Paolo Ortelli risponde a Mario Botta sul PSE: "Caro architetto, com'è possile cadere in questa piccola-grande trappola politico provinciale?"
*Di Paolo Ortelli
Ho letto con grande stupore le esternazioni del noto architetto Mario Botta, per molti, e a piena ragione, la nostra Archistar Cantonale. Una definizione guadagnata per le sue grandi capacità professionali dimostrate in una carriera esemplare, partendo da Genestrerio e portando con orgoglio il nome del nostro Cantone in tutto il mondo. Di lui conosciamo quasi tutto, compreso i progetti ticinesi, più o meno riusciti, più o meno piaciuti ai suoi conterranei com’è giusto che sia per un grande professionista, dove spesso è più difficile essere riconosciuti in casa che all’estero, seguendo alla perfezione il noto adagio latino “Nemo propheta in patria”.
Ahinoi però, in questo caso, di architettura, che resta fortunatamente un’arte che si concede anche ad una lettura soggettiva, purtroppo non si parla. Anzi se ne parla solo per affondare un colpo quantomeno indelicato e gratuito, con un’entrata a gamba tesa, in una partita nella quale quasi, neppure si è legittimati a partecipare.
Caro architetto, da piccolo ed umile collega, mi permetto esprimere la mia profonda delusione per il suo atteggiamento e le sue esternazioni sul delicatissimo tema del Polo sportivo luganese. In questo cantone, ormai di tuttologi ed opinionisti sempre pronti ad invadere competenze e campi altrui, da lei, l’architetto chiamato da anni in tutto il mondo ad immaginare e costruire un futuro possibile per quartieri e per città sull’impulso di nobili fondazioni, di committenti istituzionali e privati - perché questo si tratta quando si parla di architettura con la “A” maiuscola (spesso la sua lo è stata) - proprio non me lo sarei mai aspettato.
Francamente non so chi l’ha guidata, o se questa sua caduta di stile provinciale, dopo tanto viaggiare per il mondo, abbia a che fare con l’anagrafe (anche perché in questo caso da quanto sentito e letto negli ultimi mesi potremmo dire che si troverebbe in buona compagnia) ma certo è che, quanto da lei affermato, mi scusi, ma ai miei semplici occhi, sembra essere tanto inconcepibile quanto foriero di dolore. Lei crede davvero che il futuro della città di Lugano, della realizzazione di un suo nuovo progetto di riqualifica di un’intera parte della città, un pezzo di nuova città per anni trascurata, da consegnare ai posteri (quello che proprio lei per anni ci ha abituati a fare) possa essere messa in pericolo da 100 impiegati dell’amministrazione spostati di 1000 metri?
Lei che ha mosso i primi passi a Venezia praticando con l’immenso architetto Louis Kahn e bevendo alla fonte della grande lezione lecorbusiana. Proprio lei, con il suo meraviglioso percorso progettuale, tutto rivolto a concretizzare sogni e a tratteggiare il futuro urbano delle più importanti città del mondo, com’è possibile che possa cadere in questa piccola-grande trappola politico provinciale? E non mi dica che Lugano non è San Francisco o non è Seul perché allora non lo era fortunatamente neppure Mogno, Campione d’Italia e Quinto, tanto così per restare banalmente e sportivamente in zona. E ancora che mi dice del compianto Giuseppe Buffi che ha regalato anche con il suo aiuto, a questo cantone l’Università ed ebbene sì, anche la “sua” Accademia d’Architettura, era forse un pazzo visionario?
Cara Archistar, la prego, non si accodi a questa provincia, se ha avuto il successo che tutti le riconoscono è perché non lo ha mai fatto prima. Il Ticino ed il Luganese hanno bisogno di ritrovare energia, vigore e certezze, quelle che passano attraverso lo slancio di nuovi sogni ed utopie. Com’è successo con il Lac che moltissimi non volevano e come dovrà succedere con il Polo sportivo degli eventi, nella sua irrinunciabile interezza. La prego, anche lei non ci faccia questo. Il Ticino dei nostri figli e dei sui nipoti non se lo merita.
*Architetto e deputato in Gran Consiglio