Il 62enne ticinese ci racconta come è nata l'occasione di mettere nero su bianco la sua ultima avventura. "Mi chiedevano se fossi pazzo. La verità è che..."
LUGANO – Al giorno d’oggi, nell’era di internet e dei social network, si chiamano ‘travel blogger’ ma non tutti amano definirsi così. È il caso di Malù Cortesi che di viaggi e racconti sui social se ne intende, ma non provate ad etichettarlo così. Il 62enne ticinese ha viaggiato in lungo e in largo l’Europa. Lo ha fatto per una dozzina d’ anni: da Santiago a Gibilterra passando per Instanbul, San Pietroburgo, l’Italia, la Grecia e tante altre Nazioni ancora. Da dodici anni “ogni mese di luglio parto per un viaggio alla scoperta di nuovi luoghi, nuove culture e modi di vivere”, racconta a Liberatv.
“Prima viaggiavo con un amico. Adesso, a causa dei suoi impegni lavorativi, viaggio da solo. Il mio sogno è sempre stata la Transiberiana, ma farla da solo era realmente complesso. Per l’ultimo viaggio, che devo naturalmente dividere in più tappe, ho optato per la Via della Seta, dal nord-est dell’Europa fino alla Cina, che ho intenzione di visitare tutta in una volta quando sarò in pensione”.
Lo scorso luglio, Cortesi ha intrapreso un nuovo viaggio. Un viaggio che da Baku l’ha portato fino a Shiraz, in Iran. Oltre 2100 chilometri percorsi. Tutti in sella a una bici, perché è questa una delle peculiarità dei viaggi di Cortesi. “La bicicletta mi permette di vivere le strade, che è lo scopo principale dei miei viaggi”. I luoghi visitati, le esperienze vissute, gli scatti più belli dell’ennesimo viaggio indimenticabile sono racchiusi in ‘Un filo d’Iran’, il libro che Cortesi ha scritto per Salvioni Edizioni e che sarà presentato domani nel Convento delle Agostiniane a Monte Carasso e settimana prossima nell’aula magna della Spai di Locarno.
“Sono molto fiero di aver scritto questo libro. Ho regolarmente pubblicato i miei appunti di viaggio su Facebook negli anni. Lo facevo con un obiettivo ben preciso. Quale? Ho un cane che durante il mio mese di assenza veniva curato da una persona disabile , che desideravo ‘far viaggiare’ attraverso i miei racconti e le fotografie. Essendo pubblici, i racconti hanno suscitato sempre più interesse in altre persone. Così da cosa nasce cosa e sono arrivato a scrivere un libro”.
“Un filo d’Iran è un libro che racconta un Paese straordinario, magnifico, ben distante dai classici luoghi comuni. Racconta persone umili, accoglienti e disponibili. Virtù che, forse, noi ticinesi abbiamo un po’ dimenticato nel corso degli anni. Mi sono ritrovato a viaggiare senza aver programmato nulla, senza sapere la lingua, a dovermi arrangiare per chiedere da mangiare, un posto in cui dormire e lavarmi. Perché questo, a mio avviso, è il vero senso del viaggiare. Non so cosa sia il mal d’Africa, ma posso assicurare che esiste anche il mal d’Iran”.
“Prima di partire – ci spiega – in tanti mi chiedevano se fossi pazzo ad andare in Iran. “Lì ti sparano”, mi dicevano. Eppure io non mai avvertito un senso di paura o di pericolo. Non voglio entrare in discorsi politici, ma penso che tanti Paesi europei siano seriamente più pericolosi dal punto di vista della criminalità. Mia madre mi diceva sempre che si ha paura dell’orso finché non lo vedi dal vivo. Ecco, io non solo l’ho visto, ma l’ho preso in braccio, accarezzato e fatto mio. Abbiamo ancora tanto da imparare da loro".
Il ricavato delle vendite di Un filo d’Iran sarà devoluto in beneficenza a due associazioni tanto care all’autore. “Alla Fondazione Elisa che negli anni della malattia di mia figlia mi ha aiutato parecchio e alla Corsa della Speranza che sensibilizza la popolazione sulle malattie tumorali e raccoglie fondi in favore della lotta contro il cancro. Ecco, sentire di poter dare loro qualcosa indietro mi ripaga dei tanti sforzi fatti”.
“Inoltre – conclude Malù –, vorrei sottolineare che senza Daniela Ambrosoli e la sua Pierino Ambrosoli Foundation – che ha finanziato la pubblicazione del libro – ‘Un filo d’Iran’ non avrebbe mai visto la luce”.