La professoressa, allora attiva alle Medie di Mendrisio, aveva fatto scalpore con "Noi. Racconti a due voci tra Italia e Canton Ticino", finendo nel mirino della critica anche per come insegnava. Ora presentta "Il Museo degli amori perduti"
MENDRISIO - Due anni fa con "Noi. Racconti a due voci tra Italia e Canton Ticino", scritto assieme a Marco Jeitziner, la professoressa di tedesco Valentina Giuliani era finita nell'occhio della critica. Il libro stesso aveva fatto discutere, come sempre quando si parla di tematiche inerenti alla vita di frontiera e diverse persone non avevano apprezzato il fatto di essersi riconosciute nei personaggi.
Non finì qui: si parlò molto dei metodi di insegnamento di Giuliani, con scontri e prese di posizione accesi, tempo dopo lasciò anche le medie di Mendrisio dove lavorava.
Ora la scrittrice torna nelle librerie con un romanzo, e la domanda che nasce spontanea è: non ha paura a esporsi, magari di veder crollare di nuovo il castello di carte, al di là della qualità del libro (non ancora letto, ndr)? La passione per la scrittura è più forte? Lei non ha voluto prendere posizione, dicendo che il quesito non era pertinente. Ma ha parlato della sua nuova opera (ed anche della precedente).
Ci parla sinteticamente del suo nuovo libro Il Museo degli amori perduti presentato in anteprima al Longlake festival di Lugano e oggetto di un recente incontro a La Filanda di Mendrisio?
"È un libro che prende spunto e ispirazione dal Museum of broken relationships di Zagabria, museo voluto da una coppia di artisti e amanti che, dopo aver interrotto la loro relazione, decide di creare un luogo per conservare i doni degli innamorati. Il museo, con i suoi cimeli e reperti del cuore, mi è sembrato la cornice ideale per legare questi racconti, ciascuno dei quali introdotto da una illustrazione dell’artista zurighese Barbara Fässler, con oggetti che velano e svelano l’essenza della storia, la simbolizzano nel suo inizio e nella sua fine".
Il suo libro d’esordio era stato dedicato alle differenze tra Italia e Svizzera, facendo discutere parecchio. Quanto è cresciuta e cambiata la sua scrittura da allora? Che punti in comune ci sono?
"Il mio primo libro di varia edito in Svizzera, perché in realtà sono un’autrice molto prolifica con all’attivo diversi manuali per la scuola pubblicati da editori tedeschi e italiani: Hueber Verlag, Eli/La Spiga, Loescher e Langenscheidt per citarne solo alcuni. È un testo scritto a due mani con Marco Jeitziner che tratta non tanto le differenze tra Italia e Svizzera quanto il modo di vedere l’Italia e il Ticino da prospettive diverse e complementari: quella di un’italiana frontaliera e quella di un giornalista svizzero, Marco Jeitziner stesso, frequentatore assiduo del Belpaese. Noi. Racconti a due voci tra Italia e Canton Ticino ha avuto un incredibile eco in Svizzera mentre è passato quasi inosservato in Italia. Dopo una accoglienza felice nelle testate di “La Regione”, “L’Informatore”, “Il Corriere del Ticino”, “La Turrita”, le interviste per Teleticino e la RSI, il premio Faigirarelacultura2017, è stato oggetto di critiche da parte di una certa politica prima delle elezioni cantonali. La mia scrittura non è cambiata, spero sia cresciuta in intensità, precisione, profondità. Ciò che accomuna i due libri è la forma del racconto breve".
Qualcuno si era lamentato di essere stato inserito nel libro. I personaggi de Il Museo degli amori perduti sono di fantasia o ispirati a persone reali?
"Rispondo citando una scrittrice a me cara, Amy Hempel, che, in una recente intervista, spiegava: “Mi interessa la verità di un personaggio, non la mia. Se inizio una storia basata su qualcosa che è realmente accaduto, tutto si sposta inevitabilmente in un altro posto, lontano dalla mia esperienza. L’esperienza personale cambia sempre per assecondare la storia. Deve essere solo il punto di partenza. Uno scrittore deve sapere quando la storia smette di appartenergli e diventa il racconto vero e proprio.” Il vissuto è certamente il punto di partenza di una storia ma poi il racconto prende altre vie, a volte del tutto inaspettate e molto lontane dall’intento iniziale. Senza una motivazione viscerale, frutto di una esperienza personale, la scrittura rischia di tradursi in un mero esercizio estetico. I personaggi che animano le mie storie sono un insieme di reale e immaginato, di vissuto e rielaborato letterariamente, di concretezza e fantasia. La differenza tra Noi e il Museo degli amori perduti sta nell’approccio ironico dei racconti transfrontalieri rispetto allo sguardo più distaccato e neutrale nelle storie degli amori perduti".
Come è cambiata la sua vita dal primo libro, che cosa fa ora Valentina Giuliani?
"È cambiata moltissimo. Dopo la notorietà è arrivato anche l’amore. Per il resto insegno sempre tedesco alle scuole medie, scrivo, traduco e faccio tanto sport".