POLITICA E POTERE
Nuovo vescovo di Lugano: il Governo se ne lava le mani
Sollecitato da Berna a prendere posizione sulla possibile modifica della convenzione che prevede la nomina di un sacerdote ticinese, il Consiglio di Stato non si schiera

LUGANO - Sulla nomina del nuovo vescovo di Lugano, il Consiglio di Stato se ne lava le mani. Il Governo, infatti, non intende schierarsi né sulla procedura di nomina, né sulla nomina stessa. Lo anticipa stamane il Corriere del Ticino, riportando stralci della presa di posizione dell’Esecutivo, che era stato sollecitato da Berna sulla faccenda.

Tutto nasce dalla raccolta firme lanciata da un gruppo di fedeli ticinesi, e sottoscritta da 2’300 cittadini, che chiede la modifica della convenzione siglata tra il Consiglio federale e la Santa Sede. Una convenzione che prevede che il vescovo di Lugano venga scelto tra sacerdoti ticinesi. Un modo per arrivare alla conferma dell’attuale pastore ad interim Alain De Raemy, che tanti consensi sta raccogliendo nella comunità ticinese.

La petizione è stata così accolta dal ministro degli esteri Ignazio Cassis: “C’è una richiesta fatta alla Confederazione da un certo numero di cittadini, e noi chiediamo al Governo ticinese la sua posizione, dato che in Svizzera i rapporti tra Chiesa e Stato competono ai Cantoni. E poi, in base alla posizione del Canton Ticino, la Confederazione farà le procedure necessarie con il Vaticano”.

Ma il Governo, come detto, non intende entrare in materia: “Il Consiglio di Stato, nel rispetto della Costituzione cantonale e degli accordi conclusi, si è sempre astenuto dall’influenzare in modo diretto o indiretto la nomina del vescovo di Lugano.

Delusione è stata espressa al CdT dai promotori della raccolta firme, per bocca di Luigi Maffezzoli: “La prima cosa che direi è che siamo profondamente rispettosi delle decisioni del Consiglio di Stato ma, nello stesso tempo, sconcertati dal fatto che il Governo non abbia preso alcuna decisione. Di fronte a una richiesta popolare, e nonostante vi fosse una chiara sollecitazione da parte dell’autorità federale, il Governo non ha voluto assumersi alcuna responsabilità”.

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