FEDERALI 2023
Protezione dati, ecco cosa cambia. Candidati, attenzione!
Quello che c’è da sapere in vista delle prossime elezioni federali per una campagna elettorale rispettosa delle regole con le nuove disposizioni legislative. Ne parliamo con l’avvocato Rosario Imperiali d’Afflitto di Dataism sagl, esperto in materia

LUGANO – Il 1° settembre è entrata in vigore la nuova legge federale sulla protezione dei dati. Il testo legislativo è stato rivisto completamente e non solo parzialmente, come avvenne nel 2009 e 2019. La nuova legge intende assicurare alla popolazione una protezione adeguata e attualizzata dei propri dati personali sulla base delle più recenti evoluzioni tecnologiche e sociali.

Adottata dal Parlamento durante la sessione autunnale del 2020, la Legge comporta anche una serie di obblighi per le imprese. E non solo. Con le elezioni federali in vista, anche partiti e candidati si trovano a fare i conti con questa disciplina.

Data la complessità del tema e l’interesse su vasta scala che esso suscita, abbiamo cercato di far chiarezza interpellando un esperto in protezione dei dati, l’avvocato Rosario Imperiali d’Afflitto, fondatore di Dataism Sagl, società con sede a Lugano che eroga servizi di conformità sul tema. Imperiali è anche autore della prima pubblicazione a commento della nuova legge svizzera, in lingua italiana.

“Inizio col dire che il dato politico è un dato altamente sensibile, e nella scala delle attenzioni relative alla protezione dei dati siamo dunque al vertice – premette Imperiali –. Occorre però distinguere due principali modalità di comunicazione: la promozione politica generalizzata e quella mirata. La prima non coinvolge l’utilizzo di dati personali, cioè, a essa non si applica la nuova legge e può realizzarsi senza condizioni. Essa è assolutamente libera e rientra nel principio costituzionale della partecipazione alla vita democratica. Con questo intendo dire che non occorre, evidentemente, alcuna autorizzazione per promuovere un partito o un candidato attraverso manifesti, inserzioni sui giornali, dibattiti televisivi, banner sui portali di informazione o tramite siti web specifici”.
 
Quando questa attività viene svolta nel web, tuttavia, occorre tener conto dell’effetto dei cosiddetti tracciatori, come i “cookies”. Questi sono frammenti di informazioni sulle operazioni degli utenti che vengono registrate nel software di navigazione (browser) di ciascuno di essi. Questo flusso di dati consente ai siti web di riconoscere i singoli computer e di inviare loro informazioni personalizzate in base alle pagine visitate o ad altre caratteristiche. Perciò, occorre chiedere il consenso degli utenti per tali registrazioni che, in pratica, si raccoglie con quelli che vengono chiamati “disclaimer”.

Soprattutto dopo l’attenzione suscitata dalla nuova legge, aprendo un sito internet svizzero, sarà capitato a tutti di veder comparire questo disclaimer con le opzioni “Accetta tutti” o “Personalizza” riferite ai cookies. In pratica, considerata l’immediatezza delle interazioni tra utente e mondo online, la maggior parte delle persone seleziona “Accetta tutti i cookies”. Scegliendo “accetta tutti” e ritornando al tema delle campagne elettorali, più o meno consapevolmente, l’utente di fatto autorizza il tracciamento delle operazioni effettuate anche in relazione ai propri orientamenti e/o scelte politiche.

Veniamo ora alla propaganda mirata che inevitabilmente si attua mediante l’uso di dati personali. “Se in qualità di candidato – dice l’avvocato Imperiali - promuovo la mia immagine, poniamo, invitando a votare per me i coinquilini del mio palazzo, i miei clienti a livello professionale, gli aderenti a un’associazione di cui sono membro, i partecipanti a un determinato evento di cui posseggo l’indirizzario, o anche un generico gruppo social, e beh, in questo caso devo stare molto attento. Sia che lo faccia con invii tradizionali - per posta, intendo - sia che utilizzi canali di comunicazione elettronica, come Whatsapp, SMS, e-mail. Così facendo sto infatti targhettizzando il mio messaggio e il pubblico che intendo raggiungere. E siccome utilizzo dati personali, per non incorrere in una violazione della legge sulla protezione dei dati, ho bisogno prima di informare questi signori e di raccoglierne il consenso".

Ma cosa è lecito e cosa no in questi casi?

“Qui si passa dal ‘se’ al ‘come’. La propaganda elettorale deve fare i conti con un altro diritto protetto dalla legge, che è quello della protezione dei dati, e quindi bisogna trovare un giusto equilibrio”, spiega Imperiali. E qual è questo equilibrio? La regola generale è semplice. “Posso utilizzare un dato personale informando prima di questo utilizzo il soggetto a cui il dato appartiene e raccogliendone insieme il consenso, cioè, tecnicamente, rispettare i principi di trasparenza e autodeterminazione previsti dalla legge". Poi ci sono eccezioni, per esempio "quando il dato è pubblicamente disponibile a questi fini, penso ai cataloghi elettorali o all’elenco degli iscritti a un partito. Ecco, in casi del genere, i dati sono messi a disposizione (anche) a fini elettorali per cui il candidato li può utilizzare senza consenso per fare una
propaganda mirata. Il problema del giusto equilibrio tra propaganda elettorale e protezione dei
dati si pone dunque soltanto sulle promozioni mirate”.

Nel caso, infine, di informazioni di contatto “acquistate” a pacchetto da fornitori di dati, bisogna
verificare che chi li cede abbia ottenuto il consenso degli interessati: se l’indirizzo è stato acquisito in modo illecito, sarà illecito anche l’utilizzo da parte del candidato acquirente. È questo un tema che riguarda principalmente le aziende che promuovono prodotti e servizi. “Questo valeva anche prima dell’entrata in vigore della nuova legge – conclude l’avvocato Imperiali – ma ora ci sono sanzioni penali più rigorose: se in passato l’incaricato federale per la protezione dei dati riceveva segnalazioni di abusi, mandava una raccomandazione al presunto contravventore, oggi invece può arrivare a inibire la continuazione di un’attività non rispettosa della legge”.

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