SALUTE E SANITà
L'economia come utopia. Il lavoro come vocazione. L'azienda come missione... Stefano Zamagni racconta la Terza Via, il non profit, come orizzonte futuro nella politica sanitaria. Una lezione per risolvere il paradosso dei costi delle cure. Anche in Ticino
Il grande economista bolognese ha tenuto una 'lezione' alla Clinica Luganese: "Il fine di un ospedale ‘profit’ e di uno ‘non profit’ è identico: curare le persone. La differenza sta nella missione, vale a dire nella scelta del metodo, e nell’identità, nelle regole di governance, insomma”
LUGANO - L’economia come utopia. Il lavoro come vocazione. L’organizzazione aziendale come missione… Uscire dai meccanismi del capitalismo, del post-capitalismo, del pensiero unico, della logica dell’accumulazione e dalla massimizzazione del profitto che domina la vita e la mente dei più… Cercare un’alternativa: la ‘Terza Via’. Il non profit come orizzonte per il presente e per il futuro, declinabile in diversi settori economici, tra i quali la sanità. Per affermare il diritto universale alle cure. Ancora troppo enunciato e troppo poco realtà a livello mondiale.

In estrema sintesi, sono i punti salienti della relazione che Stefano Zamagni ha tenuto ieri sera alla Clinica Luganese, introdotto dal presidente dell’istituto, l’economista Mauro Baranzini.

Dire in poche parole chi è Zamagni non è facile. È comunque uno che, quando parla, ti incanta, citando date, personaggi, snocciolando concetti, spaziando dall’economia alla filosofia, all’etimologia, senza un appunto in mano. Insomma, è uno di quelli che quando parla ti fa arrossire di ignoranza...

Classe 1943, laureato in economia alla Cattolica di Milano, si è specializzato a Oxford, insegna a Bologna, tiene seminari in università di mezzo mondo, ha collaborato con premi Nobel, e, ha rilevato Baranzini, circa 6'500 atenei hanno sue pubblicazioni nelle loro biblioteche.

Dal 1999 Zamagni è membro dell’Accademia delle scienze di New York. Nel 2007 è stato nominato dal Governo Prodi presidente dell'Agenzia "per il terzo settore". In veste di consultore del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, fra il 2007 ed il 2009 è stato tra principali collaboratori di Papa Benedetto XVI per la stesura del testo dell'Enciclica ‘Caritas in veritate’. Nel 2013 è stato nominato da Papa Francesco membro ordinario della Pontificia Accademia delle Scienze…

Zamagni condivide il principio dell’universalismo sanitario (che oggi Trump sta cercando di mettere in discussione negli Stati Uniti, smantellando il modello costruito da Obama), vale a dire della salute come diritto umano e non solo come legittimo interesse dell’individuo. Ma sa perfettamente che questo modello si scontra con la sostenibilità finanziaria.

“Statisticamente una persona oltre i 65 anni – ha spiegato – costa in cure sanitarie tre volte e mezzo di più di una persona più giovane. Allungare la vita, garantire una qualità alla vita, provoca un aumento della spesa. Inoltre, il progresso tecnico-scientifico nel settore sanitario determina una crescita dei costi, al contrario di quanto avviene negli altri settori economici”.

Quindi? “Quindi affermando il diritto universale alle cure dobbiamo fare i conti con il ‘vincolo di bilancio’. E se vogliamo concretizzare il principio dobbiamo dare ali al terzo settore”.

Il fine di un ospedale ‘profit’ e di uno ‘non profit’, ha spiegato l’economista, è identico: curare le persone. “La differenza sta nella missione, vale a dire nella scelta del metodo, e nell’identità, nelle regole di governance, insomma”.

Ospedali e cliniche non profit, ha detto Zamagni, “valorizzano medici e personale ‘di vocazione’, animati da una motivazione intrinseca, che si basa sull’assunto: scelgo di fare questa professione perché per me ha un valore, e non perché mi fa guadagnare bene. Negli ospedali uno dei valori fondamentali sta nel rapporto medico-paziente. La medicina non può limitarsi a curare il dolore: deve occuparsi anche della sofferenza, che è solitudine esistenziale”.

Ospedali e cliniche non profit non giocano sul mercato con le regole dell’ingaggio al rialzo, degli incentivi finanziari, ma investono in capitale umano. “Per esempio sostenendo i costi di formazione pur sapendo che il medico potrebbe scegliere, alla fine, di trasferirsi in una clinica che lo paga di più. Ma bisogna rispettare questa libertà, e libertà significa accettare di essere traditi, e l’esempio storico lo troviamo nei Vangeli, in Gesù che accetta di essere tradito da Giuda. Ma questo rischio, nel settore sanitario, è statisticamente ridotto al 5%. Quindi, correrlo conviene”.

Un altro elemento a sostegno del non profit è l’impatto sociale: “Calcolare quanto un ospedale può modificare il contesto sociale di riferimento. Il bilancio sociale non basta, bisogna riuscire a misurare l’impatto”.

Voi che operate in questa clinica, ha aggiunto Zamagni rivolgendosi al personale e alla direzione, “modificate ogni giorno la società in cui operate. E siccome, come ci ha insegnato Aristotele, la virtù è più contagiosa del vizio, ma soltanto se viene fatta conoscere, dovete riuscire a contaminare le altre strutture sanitarie con il vostro modello. Se avessimo una maggiore presenza di strutture sanitarie non profit il paradosso del vincolo di bilancio sarebbe risolto”.

Ma come centrare questo obiettivo? Applicando il modello della ‘sussidiarietà circolare’, secondo Zamagni: “Stato, imprese e terzo settore devono dialogare in modo paritario. Non basta che lo Stato coinvolga le organizzazioni in fase di consultazione, occorre che le coinvolga nei processi decisionali”. E per avviare questa ‘rivoluzione culturale’ in campo sanitario occorre convincere, ha concluso l’economista, “che significa vincere insieme”.

Utopia? No, secondo Stefano Zamagni. Semplicemente una nuova via, la Terza Via.

emmebi

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