in una condanna nei confronti dell’allora amministratore). Non solo: alla firma del contratto, vale a dire il 16 settembre, “figuravano abilitati solo 7 agenti” – sul minimo di 8 previsti dall’accordo -, “ma proprio in quella data altri due inoltravano l’istanza. Forse è questo il motivo della sottoscrizione del contratto temporaneo: si supponeva bastasse l’inoltro dell’istanza. A fine anno figurano abilitati agenti sufficienti”.

“È quindi certo – aggiunge - che Scheurer non solo non si è preoccupato di raccogliere informazioni su Sansonetti nel dicembre 2013, ma pur avendo avuto notizia di comportamenti scorretti, subito all’inizio dell’attività, gli ha dapprima affidato l’incarico senza verificare se avesse sufficienti agenti abilitati e poi sottoscritto il mandato quando ancora detta adeguatezza di personale non era data”.

L’ex procuratore Bertoli si interroga dunque sulla “opportunità di attribuire il mandato a soggetti che si sapeva erano incorsi in violazione delle normative LAPIS (Legge sulle attività private di investigazione e sorveglianza)”, poi passa agli aspetti formali, “e meglio l’esigenza di una adeguata base legale e di una debita risoluzione governativa”.

Assenza di una risoluzione governativa: la consapevolezza c’era

Il punto è: la mancanza di quella risoluzione fu un errore, una dimenticanza? O si decise di andare avanti con Argo1 pur nella consapevolezza di violare la legge?

Scrive il perito: “È accertato che per tale mandato occorreva una risoluzione governativa e sostanzialmente gli interessati lo ammettono. Tentano, però, di scusarne l’assenza per errore e, salvo Scheurer che per finire colloca la consapevolezza già a fine dicembre 2014, sostengono sia in sede di Sottocommissione parlamentare di vigilanza sia in Gran Consiglio di non essersene resi conto”.

Bertoli cita una lettera di Blotti alla Sottocomissione: “Confermo che internamente alla Divisione nessuno si è accorto di questa mancanza”.

Invece, il suo subordinato Scheurer “ha ammesso innanzi al procuratore generale John Noseda di aver saputo dell’esigenza di debita risoluzione governativa al più tardi nel dicembre 2014, dopo che lo aveva fermamente negato allo stesso PG il 4 giugno 2017 e al sottoscritto ancora lo scorso 17 settembre. Del resto aveva già riferito alla Sottocommissione il 23 maggio 2017 di aver saputo e condiviso con Blotti della necessità di una risoluzione governativa sin dall’apertura del centro di Camorino che colloca, erroneamente, nel 2015, mentre l’attività di Argo1 è iniziata il 27 novembre 2014”.

Le contraddizioni tra Blotti e Scheurer

A questo punto Bertoli ricorda “il clamoroso dietro-front di Scheurer il quale, con mail del 12 giugno 2017 al presidente della Sottocommissione parlamentare, Alex Farinelli (con in copia il successore di Blotti, Renato Bernasconi), goffamente tenta di equivocare sul suo dire in audizione e sostanzialmente conferma la tesi di Blotti – poi avveratasi falsa per ammissione dello stesso Scheurer – per cui non si erano resi conto della necessità di una risoluzione governativa”.

Il nuovo direttore della Divisione dell’azione sociale, Renato Bernasconi, scrive Bertoli, “ben descrive come Scheurer sia giunto a sentire il dovere di scrivere quella mail: ‘Ricordo che Beltraminelli mi aveva chiamato dopo la sua audizione facendomi presente questa differenza di affermazioni tra Scheurer e Blotti dicendomi che magari è stato un pasticcio di Scheurer”.

In realtà, prosegue il perito del Governo, “come poi ammesso davanti al procuratore generale, Scheurer si era molto ben espresso innanzi alla Sottocommissione, senza equivoco alcuno e ripetutamente, per cui andrebbe piuttosto verificato perché due giorni dopo l’audizione di Beltraminelli (del 6 giugno 2017), Scheurer discuta con Bernasconi, l’8 o il 9 giugno, e confezioni la mail di ritrattazione il lunedì 12 successivo”.

E la versione di Blotti? Secondo Bertoli “appare del tutto inverosimile che egli non si sia reso conto dell’esigenza della risoluzione governativa: intanto per la sua esperienza professionale egli era avvezzo a simili tematiche e giustappunto aveva proceduto in tal modo nell’attribuzione dei mandati precedenti all’agenzia Rainbow. Sono infatti due le risoluzioni governative di solo un paio d’anni prima (in piena effettiva emergenza rifugiati), cui Blotti in persona aveva contribuito alla formazione, che specificamente recitano dell’urgenza e autorizzano Rainbow ‘in fase sperimentale’ (risoluzione governativa del 5 settembre 2012) per poi, ‘visti gli esiti positivi della sperimentazione’ autorizzare ‘a proseguire la gestione della struttura’ attraverso il rinnovo della risoluzione governativa (del 21 dicembre 2012). Esattamente la stessa costellazione per l’affidamento ad Argo1”.

