CRONACA
Fallimento GdP, il vescovo Valerio Lazzeri risponde alla direzione: "Sono sempre stati a conoscenza di tutto, ma hanno minimizzato la questione"
"Prima della chiusura – dice l'editore – siamo arrivati a 7mila abbonati con una perdita prevedibile di un centinaio all'anno. La chiusura era inevitabile, anche con un piano sociale il destino del giornale era questo. Si sarebbe solo rimandato il problema..."
MASSAGNO – "Il pensiero dei dipendenti rimasti senza lavoro non mi fa dormire la notte". È con queste parole che il vescovo mons.Valerio Lazzeri apre la sua intervista al Corriere del Ticino.

All'indomani del decreto di fallimento, il vescovo di Lugano ed editore del Giornale del Popolo ammette di "sentirsi male" per la chiusura del quotidiano. E spiega i motivi: “"Si è voluto dare di me l'immagine del manager freddo e senza pietà, ma penso di aver compiuto il mio dovere… il giornale era diventato come la corazza del re Saul".

Nell'intervista al Corriere del Ticino, il vescovo risponde anche alla direzione del GdP che ieri, attraverso un comunicato stampa, ha espresso la propria perplessità per come è stata gestita la situazione delicata dalla Curia.

" La direzione è stata informata in ogni fase. Costantemente. Detto, ridetto e scritto. Sempre minimizzata da parte loro, perché tanto qualche donatore arriverà, la diocesi ci penserà, in fondo si è sempre trovata una soluzione. La si troverà ancora. Questo è il discorso, pio ma ingannevole, che è stato perlopiù mantenuto nel tempo, perfino dopo l’avvio della procedura di fallimento...".

Ma non si sarebbe potuto intervenire prima? Magari con un ridimensionamento? "Varie ristrutturazioni sono state fatte. Importanti, ma non sufficienti. Il personale continuava a essere un punto cruciale. Mi si diceva: come fare un giornale completo con meno gente? Non è più la stessa cosa, non è più il GdP, perderemo lettori. E d’altra parte dicevo: se li lasciamo a casa ora abbiamo ancora la possibilità di fare per loro un piano sociale, di arrivare in condizioni meno drammatiche di una chiusura forzata per mancanza di liquidità… Di fatto bisogna ora riconoscere che le mie preoccupazioni erano più che fondate! Altro che fulmine a ciel sereno, come si è detto!"

"Prima della chiusura – continua il vescovo – siamo arrivati a 7mila abbonati con una perdita prevedibile di un centinaio all'anno. La chiusura era inevitabile, anche con un piano sociale il destino del GdP era questo. Si sarebbe solo rimandato il problema senza affrontare la questione".
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