CRONACA
Va bene combattere i danni della selvaggina, ma i guardiapesca devono tornare sui laghi. E la pesca a reti va ripensata
L'ANALISI - Riflessioni alla fine della stagione della trota. I pescatori dilettanti diminuiscono. I guardiapesca sono scomparsi da Verbano e Ceresio. E molti si chiedono se hanno ancora senso i semiprofessionisti

di Marco Bazzi

Ma c’è ancora qualcuno che sorveglia i laghi? Il Verbano e il Ceresio, per intenderci… La risposta è: sì e no. E più no che sì. Di tanto in tanto, insomma, quando capita, quando c’è tempo.
I guardiacaccia, che sono anche guardiapesca, si stanno infatti sempre più concentrando sul contenimento dei danni provocati dalla selvaggina. In questo periodo sono anche impegnati nel sorvegliare il corretto svolgimento della caccia. E sui laghi si vedono sempre meno.

Intanto, a pochi giorni dalla chiusura della stagione della trota, i pescatori fanno il punto e sollevano alcuni interrogativi. I fiumi han dato poco. La Maggia ormai è considerata morta. Saranno i cormorani, i deflussi minimi o chissà cos’altro… Un po’ meglio sul Ticino e sui laghetti alpini. Sul Ceresio si continua a pescar bene, soprattutto nel golfo di Lugano, che è pieno di luccioperca. E c’è anche chi li pesca in “bandita”. Certo, se non ci sono controlli…

Sul Verbano la pesca sta andando a intermittenza: molti coregoni (quelli non mancano mai) qualche trota lacustre, e pochi persici. Mancano ormai da anni le alborelle – sostituite solo in parte dai gardon - e la scarsità di prede influisce sull’attività dei predatori. La pesca quest’anno è stata condizionata anche dal maltempo, da un’estate che non è mai arrivata.

Intanto i pescatori cosiddetti “dilettanti” continuano a diminuire. Negli ultimi anni se ne sono persi per strada più di mille. Ma l’ultima statistica disponibile è del 2012. E pare che nell’ultimo biennio il dato sia ulteriormente calato. E qui è bene sottolineare che mille pescatori in meno sono 170'000 franchi in meno di incasso per il Cantone. Meno pescatori, meno soldi per la promozione e la tutela della pesca. E meno fondi alle società che si occupano del ripopolamento di laghi e fiumi.

Resistono, invece, i pescatori a rete. I rapporti tra questi ultimi e i “dilettanti” non sono sempre idilliaci. Anzi: in particolare c’è chi si chiede se sia ancora opportuno mantenere la patente per “semiprofessionisti”. Sul Verbano ci sono una dozzina di professionisti e tre o quattro semiprofessionisti. Sul Ceresio il rapporto è inverso: quasi tutte le patenti per le pesca con le reti sono attribuite a semiprofessionisti. Ora, la pesca con le reti ha come evidente obiettivo il commercio del pesce (non certo sfamare famiglie indigenti), che finisce in buona parte sul mercato di oltre Gottardo: coregoni, persici e trote in particolare.

Si dice che, al di là degli sforzi e dei sacrifici che richiede – uscire sul lago la sera, posare le reti e recuperarle prima dell’alba -, la pesca con le reti sia un’attività redditizia perché le reti di nuova generazione sono molto performanti. Ogni barca, nei periodi buoni, può portare a casa tra i 50 e i 100 chili di pesce a notte. Rapido calcolo: mettendo che una volta filettato il peso del pescato si riduca della metà, e che i filetti vengano venduti a 15 franchi al chilo, abbiamo un ricavato tra i 400 e gli 800 franchi.

Chiaro: non ogni giorno. Ma se questo va bene per chi ha un commercio ufficiale, ha molto meno senso per chi non ce l’ha e magari vende il pesce sotto banco (in nero). Va anche detto che i pescatori a rete non sono tenuti a compilare la statistica delle catture prima di scendere dalla barca, ma possono farlo in laboratorio, dove nessun guardiapesca può eventualmente controllare la corrispondenza tra pescato e dichiarato.
Alcuni pescatori dilettanti si sentono dunque un po’ discriminati. Prendiamo un altro punto: il 26 settembre chiude la pesca alla trota, anche sui laghi. Ma le trote, che in questo periodo stanno migrando verso le foci dei fiumi (in particolare del Ticino) per riprodursi, finiranno inevitabilmente nelle cosiddette reti volanti – che si muovono sul lago seguendo le correnti -, sbarramenti lunghi un chilometro e mezzo che catturano tutto quel che passa. I pescatori posano le reti per prendere i coregoni, ma nelle reti ci restano anche le trote. Per legge il pesce catturato con le reti in periodo di divieto (o sottomisura) dovrebbe essere destinato al consumo personale. Ma siamo certi di non sbagliare se affermiamo che anche quello finisce sul mercato.

Non parliamo poi di chi mette le reti nelle zone di bandita o senza rispettare le distanze dalle rive… Per concludere, torniamo al punto di partenza. Va bene che bisogna proteggere gli agricoltori dalla selvaggina “cattiva”, ma l’Ufficio caccia e pesca deve tornare a dedicare un minimo di risorse e di attenzione anche ai laghi.
Non si può multare un dilettante beccato con una trota sotto misura su un torrente o su un laghetto e non avere un controllo sulla pesca sui laghi. È una questione di parità di trattamento. Altrimenti si liberalizzi tutto, si evitino continui inasprimenti dei limiti per i pescatori dilettanti (ardiglioni e via dicendo) e… ma sì, si aboliscano anche i guardiapesca.

 

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