Il commerciante ha ammesso di essere il mandante dell'operazione ma contesta il reato di incendio intenzionale
LUGANO – Cinque imputati a processo da oggi alle Assise criminali di Lugano, presiedute dal giudice Amos Pagnamenta, per l’incendio doloso alla boutique White di via Nassa avvenuto nella notte del 21 febbraio 2021. Tra loro anche il proprietario del negozio, il commerciante Bruno Balmelli, 72 anni, che ha ammesso di essere il mandante dell’operazione ma contesta l’accusa di incendio intenzionale. “Ho solo detto di fare scomparire della merce dal magazzino”, ha affermato in aula, spiegando di aver delegato i dettagli della truffa a un suo conoscente, un 45enne napoletano che lavorava a Lugano, e di aver poi voluto sapere il meno possibile della sua organizzazione. Insomma, pensava a un furto o un danneggiamento alla merce, ma non la distruzione del negozio.
Il giudice Pagnamenta, come riferisce la cronaca processuale del Corriere del Ticino, gli ha ricordato che durante l’inchiesta aveva dichiarato di essere consapevole che l’incendio poteva entrare in linea di conto. Il commerciante ha replicato: “Non si era mai parlato di bruciare tutto il però , volevo continuare l’attività”.
Insieme a Balmelli, sono state rinviate a giudizio altre quattro persone che, con responsabilità di vario grado, sono accusate di aver partecipato alla tentata truffa all'assicurazione per un importo di 2 milioni e mezzo. I cinque sono accusati di incendio intenzionale e tentata truffa.
Secondo la procuratrice pubblica Margherita Lanzillo il progetto di dar fuoco alla boutique prese forma nel dicembre del 2020, in piena pandemia, dopo che il Consiglio Federale decise nuove chiusure. Balmelli contattò un 45enne di Napoli che lavorava in un bar vicino al negozio e gli chiese di aiutarlo a far sparire i capi di abbigliamento del White per far fronte alle difficoltà economiche legate al periodo pandemico. All’operazione partecipò anche una donna, gerente del bar, che fingendo un colloquio di lavoro in pieno lockdown – era il gennaio 2021 – contattò colui che fu poi l'autore materiale dell'incendio, un sergente dell’esercito italiano di 38anni, pure residente a Napoli.
“Prima ho provato a rivolgermi a diversi grossisti per ritirare la merce, ma nessuno era disposto a farlo”, ha affermato Balmelli. Così chiese al napoletano se conosceva qualcuno a Napoli in grado di poterlo fare. “Lui mi ha detto che poteva farmi un piacere e pensarci lui”.
Al piano avrebbero preso parte, con ruoli minori di carattere logistico, anche il figlio di Balmelli e la gerente del bar. Quest’ultima afferma di essere estranea ai fatti, mentre il figlio del commerciante ammette buona parte delle imputazioni, ma sostiene di aver avuto un ruolo marginale nell’organizzazione e di aver capito che il progetto prevedeva l’incendio soltanto qualche ora prima che venisse appiccato.
Dopo il rogo, Balmelli ha cercato di incassare polizze assicurative per circa 2 milioni e mezzo di franchi per rifarsi di quello che considera un incidente – da qui l’accusa di truffa all’assicurazione -. In aula ha detto che intendeva versare parte della cifra a chi l’aveva aiutato nel piano, anche se di soldi concretamente non si era mai parlato.