FEDERALI 2023
Giuseppe Cotti: "Costi della salute, basta con i veti incrociati"
“La condivisione della responsabilità è un passo necessario. Dobbiamo agire presto, prima di trasformarci in un Paese incapace di gestire la salute pubblica, preferendo delegarla a qualche pillola miracolosa in più”
TIPRESS

di Giuseppe Cotti *

Per fare le domande giuste, a volte, bisogna essere disposti a guardare anche i dati meno conosciuti. Per esempio: sapevate che oltre il 50% della popolazione svizzera assume almeno un farmaco a settimana? Parliamo di una persona su due! È un campanello d'allarme evidente, che non possiamo continuare a ignorare – e ci invita a riflettere sul nostro stile di vita.

L'aumento dei premi delle casse malati è uno dei temi più discussi durante questa campagna elettorale. Viene affrontato da diverse angolazioni: dagli stipendi esagerati dei manager, all'opportunità di istituire assicurazione unica, fino alla giusta taratura dei sussidi alle famiglie in difficoltà. Discussioni legittime, doverose, ma purtroppo legate ad aspetti collaterali – e anche se trovassimo soluzioni in questi ambiti, sicuramente importanti, non avremmo fatto altro che appiccicare l’ennesimo cerotto a un sistema che sembra ferito a morte.

Ecco perché dobbiamo osare di più. Le domande che bisogna affrontare tutti insieme sono più profonde, e riguardano anche il rapporto che ognuno di noi ha con la propria salute fisica e mentale. L’uso sempre più smodato di farmaci è solo una conseguenza dell'invecchiamento della popolazione, o ci sono altri fattori in gioco? Fino a che punto stress, sedentarietà e cattive abitudini alimentari incidono sui costi della salute? Esiste una reale educazione sanitaria in
Svizzera, o ci limitiamo a cercare in una pillola la soluzione più rapida ai nostri problemi? Le case farmaceutiche sono interessate a una politica preventiva efficace, o si accontentano di fatturare? E cosa dire dei medici e degli operatori sanitari? Si impegnano per la prescrizione responsabile dei farmaci? Abbiamo bisogno di regole più stringenti per evitare prescrizioni scriteriate? E infine: visto che una riforma ci dovrà essere, più presto che tardi, quale peso daremo alla responsabilità individuale del paziente di gestire bene la propria salute?

Queste sono solo alcune delle domande che dobbiamo avere il coraggio di introdurre nel dibattito, se intendiamo affrontare sul serio la riforma del nostro sistema sanitario. Anche facendolo, però, dobbiamo essere consapevoli che l’esercizio potrebbe non bastare. Il problema è che l’attuale "megamacchina" è tenuta in moto grazie a continue aggiunte di denaro, che ci permettono di evitare (per ora) le vere battaglie – quelle sul catalogo delle prestazioni e quelle, ancora più spinose, di natura etica.

Oggi, semplicemente, spendiamo senza restrizioni e il sistema si espande senza limiti. Inoltre, l'iniezione annua di sussidi per oltre 5 miliardi di franchi, di cui beneficia un terzo della popolazione, tiene temporaneamente a bada le preoccupazioni degli assicurati. È chiarissimo che questa strategia – o, per meglio dire, questa totale assenza di strategia – ha
ormai raggiunto il punto critico in termini di sostenibilità finanziaria. Ciononostante, la discussione politica rimane ostacolata da veti incrociati, e fatica a compiere passi concreti. Tutti parlano di trasparenza, ma pochi sembrano davvero volerla. Tutti dicono di volere mettere la qualità delle cure al centro delle preoccupazioni, ma in realtà i pazienti non hanno una voce influente nel processo decisionale che li riguarda: non hanno nessuna lobby che li difenda. Tutti dicono di volere combattere gli sprechi, ma i farmaci più costosi continuano a essere gettati via in abbondanza, perché l'idea di una distribuzione singola rimane un tabù.

In questo contesto di completa confusione, il Consiglio federale ha la sua dose di colpa. Finora, infatti, il Governo è venuto meno ai suoi compiti strategici: non si è impegnato a condurre una valutazione obiettiva della situazione, libera da qualsiasi pressione esterna, per identificare le migliori soluzioni a lungo termine. Senza questo passo cruciale, sarà impossibile affrontare con successo le sfide attuali e quelle che attendono il nostro sistema sanitario.

I segnali di un’inversione di tendenza, purtroppo, al momento non si vedono: l’impressione è che il Dipartimento e il Consiglio federale navighino a vista, come dimostra per esempio la proposta di ridurre le tariffe per la fisioterapia – un settore già sottofinanziato, marginale nel suo impatto sui costi totali del sistema, e per di più orientato alla prevenzione.

La condivisione della responsabilità è un passo necessario, che inizia dalla presa di coscienza che il tempo a nostra disposizione non è infinito – dobbiamo agire presto, prima di trasformarci in un Paese che è incapace di assumersi la responsabilità di gestire la salute pubblica, e preferisce delegarla a qualche pillola miracolosa in più.

* Vicesindaco di Locarno e candidato al CN per Il Centro

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