CORONAVIRUS
Lombardia in zona rossa, ma i frontalieri del calcio riempiono i centri ticinesi. Lo sfogo: "Limitazioni urgenti anche da noi"
Una lettrice racconta quello che va in scena su diversi campi: "Capisco chi entra per lavoro, ma qui parliamo di entrare in Svizzera per giocare..."
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TICINO – Dallo scorso primo marzo, anche il calcio amatoriale in Ticino ha potuto riprendere le attività. Con regole ben precise, si intende. Il calcio dei ragazzi (fino ai 20 anni) ha ottenuto il via libera per riprendere i campionati (ma senza pubblico). Lo farà a partire da sabato 27 marzo, quando piccoli e meno piccoli potranno tornare a sfidarsi in competizioni ufficiali.

Diverso, invece, il discorso per quanto riguarda il calcio degli adulti. Dalla Seconda alla Quinta Lega, il calcio ticinese attende ai box maggiori indicazioni in merito a un’eventuale ripartenza. Con gli ultimi allentamenti, infatti, sono stati ripristinati gli allenamenti in gruppo con un massimo di quindici persone, staff tecnico compreso. Gruppi che devono obbligatoriamente rispettare piani di protezione ben precisi, come – ad esempio – lo svolgimento di soli esercizi tecnici e/o atletici. Il tutto senza contatto.

Con i primi calci al pallone degli adulti sono giunti anche i primi ‘ammonimenti’ da parte della Federazione Ticinese di Calcio, che nei giorni scorsi ha informato tutti i club di “aver ricevuto segnalazioni in merito al fatto che non tutte le squadre stiano rispettando le indicazioni”. Poi l’avvertimento: “Ricordiamo che la polizia effettuerà dei controlli”.

“Solo targhe italiane”

Ma come ci si comporta con i frontalieri del calcio? Tantissime squadre sono composte da un corposo numero di calciatori italiani. Possono entrare regolarmente per praticare sport a livello amatoriale? Decreti alla mano, la risposta è no. Con la Lombardia in zona rossa sono consentiti spostamenti unicamente per motivi di lavoro e con autocertificazione. Eppure…
Eppure tante squadre hanno potuto contare su giocatori italiani. Diverse le segnalazioni giunte alla nostra redazione di centri sportivi praticamente occupati da targhe italiane.

“Mio figlio – scrive L.B (nome noto alla redazione) –, gioca in una squadra di calcio giovanile. Loro possono riprendere regolarmente, ma quello che ho visto questa sera (ieri per chi legge ndr) mi ha scioccato in negativo. Giocatori e allenatori della prima squadra provenienti dalla Lombardia. Tutte targhe italiane. Con altri genitori ci siamo chiesti come sia possibile e risultano, per altro, formatori di allievi proveniente da oltre confine”.

“Io posso capire – continua la lettrice – chi entra per lavoro o necessità, ma qui si parla di entrare in Svizzera per giocare. Cosa che in Italia, mi risulta, è già vietata”. In effetti, i campionati amatoriali italiani (dalla Promozione alla Terza Categoria) sono stati cancellati. “La salute viene prima di tutto”, hanno commentato i vertici del Consiglio direttivo della LND.


“Se è vietata in Italia – continua nel suo sfogo –, forse sarebbe il caso di mettere urgentemente delle limitazioni anche da noi. La situazione, come ben sapete, è già al limite. Non complichiamola di più per un gioco. Ne va dell’incolumità di tutti”.

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