CRONACA
Il giallo dell'ex capo dei guardiacaccia e della capriola allattante. Lui: "Respingo l'accusa. Parlerò davanti al giudice"
È accusato di aver alterato le mammelle dell'animale con lo scopo di occultare il fatto che fosse in fase di allattamento. Ma la vicenda ha diversi aspetti poco verosimili. Ecco quali
TiPress/Carlo Reguzzi

di Marco Bazzi

BELLINZONA - “Respingo l’accusa. Per il resto non ho altro da dire. Parlerò davanti al giudice”.

Poche parole, ma una posizione chiara, senza mezzi termini. Una posizione, quella dell’ex capo dei guardiacaccia, Venanzio Terribilini, che starà al giudice Marco Kraushaar chiarire al processo che si svolgerà settimana prossima a Bellinzona. L’udienza è fissata venerdì 7 maggio alla Pretura penale.

 

Per la prima volta, Terribilini, rappresentato dall’avvocato Giacomo Garzoli, si troverà dalla parte dell’accusato. Lui, che di processi a cacciatori, nella sua lunga carriera in divisa, ne ha visti tanti.

 

Ma qual è l’accusa? LaRegione ha riferito oggi del caso, accaduto nel settembre scorso nei boschi di Vergeletto, in Valle Onsernone.

 

In sostanza, Terribilini avrebbe manipolato, o alterato, le mammelle di una capriola, con lo scopo di occultare il fatto che fosse in fase di allattamento.

Non parliamo assolutamente di un atto di bracconaggio. Ma, comunque, di un caso che rientra tra le violazioni gravi della Legge sulla caccia.

 

Uccidere una femmina allattante è rigorosamente vietato. Anche se può capitare, ed è capitato a molti cacciatori. Ecco perché, in caso di errore, la legge prevede la formula dell’autodenuncia, che si conclude generalmente senza sanzioni: il cacciatore “paga” l’animale versando al Cantone un risarcimento di 150 franchi. E il caso si chiude.

 

Ci sono però dei casi in cui non è facile stabilire se la femmina abbattuta avesse ancora il piccolo (in genere uno, al massimo due). Infatti, molti cuccioli muoiono, per cause diverse, prima di terminare lo svezzamento.

 

Proprio qui sta il punto, nel caso in questione: stabilire se la capriola fosse o non fosse in fase di allattamento. E il caso di Terribilini assume i contorni di un giallo.

 

Abbiamo cercato di ricostruire i fatti, che sarà comunque l’udienza in Pretura a chiarire.

Siamo, come detto, in settembre, in piena stagione di caccia. Venanzio Terribilini uccide la capriola e la “marca” sulla patente, senza indicare che si tratta di una femmina allattante. Perché lui ritiene che non lo sia. Questa è la sua versione. La sua tesi, che conferma anche oggi.

 

Poco dopo viene controllato dai guardiacaccia, che hanno un parere diverso: l’animale era in fase di allattamento. Invitano dunque il loro ex capo a risolvere il problema al posto di controllo della selvaggina, dove Terribilini si reca il giorno successivo. Anche lì contesta il fatto che la capriola fosse allattante e chiede, lui stesso, che sia eseguita una perizia.

 

L’esame dell’organo ghiandolare, effettuato da un laboratorio specializzato, stabilisce che vi è stata un’alterazione delle mammelle, nelle quali sarebbe stato iniettato dell’acetone. Non solo: i capezzoli sarebbero anche stati cauterizzati per impedire la fuoriuscita di latte.

 

Da qui l’accusa rivolta a Terribilini di aver cercato di occultare la verità. E la relativa sanzione emessa dal Dipartimento del Territorio: 1'300 franchi tra multa e risarcimento, oltre alla privazione della patente di caccia per un anno.

Un decreto d’accusa che Terribilini decide di contestare. Così, il caso passa alla Pretura penale.

 

Orbene, fatta salva la presunzione di innocenza, tutto può essere, e la cronaca ci ha insegnato a non stupirci di nulla. Ma vien da chiedersi come un ex guardiacaccia e cacciatore con l’esperienza di Terribilini possa aver pensato di farla franca adottando un trucchetto - l’alterazione delle mammelle - che tante volte ha visto smascherare quando si trovava dall’altra parte della barricata.

 

Avrebbe anche potuto mantenere la sua posizione iniziale – contestando dunque la tesi dei guardiacaccia – ma accettare di chiudere il caso senza problemi al posto di controllo. Pagando, cioè, il risarcimento previsto dalla legge ed evitando pesanti sanzioni, come la multa e, soprattutto, il ritiro della patente.

 

E proprio qui sta l’aspetto poco verosimile della vicenda: perché rischiare di inguaiarsi, in un caso che non avrebbe avuto alcuna conseguenza rilevante? Forse per puntiglio? Ma anche se fosse, perché, in seconda battuta, non accettare la sanzione del Dipartimento? Terribilini avrebbe potuto ingoiare il rospo, pagare la multa, astenersi per un anno dalla caccia, ma avrebbe evitato che, finendo in Pretura, il caso assumesse una dimensione pubblica. Con le relative conseguenze poco simpatiche, soprattutto per uno come lui che, quando indossava la divisa, di nemici se n'è fatti tanti.

 

D’altra parte, le analisi di laboratorio hanno accertato una manipolazione delle mammelle della capriola abbattuta. Come leggere questo fatto? Difficile credere a un errore in sede di perizia. Anche se tutto è possibile...

Quindi? Certo, sempre sulla linea del "tutto è possibile", si potrebbe ipotizzare una sorta di complotto nei confronti dell’ex capo dei guardiacaccia. Qualcuno avrebbe alterato le ghiandole mammarie della capriola prima di inviare il reperto al laboratorio per metterlo con le spalle al muro.

 

Insomma, comunque la si guardi, questa vicenda ha, da una parte e dall’altra, aspetti poco verosimili. Ecco perché, in attesa del processo del 7 maggio, non resta che parlare di “giallo”.

 

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