SECONDO ME
Franco Cavalli: “Cinque anni dopo il Covid: come prima, peggio di prima”
“Se durante la pandemia molti dissero che, una volta usciti, molto o tutto sarebbe cambiato, oggi su quanto capitato domina un sinistro silenzio globale e, almeno in meglio, niente è cambiato... Però un piccolo spiraglio di luce rimane”
TiPress / Samuel Golay

di Franco Cavalli *

(pubblicato sull'ultimo numero di Forum Alternativo)

Cinque anni fa eravamo nel pieno della prima devastante ondata della pandemia da Covid. Giornalmente le famiglie si riunivano davanti al televisore per aspettare la conferenza stampa delle autorità, quasi fossimo in guerra. L’atmosfera era opprimente, tutti avevano paura. Mi ricordo che il giorno di Pasqua del 2020 attraversai Piazza Grande a Locarno: ero l’unica anima viva in quell’enorme spazio. La prima ondata in Ticino fu gestita tutto sommato mica male, meno bene invece nel resto della Svizzera, anche perché fummo noi a essere toccati per primi e in modo più violento. EOC fece miracoli: in pochi giorni l’Ospedale di Locarno fu trasformato in un centro completamente dedicato agli ammalati di Covid, le cure furono subito ottimali, anche grazie a consultazioni con i colleghi di Wuhan in Cina (alcuni di loro avevano lavorato allo IOSI di Bellinzona), che avevano fatto le prime esperienze con il trattamento particolare che necessitavano questi pazienti. La seconda ondata, quella autunnale, fu gestita meno bene: Gobbi, che aveva preso il posto di Vitta quale presidente del Consiglio di Stato, se la prese un po’ più comoda, anche perché, secondo lui, erano soprattutto anziani fragili a morire e per esempio si aspettò troppo a lungo prima di chiudere i ristoranti, con le letali conseguenze del caso.

Alla fine dopo circa due anni ne uscimmo: furono i vaccini e soprattutto una fortunata mutazione positiva del virus a permetterci di rialzare la testa. L’OMS dichiarò chiusa la pandemia solo nel maggio del 2023: è impossibile conoscere la cifra esatta dei morti a livello mondiale, ma questa supera molto probabilmente i 20 milioni. Se durante la pandemia molti dissero o scrissero che, una volta usciti, molto o tutto sarebbe cambiato, cinque anni dopo su quanto capitato domina un sinistro silenzio globale e almeno in meglio, niente è cambiato. Il ricordo degli applausi, dai balconi e dalle finestre, agli infermieri/alle infermiere “eroici/eroiche” è durato un po’ di mesi, ha fatto trionfare nel novembre del 2023 l’iniziativa popolare che chiedeva migliori condizioni di lavoro per il personale infermieristico, ma da allora poi ben poco è cambiato. Il Consiglio Federale, ma anche i vari consessi cantonali, sul tema continuano a fare in gran parte orecchie da mercanti. Un’ennesima conferma negativa l’abbiamo avuta a fine febbraio con il deprimente rifiuto del Gran Consiglio di entrare in materia sull’iniziativa popolare che chiede migliorie per le professioni sanitarie.

Non siamo sicuramente gli unici al mondo a non aver appreso la lezione della pandemia. L’OMS è uscita a pezzi dalla crisi del Covid: il trattato internazionale contro le pandemie è ormai su un binario morto. L’uscita degli USA, dell’Argentina e probabilmente presto di altri stati sovrano-fascistoidi affida definitivamente l’organizzazione mondiale ai contributi dei filantro-capitalisti. Di fronte alle prossime crisi sanitarie globali ci presenteremo sguarniti, a tutto vantaggio dell’industria farmaceutica che alzerà il prezzo su ogni farmaco e vaccino. La pandemia difatti non ha scalfito il potere di monopoli e brevetti, come a un certo punto aveva chiesto invano addirittura il Parlamento europeo. Oggi si cerca quasi di far credere che il Covid-19 è stata una delle tante eccezioni storiche, come i cataclismi imprevedibili da dimenticare al più presto. Lo spillover di un virus non è invece un incidente, ma il sintomo di una crisi ambientale più vasta, creata da un modello di sviluppo suicida che sottrae terra alle foreste e mette a stretto contatto insediamenti umani, allevamenti intensivi e fauna selvatica. La coincidenza tra emergenza climatica e crisi sanitaria molto probabilmente non è stata casuale, come a suo tempo il disastro umanitario della Prima guerra mondiale aveva grandemente favorito la pandemia della “Spagnola”.

Secondo me però un piccolo spiraglio di luce rimane. Ho l’impressione che l’opinione pubblica sia ora più sensibile ai problemi della salute e anche a quelli relativi alla sanità pubblica. D’altra parte i problemi per il finanziamento delle cure aumentano e i nostri governanti, sempre più controllati dall’oligarchia finanziaria, sembrano ormai aver accettato l’idea di una sanità a due velocità: una per i ricchi, l’altra per i meno abbienti. È da qui che dovrà ripartire la nostra lotta.

 
* Oncologo 

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