Tragedia in Vallese, "col whiteout non riesci a vedere i tuoi piedi, impossibile arrivare al rifugio". Quando un impegno di studio ti salva la vita
Il grande alpinista Reinhold Messner parla di quanto accaduto, "la montagna è sempre pericolosa, molto più grande di noi, non è né buona né cattiva, ma va considerata e rispettata". Il figlio di una delle vittime doveva partire. "L'avevo sentito il sabato, il giorno dopo non avrebbe avuto il wi-fi". Poi il dramma
LECCO – La tragedia sulle Alpi Vallesane fa ancora discutere. Rimangono il profondo cordoglio per delle morti assurde, a pochi metri dal rifugio. La guida Mario Castiglioni, deceduto assieme alla moglie Kalina, viveva in Valle di Muggio.
È stato provato che non aveva affatto abbandonato il gruppo, anzi da buona guida è rimasto con loro fino alla fine. È stato purtroppo il primo a perdere la vita, forse cadendo in un crepaccio, come avrebbe detto un odei sopravvissuti, per andare a cercare aiuto. A causare la tragedia il witheout, una sorta di nebbia di neve e vento, gelido e fortissimo, capace di togliere visibilità. “Se metti una mano sul viso la vedi, ma i tuoi piedi non li vedi”, ha detto l’alpinista Messner a La Gazzetta dello Sport. “Basta essere a 100 metri dal rifugio ed è impossibile vederlo”.
Come è successo allo sfortunato gruppo di Castiglioni.
Reinhold Messner, come commento, ha affermato come “la montagna è sempre pericolosa, anche se si crede che vestiti, scarpe e gps ci rendano sicuri. Lo fanno se puoi arrivare al riparo, se ti fermi non sono di aiuto. La montagna è sempre molto più grande di noi, non è buona o cattiva, ma va considerata. E rispettata. Una differenza piccola può cambiare di molto le cose”.
Nella tragedia, c’è una buona notizia: un giovane, figlio di una delle vittime, si è salvato dato che non è potuto partire, per impegni di studio. Una vita risparmiata, assieme a quella dell’alpinista che, commuovendo tutti, ha raccontato di essersi salvato pensando ai propri cari.
Il ragazzo di cui si parla ha 22 anni, si chiama Lorenzo Grigioni, ed è il figlio di Andrea, infermiere di Lurate Caccivio.
“Papà era partito il 25 aprile e sarebbe dovuto tornare il primo maggio – racconta il figlio – Era un percorso a tappe, quella in cui sono stati sorpresi dalla tormenta era la penultima. C’eravamo sentiti sabato. Mi aveva mandato delle fotografie, poi ha detto che non ci saremmo sentiti l’indomani perché non c’era il Wi-fi e che avremmo ripreso i contatti appena fosse stato possibile”, ha raccontato commosso Lorenzo a La Provincia di Como.
Poi, la notizia della tragedia. “È stata una fatalità. C’era tanto vento alla fine della giornata che non si poteva vedere a due metri, ma Mario era sulla strada giusta perché si trovava a circa un centinaio di metri dal rifugio Vignettes”.