La rettifica del direttore del CdT: "l rammarico è grande, pari al rispetto che abbiamo verso i nostri lettori e verso la verità dei fatti. Il giornalista, che si è firmato con uno pseudonimo, ha agito in buonafede. Quando qualcosa va storto occorre l'onestà di ammetterlo"
Un servizio che raccontava di un documento top secret della polizia criminale tedesca. Più precisamente, spiega Pontiggia, “in quel servizio si dava conto di direttive interne in merito al modo di fornire informazioni al pubblico su attentati di matrice jihadista in Germania nell’anno elettorale. La preoccupazione di «evitare di diffondere allarmismi nella popolazione cercando, nel limite del possibile, di non ingigantire i pericoli» fa parte senz’altro delle linee guida indicate nel servizio, ma non «a costo di presentare una versione dei fatti diversa dalla realtà». Il documento oggetto del servizio, che conteneva questa tesi, non ha infatti retto alle ulteriori verifiche di autenticità”.
In rete in questi giorni si era discusso molto sulla fondatezza del servizio pubblicato dal Corriere. E si attendeva la presa di posizione del Corriere: “Non è piacevole - scrive oggi Pontinia - dover rimettere in discussione un servizio giornalistico realizzato con impegno e passione, in ore di ricerca e di lavoro non privo di qualche rischio. Ma quando, confrontati con critiche e obiezioni che si dimostrano fondate, la realtà ci dice che qualcosa è andato storto, occorre l’onestà di farlo”.
Il direttore rivela anche che il pezzo è stato realizzato “da un nostro giornalista che, per comprensibili motivi di sicurezza, si è firmato con lo pseudonimo di Stefan Müller”. Giornalista, sottolinea Pontiggia, che ha agito in totale buonafede: “Le sue due distinte fonti nella polizia germanica, sempre rivelatesi affidabili in precedenza, per ragioni che ci è difficile individuare lo hanno raggirato in questo caso”.
Pontiggia promette infine che “le procedure adottate in questa circostanza sono state e saranno ancora oggetto di un esame fortemente critico per dare più efficacia al controllo di credibilità”.
“Il rammarico è grande, pari al rispetto che abbiamo verso i nostri lettori – e verso la verità dei fatti – riconoscendo l’errore”, la chiosa finale del direttore del Corriere.