Aver rimontato non regala la Coppa: era una partita che partiva da 0-0. La troppa carica ha forse giocato contro il Lugano. Ma guai a disperdere quanto fatto di buono...
I bianconeri hanno saputo tirar fuori qualcosa in più, andando contro ogni avversità: quella forza deve diventare il comune denominatore per ogni partita, anche quando si sarà al completo, così si potrà puntare al titolo. E anche la Resega deve dare una prova di maturità dopo la sbornia di entusiasmo
Vicky Mantegazza parla del dio dell’hocky perché in questi casi, in effetti, non c’è niente da dire. Il Lugano ha perso una partita, quella decisiva, quella che fa più male, e mentre Merzlinkins come due anni fa è inconsolabile in lacrime, Pestoni, cresciuto nell’Ambrì, solleva la Coppa.
C’è amarezza, non può essere altrimenti. Se due anni fa era stato un po’ un caso arrivare a giocarsi la finale, quest’anno questo Lugano aveva tutte le carte in regola. Greg Ireland ha saputo dare un’identità, avendo il coraggio di escludere anche qualche big quando serviva, di puntare sui giovani, di creare un vero gruppo, dove tutti erano leader e tutti aiutavano tutti e venivano aiutati. C’erano le premesse, in fondo nessuno si è mai detto sconfitto neppure dopo essere finiti sotto per 3-1 nella serie. E una volta rimontato, la fiducia era al massimo, mentre lo Zurigo era a terra. Forse si è giocato troppo su questa chiave: l’emotività, con una Città che si è mobilitata, sino a fare follie per avere dei biglietti, dava ormai vincitore il Lugano, convinti che gli avversari fossero ormai al tappeto, dopo aver mancato delle occasioni per chiudere la serie.
E invece, era una partita, dove sì la forza mentale giocava un ruolo particolare, ma in fondo sempre una partita. Da dove si partiva da 0-0, sia che tu abbia rimontato la serie sia che tu sia stato rimontato. Forse il Lugano ha sottovalutato ciò, forse la carica emotiva era troppa, forse semplicemente la stanchezza ha avuto la meglio, o ancora, doveva andare così. Non sempre ci sono dei motivi per cui una partita viene giocata meno bene di altre. Subisci un gol, a quasi metà primo tempo, incassi il secondo ma viene annullato, e fatichi a reagire. Lo fai nel terzo tempo, quando il tempo stringe, e la beffa vuole che la parata del secolo la faccia il portiere avversario.
Il Lugano effettivamente ha giocato meno bene. Non ha messo meno cuore, non si può dire ciò. Però non ha mostrato di poter essere realmente insidioso, e lo Zurigo, da squadra matura che aveva eliminato le più forti, ha saputo gestire il vantaggio, soffrendo ma colpendo poi al momento giusto, nel finale, per chiudere.
Piange, il Lugano. Esce a testa alta, per quanto questo possa contare. Senza la Coppa. Colpiscono le parole di tanti giocatori intervistati nel finale: pensiamo all’anno prossimo, questo campionato è perso ma c’è ancora il prossimo. Maturità? Probabilmente consapevolezza nelle proprie forze. Nelle ultime partite, complice la grande rimonta, che non può non coinvolgere, il pubblico si è fuso in una simbiosi con la sua squadra. Il timore è che la sconfitta possa intaccarlo. Se si fosse vinto, la Resega sarebbe ripartita carica a mille, l’anno prossimo, da campioni svizzeri, pronti a ripetersi. Ora si chiude fra gli applausi, ma sono applausi amari: è mancato qualcosa, una partita.
Ci si augura che l’entusiasmo non venga disperso. Farebbe male al Lugano, rischierebbe di vanificare quanto fatto sin qui. La società stessa, che elogia Ireland, deve proseguire su questa strada, senza farsi attrarre da sirene che vogliono cambiare il progetto. Dopo la finale persa col Berna, c’era stata un’annata in chiaro-scuro. Ora non ci deve essere, i bianconeri devono subito puntare in alto. Merzlinkins ha detto che è stufo di secondi posti, non ha voluto indossare la medaglia, ha promesso, piangendo, che porterà la Coppa. È una promessa a tutto il popolo del Lugano, che adesso è chiamato alla vera prova di maturità: rinsaldarsi ancor di più dopo la sconfitta, non solo in questi giorni, non solo alla festa che si terrà lunedì, ma in vista della prossima stagione.
Consapevole delle proprie forze, il Lugano non dovrà arrivare sotto 3-1 nella serie finale per avere il click. Mettere sul ghiaccio il cuore è qualcosa di incredibile, ma andrà fatto unito a più testa. C’è da dire che gli infortuni e le avversità hanno caricato il gruppo, che ha saputo dare quel qualcosa in più.
Dai prossimi mesi, servirà anche senza ritrovarsi con i giocatori chiave fuori, per esempio. I ragazzi di Ireland devono dare quell’1% in più che ha fatto la differenza, sino a ieri sera, in tutte le sfide, anche quando sono a ranghi completi. La forza non deve venir fuori solamente nelle avversità, come nei migliori libri, ma sempre. I bianconeri hanno mostrato di averla. Devono ricordarsene, e portarla con loro. Così potranno vincere il prossimo titolo, o almeno andare a giocarselo. Altrimenti, la serata di ieri sera, le lacrime e l’amarezza, andranno sprecate.