Ma Bertoli cita anche una mail di Beltraminelli a Bernasconi che, in vista della seduta di Gran Consiglio, il 9 marzo scorso, scrive che “forse c’è solo una risoluzione governativa su Rainbow per Madonna di Re, ma dimostra il fatto che del tema si è parlato”.

Ma se se n’era parlato per il mandato alla Rainbow, perché il problema è sfuggito in occasione del mandato alla Argo1?

Secondo Marco Bertoli, “la consapevolezza di Blotti e Scheurer era presente sin da subito proprio per la loro competenza in materia e per il fatto di aver proceduto regolarmente per i mandati originari a Rainbow, ma anche a credere a Scheurer, sicuramente al più tardi a fine 2014 tale consapevolezza è comprovata dagli atti d’inchiesta e dalla sua ammissione”.

Non solo: il perito sostiene che quando a inizio dicembre 2014 Blotti e Scheurer decisero di chiudere l’accordo con Rainbow “intendevano notificare all’agenzia la cessazione immediata (per fine anno) del mandato, da un lato per questioni finanziarie, ma soprattutto perché, essendo scadute le risoluzioni governative precedenti, reputavano di non essere più vincolati ai termini contrattuali”.

Secondo Bertoli “da un lato s’intendeva far fuori Rainbow già a fine anno e dall’altro c’era la consapevolezza di Blotti e Scheurer circa la necessità di una risoluzione governativa, tanto che si è tentato di addurla a sostegno della disdetta alla Rainbow. Il tutto è comprovato dallo scritto della Rainbow a Blotti del 5 giugno 2015 che esplicitamente fa riferimento alla risoluzione governativa”.

Insomma, secondo il perito, “vi era consapevolezza dell’esigenza di una risoluzione del Consiglio di Stato al più tardi nel dicembre 2014, quindi prima del rinnovo tacito del contratto con Argo1”.

Bertoli smonta il castello delle giustificazioni sul mandato ad Argo1

Perché dunque è stato dato quel mandato alla Argo1? E perché non è stato regolarizzato?

Secondo Marco Bertoli non si può sostenere che nel luglio 2014 vi fosse un’urgenza tale sul fronte rifugiati da dover attribuire il mandato ad Argo 1. Tale emergenza è stata secondo lui “da parte di Blotti e Scheurer, strumentale al solo fine di giustificare ex post la mancanza di risoluzione governativa”.

A un certo punto, senza preavviso, Scheurer informò il titolare della Rainbow che avrebbe incaricato un’altra agenzia, appunto Argo 1, per “avere una seconda ditta per essere più flessibile” e che “Rainbow rimaneva partner adeguato” sia per Rivera, dove avrebbe continuato fino all’estate 2015 “sia per futuri centri”.

In seguito è stata sostenuta “l’inadeguatezza di Rainbow”, ma “anche questo motivo non è comprovato”. Blotti e Scheurer si sono spesso lamentati dell’agenzia, “ma, sebbene formalmente richiesto dal Controllo cantonale delle finanze, nessuno ha mai prodotto alcun documento a supporto delle asserite lamentele. Nemmeno allo scrivente perito Scheurer ha saputo fornire la prova di queste supposte carenze (…). Fossero emerse manchevolezze concrete e degne di nota, non si comprende come mai Blotti, nell’autunno 2015, inizia un carteggio che si conclude con un’offerta a 41,70 franchi all’ora del 14 ottobre 2015. Proposta del resto rimasta lettera morta”.

Ed ecco la motivazione economica, l’esigenza di risparmiare… Neppure questa ipotesi trova riscontro nelle verifiche di Bertoli.

“Scheurer ripetutamente ha affermato che la scelta di Argo 1 per l’attività iniziata il 29 luglio 2014 scaturiva tra l’altro da un’offerta spontaneamente presentatagli da Sansonetti a fine dicembre, poi specificato essere stato il 13 dicembre 2013, molto concorrenziale”.

Dunque, si chiede Bertoli, “Scheurer ha volutamente lasciato intendere alla Sottocommissione che sin dal dicembre 2013 aveva un’offerta per 35 franchi? E perché mai allora avrebbe chiesto a Rainbow una riduzione da 48 a “solo” 43 franchi – del resto accettato da Rainbow stessa – già sapendo dei 35 franchi di Argo 1? (…). Certo è che è crono-illogico sostenere che nel luglio 2014 si tenti di far ridurre il costo a Rainbow a “soli” 40 franchi quando già esisterebbe un’offerta del dicembre 2013 a quota 35. Inoltre non è credibile confermare (a seguito dei colloqui intercorsi) un’offerta a 43,50 a Rainbow quando appunto già si saprebbe che Argo 1 opererebbe per soli 35 franchi”.

Il perito conclude dunque “che nessuna consecutio temporale sostiene la tesi del minor costo, che nessuna offerta alternativa è stata richiesta in precedenza, che nessuna pressione al ribasso fu fatta a Rainbow, salvo solo a fine 2015 – ma rimasta poi lettera morta –, e che non è credibile la spontaneità dell’offerta di Argo 1”.

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