Gli esperti si aspettano un netto indebolimento della crescita economica a livello internazionale e in Svizzera nei mesi invernali 2021/2022. Ciò nonostante, la ripresa congiunturale non si arresterà a medio termine, ma non ci devono essere chiusure
BERNA - Nell’inverno 2021/2022 le difficoltà di approvvigionamento e l’inasprimento delle misure anti-COVID pesano sull’economia a livello internazionale. Il gruppo di esperti ritocca verso il basso - al 3,0 % - le previsioni di crescita per la Svizzera nel 2022, al netto degli eventi sportivi. Sulla scia della normalizzazione congiunturale la crescita attesa per il 2023 è del 2,0 %: ciò significherebbe che dopo il 2021 (3,3 %) l’economia svizzera crescerebbe a tassi superiori alla media per altri due anni.*
Grazie al progressivo allentamento delle misure anti-COVID fino alla metà del 2021, la ripresa dell’economia nazionale è proseguita con forza, in linea con le aspettative. Quest’estate il PIL ha superato il livello pre-crisi del quarto trimestre del 2019. Tuttavia, i problemi di approvvigionamento e le strozzature di capacità a livello internazionale gravano sul settore industriale e provocano forti aumenti dei prezzi nel mondo. Inoltre, recentemente l’incertezza che aleggia sulla pandemia si è acutizzata. Diversi Paesi hanno rafforzato le misure di contenimento.
In questo contesto il gruppo di esperti si aspetta un netto indebolimento della crescita economica a livello internazionale e in Svizzera nei mesi invernali 2021/2022. Ciò nonostante, la ripresa congiunturale non si arresterà a medio termine, ma a condizione che non scattino misure di politica sanitaria severamente restrittive come la chiusura generalizzata delle aziende.
Nel corso del 2022 i fattori frenanti dovrebbero gradualmente uscire di scena e la crescita economica riprendere con vigore, stimolata da effetti di recupero dei consumi privati e degli investimenti, ma anche dal settore dell’export. Nel complesso, per il 2022 il gruppo di esperti si aspetta una crescita del PIL, al netto degli eventi sportivi, del 3,0 %, un valore nettamente superiore alla media (previsione di settembre: 3,4 %) dopo il 3,3 % del 2021. Di conseguenza, nel 2022 la disoccupazione dovrebbe scendere ulteriormente a una media del 2,4 %. Anche l’inflazione dovrebbe salire moderatamente all’1,1 % in media annua a causa dell’aumento dei prezzi delle fonti energetiche e dei beni intermedi. Il picco dell’andamento dei prezzi è previsto nell’attuale semestre invernale.
Nella seconda metà del periodo di previsione l’effetto di recupero dovrebbe calare e la congiuntura normalizzarsi. Di rimando, la forte crescita della domanda interna e delle esportazioni dovrebbe gradualmente rallentare. Per il 2023 nel suo insieme, il gruppo di esperti prevede una crescita del PIL del 2,0 % (al netto degli eventi sportivi), cioè un dato ancora superiore alla media. Parimenti, il tasso di disoccupazione dovrebbe scendere ulteriormente al 2,3 %, mentre l’inflazione dovrebbe arrivare allo 0,7 %.
Rischi congiunturali
L’incertezza è attualmente molto alta e i rischi negativi prevalgono. In particolare, si è accentuata l’incognita dei contraccolpi dovuti al propagarsi della pandemia, anche in relazione alla variante Omicron del coronavirus. Qualsiasi misura di politica sanitaria fortemente restrittiva peserebbe molto sulla ripresa.
È lecito attendersi anche effetti di smorzamento della ripresa economica se le difficoltà di approvvigionamento mondiale durassero più a lungo del previsto e se le impennate dell’inflazione sfociassero in una pressione costante sui prezzi, con tassi d’interesse nettamente più alti. In tal caso si intensificherebbero molto anche i rischi che incombono sull’indebitamento degli Stati e delle imprese. E si accentuerebbero anche i rischi nel settore immobiliare nazionale.
I rischi globali provengono anche dal settore immobiliare in Cina. Una crisi immobiliare con forti conseguenze sulla domanda in questo Paese potrebbe gravare significativamente sull’andamento dell’economia mondiale.
Al contrario, è anche possibile che la ripresa in Svizzera e in altre economie avanzate sia più forte di quanto previsto dal gruppo di esperti. Dalla primavera del 2020 una parte dei nuclei familiari ha accumulato notevoli risparmi aggiuntivi a seguito delle limitate possibilità di consumo. Questi fondi potrebbero essere utilizzati in parte per le spese di consumo.