CRONACA
Bixio Caprara su giovani e sport: "Etica e rispetto al primo posto"
Il direttore del Centro Sportivo Nazionale della Gioventù affronta il delicato tema a margine del caso Pattinaggio Lugano

di Marco Bazzi

“Già trent’anni fa il Centro Sportivo di Tenero organizzava conferenze sul tema, ricordo in particolare quella con il pediatra italiano Marcello Bernardi, per parlare dei diritti dei bambini nel contesto della prima ‘Carta dei diritti dei bambini nello sport’. Credo che i casi di comportamenti inadeguati fossero a quel tempo addirittura più numerosi, per questo si iniziava a parlarne. Oggi la situazione penso sia comunque migliorata, ma occorre continuare a lavorare sul fronte della formazione, dell’informazione e della prevenzione”.

Bixio Caprara, direttore del Centro Sportivo Nazionale della Gioventù di Tenero premette di non conoscere i dettagli di quanto è accaduto al Club Pattinaggio Lugano. Parla del tema in termini generali, in base alla sua lunga esperienza. E ricorda il caso delle molestie e delle umiliazioni subite al centro sportivo di Macolin da giovani ginnaste, sulla quale vi è stata un’importante inchiesta sfociata lo scorso anno nel rapporto dell’avvocato Cantieni. In base a quelle constatazioni, la consigliera federale Viola Amherd ha chiesto un cambiamento radicale, che riportasse in primo piano l'etica nello sport, e promosso la realizzazione di un nuovo sistema per la denuncia di questi casi grazie alla fondazione Swiss Sport Integrity (www.sportintegrity.ch) con il sostegno dell’Ufficio federale dello sport e di Swiss Olympic. L’attività è iniziata dal 1° gennaio di quest’anno e vi sono già state diverse segnalazioni.

 

“I concetti sono semplici, e sono gli stessi di sempre – dice Caprara -: rispettare il bambino o il giovane nella pratica sportiva ed essere consapevoli che ci sono dei limiti invalicabili. Non è certamente sempre facile trovare l’equilibrio tra la necessità di spronare il giovane e indurlo a superare la sua ‘zona di confort’ e rispettare pienamente la sua sfera personale. Ma questo deve essere l’obiettivo di tutti coloro che lavorano con i ragazzi in ambito sportivo in particolare quando si parla di sport di prestazione. C’è il ruolo degli allenatori e c’è quello dei genitori. Ci sono certamente culture e sensibilità diverse nell’ambito dell’allenamento. Penso per esempio ai Paesi dell’Est dove il tema del rispetto della persona era un tempo verosimilmente meno considerato. Ci sono poi allenatori che mettono in primo piano i loro obiettivi personali a prescindere, ma sul lungo termine non hanno grande successo. E ci sono i genitori stessi, che investono spesso molte risorse in termini finanziari per i loro figli, e quindi entrano in quel circolo vizioso di aspettative eccessive, che può provocare disastri. E poi, questo è ancora un altro capitolo, ci sono i genitori che pretendono anche di fare gli allenatori”.

 

A questo proposito, aggiunge Caprara, “io credo che i genitori dovrebbero limitarsi a voler bene ai propri figli e stare loro vicini nelle sconfitte e in caso di infortuni, perché si sa che quando si pratica uno sport ad alti livelli qualche infortunio prima o poi accade”.

 

Lo sport competitivo ha raggiunto ormai livelli altissimi, osserva Caprara. Basta guardare i risultati delle gare di sci durante queste olimpiadi, dove per pochi centesimi di secondo puoi essere fuori o dentro il medagliere. “Questo è l’aspetto cinico dello sport. Lo vediamo bene in questi giorni nei Giochi di Pechino con prestazioni portate all’estremo. È stato calcolato che ogni medaglia olimpica comporta in media 10'000 ore di allenamento. La stessa Lara Gut Behrami ha ricordato che, al di là della gioia per l’oro appena vinto, nello sport ci sono molti momenti positivi ma anche e soprattutto quelli difficili, per cui il ruolo di supporto da parte degli allenatori e del team è fondamentale. Constato comunque una accresciuta presa di coscienza da parte degli allenatori su questi temi rispetto a qualche decennio fa, e sono convinto che oggi ci sia, in generale, una maggior consapevolezza sulla responsabilità nei confronti dei ragazzi. Una certa pressione però è anche positiva, perché senza pressione non esiste lo sport d’élite, ma va incanalata verso obiettivi sani, come migliorare le proprie prestazioni. Però, alla fine, la parola magica è il rispetto, che deve sempre essere alla base di ogni attività sportiva. La denigrazione mai. Anche perché l’atleta che viene umiliato difficilmente otterrà buone prestazioni. E vi assicuro che questi temi vengono tematizzati in modo costante nella formazione degli allenatori e degli stessi ragazzi. Ragazzi che oggi sono certamente più reattivi di un tempo e non si lasciano calpestare. Anche perché vengono regolarmente sensibilizzati su questi aspetti. Swiss Olympic sta lavorando molto a questi livelli, ma è un lavoro che non finisce mai. La vigilanza è dunque fondamentale e deve essere sempre alta”.

 

Caprara sottolinea infine un altro problema: “Spesso c’è una discrepanza tra allenatori professionisti e dirigenti dilettanti, un rapporto che già in passato ha creato problemi, perché l’allenatore rischia di prendere il sopravvento nella gestione dei club sportivi. Anche per gli stessi dirigenti la formazione è quindi irrinunciabile. Così come ci sarà sempre bisogno della ‘polizia’, nel senso che occorrerà sempre essere vigili e lavorare costantemente su sensibilizzazione e prevenzione”.

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