POLITICA E POTERE
Il "duello" Pelli-Gianella
Nel corso dell'ultimo comitato cantonale l'ex presidente è tornato a "strigliare" il gruppo parlamentare PLR e la capogruppo ha di nuovo dovuto difendere il lavoro della frazione in Gran Consiglio

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di Andrea Leoni

Era già successo a Locarno, dopo le elezioni cantonali, ed è accaduto di nuovo a Manno, dopo le elezioni federali. E ormai sta diventando un classico dei Comitati PLR. Parliamo del “duello” tra Fulvio Pelli e Alessandra Gianella.

Giovedì scorso l’ex presidente è tornato a “strigliare” il gruppo parlamentare. Pelli rimprovera alla pattuglia liberale radicale in Gran Consiglio di avere uno scarso profilo - o di non averlo affatto - di farsi dettare l’agenda dagli altri partiti, in particolare dall’UDC e dal grande ex Sergio Morisoli, di avere una comunicazione poco efficace, quasi silenziosa. Giudizio severo, anche perché ribadito in due occasioni pubbliche, con un sotto testo chiaro: dovete lavorare di più e meglio.

Alessandra Gianella raramente perde il suo aplomb. Forse ci sono solo due persone in grado di far vacillare il suo carattere diplomatico: uno è Fiorenzo Dadò, l’altro è proprio Fulvio Pelli. La critica formulata dall’Uomo del Monte proprio non le va giù e di conseguenza, a Locarno come a Manno, ha difeso a spada tratta il suo lavoro e quello del gruppo che dirige.

Gianella ha spiegato che i deputati PLR si danno un gran daffare, ma che avrebbero bisogno che dal serbatoio del partito, che indubbiamente raccoglie grandi competenze in ogni ambito, anziché critiche o frustrazioni di vario genere, giungessero stimoli, suggerimenti e proposte. E su questo ha ragione. La capogruppo ha aggiunto che oggi il PLR non ha più i numeri per dettar legge in Gran Consiglio, come invece accadeva in passato (ai tempi di Fulvio…). Qui, invece, ha ragione solo in parte, poiché se è vero che a livello numerico il partitone è ormai ex (anche se resta il primo partito del Cantone), proprio Sergio Morisoli e Paolo Pamini hanno dimostrato che bastano due teste pensanti che hanno voglia di lavorare per far ballare il Parlamento.

La comunicazione, invece, è un discorso scivoloso. Molto spesso diventa l’alibi perfetto per non affrontare il nocciolo del problema. I partiti comunicano bene quando hanno qualcosa da dire: idee forti e concrete, cioè una linea politica chiara. Altrimenti anche la migliore comunicazione risulta evanescente, inefficace. Sarebbe ingeneroso dire che il gruppo parlamentare del PLR non ha mai presentato proposte capaci di catturare l’interesse generale o assunto posizioni minoritarie, in grado di profilare il partito. La riforma fiscale che tanto dibattito sta suscitando è farina del sacco liberale radicale, benché rimpastata insieme a Lega e UDC, l’opposizione all’iniziativa sull’imposta di circolazione proposta dal Centro o al salario minimo, sono altri esempi di voti di minoranza. E qui, forse, erano sbagliate le posizioni più che la comunicazione.

Però è vero che, in generale, i liberali tendono annacquare troppo il loro vino e avrebbero bisogno di mettere sul tavolo un paio di idee molto concrete in grado di incidere sulla quotidianità del cittadino medio. Oppure proporre uno o due riforme, in grado però di modificare sostanzialmente l’attuale conformazione dello Stato: politica del personale, socialità, scuola, polizia unica, riassetto istituzionale dei comuni. Un progetto grosso, radicale (non nel senso dell’ala sinistra), capace di aprire un grande dibattito nel Paese e sul quale essere disposti a finire in minoranza. Qualcosa di molto diverso, insomma, rispetto all’iniziativa contro la burocrazia, lanciata di recente, che equivale a mettere nella Costituzione cantonale l’auspicio della pace nel mondo.

La capogruppo porta sulle spalle la responsabilità della frazione ed è quindi innanzitutto lei il bersaglio naturale della critica di Pelli. Alessandra Gianella è ambasciatrice nell’anima e di conseguenza è naturalmente portata ad essere attenta alle ragioni altrui. Ambasciatrice e “vittiana”, dunque tessitrice di buoni rapporti con tutti e di compromessi, più che di strappi e di polemiche, proprio come quando l’attuale direttore del DFE ricopriva il ruolo di capogruppo in Gran Consiglio. Di Christian Vitta ha pure la stessa cautela, talvolta esasperata, ma le manca un po’ la scaltrezza. La mancata elezione al Consiglio Nazionale è stata una sconfitta dolorosa, dalla quale saprà trarre insegnamento. Alessandra Gianella ha tutte le qualità per evolversi nella sua traiettoria politica e per rifarsi della cocente delusione, ma deve capire che un pizzico di audacia, di vis polemica e di killer instinct, non sono nemiche di uno stile elegante e istituzionale.

Quello tra Pelli e Gianella è anche un duello generazionale. Sono due mondi distanti, due epoche politiche imparagonabili, due concezioni del potere, della politica e delle istituzioni che parlano lingue diverse. Normale facciano fatica ad intendersi. Pelli, nella sua critica, non tiene conto, almeno in parte, dei mutamenti e delle attese della società contemporanea, che si riflettono totalmente nella politica cantonale. Non ne coglie la fame d’istantaneità, l’esigenza spasmodica di distinguersi, il rifiuto della complessità, il bisogno di soluzioni purchessia, la mancanza di visione d’insieme e delle priorità. Inoltre, l’attuale crisi del PLR, si spiega anche con gli errori fatti dalle dirigenze del passato, di cui Pelli è stato un dominus assoluto, e con le ingerenze che alcuni papaveri si ostinano a perseguire.

Ma il pungolo di Fulvio Pelli è comunque positivo. In un partito in stato comatoso - nel quale è stato l’unico ex presidente a presentarsi al Comitato cantonale - la sua presenza, il suo pensiero, seppur espresso con lingua di carta vetrata, sono il sussulto di un parametro vitale, di chi per finire c’è e ci tiene ancora. In un mare di assenze, silenzi e indifferenza. 

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