La procuratrice Pamela Pedretti solleva i problemi legati alla sentenza federale. Il presidente dei medici Franco Denti spiega i motivi del suo ricorso a tutela del segreto
LUGANO – Martedì a Matrioska si è parlato di femminicidio (guarda la puntata) prendendo spunto dal tentato assassinio di Solduno, dove una 22enne è stata vittima della furia del suo ex compagno ventenne, che le ha sparato con un fucile di grosso calibro. La giovane è sopravvissuta per miracolo, e questo ennesimo delitto ingrossa l’allarmante statistica federale: negli ultimi dieci mesi in Svizzera si sono registrati 25 femminicidi, 4 soltanto in ottobre. La grande sfida per le istituzioni, politiche e giudiziarie, è individuare a adottare strumenti efficaci contro questo fenomeno. Ma è difficile, se non impossibile, prevedere quali conflitti relazionali potrebbero sfociare in violenza o fatti di sangue.
Oltre alla prevenzione e all’informazione, che sono sacrosante, esistono misure coercitive, come il divieto di avvicinamento, che può essere ordinato da un giudice nei confronti di uomini minacciosi. Da gennaio si potrà inoltre controllare i potenziali criminali obbligandoli a portare un braccialetto elettronico.
Il passo successivo, che però non può attendere i tempi lunghi della politica, è quello di dotare le potenziali vittime di un sistema di allarme collegato con la centrale di polizia, sul modello di quanto hanno fatto nazioni come la Spagna e la Francia.
C’è poi (o meglio c’era) un altro strumento per prevenire eventi tragici al primo campanello d’allarme: l’obbligo per medici e operatori sanitari di segnalare all’autorità penale casi di sospetta violenza all’interno di coppie o famiglie. Nel corso del dibattito televisivo, la procuratrice pubblica Pamela Pedretti ha messo l’accento proprio su questo tema.
Dicevamo che questo strumento c’era. “Ma è venuto meno in seguito a una sentenza federale – ha spiegato Pedretti – e ora gli ospedali segnalano soltanto le morti sospette. Quindi, un’importante casistica non verrà più a nostra conoscenza. L’anno scorso le segnalazioni giunte dalle strutture sanitarie sono state un centinaio e ora rischiamo di perderne parecchie”.
La sentenza federale ha stabilito, in sostanza, che il segreto medico ha priorità sull’obbligo di segnalazione.
Che fare, dunque? La procuratrice pubblica ha indicato due vie: invitare i medici a chiedere alle pazienti vittime di violenza domestica di essere svincolati dal segreto in presenza di casi che potrebbero sfociare in delitti, e convincere la popolazione che il femminicidio è un fenomeno che tocca l’intera società. Un invito, insomma, a vicini di casa o conoscenti, a non chiudere gli occhi.
Ma perché l’obbligo di segnalazione da parte del personale sanitario è venuto meno? Lo abbiamo chiesto al dottor Franco Denti, presidente dell’Ordine dei Medici (OMCT) che, oltre ad essere uno degli autori del ricorso che ha portato alla sentenza federale, fa parte del gruppo di lavoro interdisciplinare che sta cercando una soluzione al problema.
“Nel dicembre del 2017 – spiega il presidente dell’Ordine - il Parlamento ticinese decise di inasprire ulteriormente l’obbligo di segnalazione degli operatori sanitari in Ticino per i reati contro l’integrità fisica di cui venivano a conoscenza nell’ambito professionale, inserendo un termine di 30 giorni per procedere alla segnalazione. L’OMCT si oppose con convinzione in Parlamento, tramite la mia persona, per evitare un simile attacco al segreto medico, ma anche per rimettere in discussione la disposizione legale sull’obbligo di segnalazione previsto dalla Legge sanitaria, in vigore da più di 60 anni e ulteriormente inasprita con la revisione del 1989 e del 2017. Ricordo che il dibattito parlamentare si protrasse per ben tre ore ed io mi battei con argomenti solidi e tanta motivazione. Purtroppo, senza ottenere ragione, vista anche la determinazione del Dipartimento della Sanità, allora diretto dal ministro Paolo Beltraminelli, nel difendere il progetto in votazione”.
Per nulla soddisfatto dell’esito Parlamentare, assieme ad alcuni colleghi, liberi professionisti - due psichiatri e un pediatra – Denti ricorsa al Tribunale federale contro le disposizioni cantonali che sanciscono l’obbligo di segnalazione dei medici, ritenendole lesive del segreto professionale. E con sentenza del 18 marzo scorso i giudici gli hanno dato ragione, stabilendo che l’obbligo di segnalazione previsto dall’articolo 68 della Legge sanitaria cantonale è contrario al diritto federale poiché viola il segreto professionale medico previsto dall’articolo 321 del Codice penale e va quindi annullato.
L’articolo cassato dal Tribunale federale obbligava medici ed operatori sanitari a informare l’autorità penale di ogni caso di “malattia, lesione o di morte per causa certa o sospetta di reato venuto a conoscenza in relazione con la propria funzione o professione”.
L’Alta Corte ha ritenuto che “un obbligo così esteso potrebbe indurre i pazienti bisognosi di cure a non rivolgersi al medico, rinunciando all’assistenza sanitaria, oppure a sottacere informazioni importanti affinché il medico possa stabilire una terapia adeguata” e svuota della sua sostanza il segreto professionale. Il Tribunale federale ha così ristretto il margine di manovra dei Cantoni nel prevedere eccezioni al segreto professionale, indicando che gli obblighi di segnalazione alle autorità “devono essere circoscritti a situazioni chiaramente delimitate in cui il legislatore ha identificato un interesse superiore prevalente rispetto alla protezione del segreto professionale” e limitati ai casi di “morte per causa certa o sospetta di reato”, in conformità con il Codice di procedura penale federale.
“Si tratta di una sentenza fondamentale e storica – aggiunge Denti - che restituisce valore al segreto medico, riconoscendolo come un istituto giuridico importante del diritto federale e un tassello fondamentale del rapporto di fiducia medico-paziente. E che chiarisce una volta per tutte, cito la sentenza, che il rispetto dell’obbligo di confidenzialità costituisce la regola, mentre la liberazione dal segreto professionale in un modo diverso dall’accordo del paziente rappresenta l’eccezione. Nei casi in cui l’operatore sanitario ritenga che esista un interesse pubblico o privato che giustifichi la comunicazione a terzi di informazioni coperte dal segreto professionale, e nei quali non sia possibile ottenere il consenso da parte del paziente, egli deve rivolgersi all’autorità competente per lo svincolo dal segreto. Che verrà però concesso soltanto dopo una ponderazione dei beni giuridici e degli interessi in questione”.
Devo ammettere, conclude il presidente dell’Ordine, “che non ci aspettavamo una tale vittoria, che non solo annulla le modifiche parlamentari del 2017, ma addirittura elimina anche la revisione della legge fatta nel 1989. Ritengo che il risultato ottenuto permetta ai medici di esercitare la loro professione in un contesto giuridico più sicuro, più chiaro e quindi più favorevole alla professione. D’ora in avanti l’obbligo di segnalazione esisterà solo per le morti sospette; per tutto il resto il medico potrà continuare a fare il medico, aiutando le persone a curarsi, fornendo la consulenza necessaria e privilegiando la ricerca dello svincolo del paziente in un contesto che favorisce il dialogo e protegge la sfera privata dei pazienti. Annoto, infine, che questa sentenza ha una rilevanza nazionale, poiché interessa tutti i 26 cantoni”.