FEDERALI 2023
LGBTQIA+ e terzo sesso, "il rovescio della medaglia"
Rita Ceppi-Bettosini: "I figli non appartengono alla scuola. È ora che la politica faccia i compiti e conosca le due facce della medaglia"

*di Rita Ceppi-Bettosini

Occorre acquisire maggiore conoscenza! Conoscenza delle rivendicazioni degli attivisti LGBTQIA+ ma anche delle tante implicazioni psicologiche, sociali politiche e giuridiche che le loro richieste comportano. Non si ottiene la piena conoscenza se ci si limita unicamente alla visione LGBTQIA+ escludendo ideologicamente la vastissima conoscenza dei numerosi medici, chirurghi, psicologi e pedopsichiatri quotidianamente a contatto con il rovescio della medaglia di questa rivoluzione sessuale e culturale. Chi li ascolta?

Chi ascolta tutte quelle giovani persone transgender che si pentono dolorosamente della transizione chirurgica irreversibile a cui si sono sottoposti? Chi ascolta le numerose persone omosessuali che testimoniano che cambiare si può? Chi considera l’alto tasso di suicidi registrati nella popolazione transgender prima e dopo la transizione? Chi ascolta la voce di quei figli che sono stati amorevolmente cresciuti da una coppia di persone omosessuali, ma che oggi, da adulti, deplorano il fatto di essere stati privati – legalmente – della figura paterna o materna?

Perché i media mainstream non concedono spazio a questo rovescio della medaglia? Perché la quasi totalità dei politici ignora QUESTA conoscenza della realtà LGBTQIA+? Guardiamo l’educazione sessuale promossa dall’OMS: è altamente problematica, perché non si limita più alla realtà oggettiva della biologia umana ma veicola un insieme di valori in contrasto con l’orientamento valoriale di tante famiglie. Dalle originarie nozioni relative all’anatomia e alla fisiologia del corpo umano, con particolare attenzione agli organi riproduttivi, al concepimento e all’igiene, impartite negli anni Ottanta, si è passati gradualmente all’insegnamento della contraccezione, del piacere, del diritto all’aborto e dei nuovi diritti sessuali, parallelamente all’introduzione di nuovi concetti come “orientamento sessuale e identità di genere”, seguiti dai neologismi quali omofobia, discorso d’odio e tanti altri. La pressione ideologica della neolingua è fortissima: ora si arriva a consigliare perfino di non pronunciare più le parole mamma e papà, mentre in ambito sanitario comincia a farsi largo il termine “persona incinta”!

In passato le nozioni relative alla sfera sessuale riguardavano le lezioni di Scienze. Col progressivo affermarsi dei nuovi diritti umani-sessuali, supportati dalle teorie di genere sviluppate nelle università di quasi tutto il mondo, l’educazione sessuale originaria viene ora soppiantata da una vera e propria strategia di ingegneria sociale, pervasiva e trasversale a tutte le materie. Con il pretesto del rispetto delle diversità, della prevenzione degli abusi e dei suicidi attribuiti alla discriminazione, si espongono i bambini fin dalla più tenera età a concetti che non hanno nessun riscontro scientifico e che sono fonte di grande confusione e traumi spesso irreversibili, come attestano psicologi e pedopsichiatri di fama internazionale. I manuali
didattici di pedagogia della diversità sessuale non danno alcuna importanza alla famiglia e al diritto educativo dei genitori.

Ma i figli non appartengono alla scuola! Da sempre sostengo che in fatto di educazione né lo Stato né tantomeno l’OMS o le potenti lobby LGBTQIA+ debbano permettersi di imporre a noi genitori e a tutta la società le loro utopie. Raccontare che ci sono bambine con il pene e bambini con la vagina, che anche le donne possono avere la barba e che gli uomini possono partorire, cos’è se non l’espressione di una società che ha perso il contatto con la realtà? Conoscere le due facce della medaglia: è ora che la politica faccia i compiti!

*Candidata al CN per HelvEthica Ticino

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