Gli inquirenti hanno fornito alcuni dettagli sulla cattura del boss di Cosa Nostra: "Non ha opposto alcuna resistenza all'arresto"
PALERMO - È stato il cancro e il bisogno di cure specialistiche ad aver costretto Matteo Messina Denaro ad esporsi fino a finire nella trappola degli investigatori, che questa mattina lo hanno arrestato alla clinica La Maddalena nel centro di Palermo. Il boss si era recato nella struttura sanitaria per sottoporsi alla chemioterapia. Nella stesso ospedale aveva subito circa un anno fa un intervento chirurgico.
Ma non è un uomo in fin di vita, tutt’altro, tanto che gli inquirenti in conferenza stampa lo hanno descritto come “un uomo in buona salute, ben curato e in buone condizioni economiche”. Nessun dubbio, quindi, sul fatto che possa affrontare il regime la galera, e al 41 bis (il carcere duro), pur continuando le cure. Buone condizioni "di salute ed economiche". `Già perché Messina Denaro al momento dell’arresto indossava abiti di valore e al polso aveva un orologio lussuoso dal costo stimato di 35’000 Euro. Del resto che l’ex latitante fosse un amante del lusso, non era certo un mistero.
La malattia di MMD, come si diceva, è stata decisiva per la sua cattura. Gli investigatori, infatti, hanno appreso del tumore del capomafia attraverso alcune intercettazioni nell’ambito famigliare. Da lì è partita un’inchiesta che, passo dopo passo, ha permesso di scremare tutti i pazienti oncologici della Sicilia che potevano corrispondere al profilo del boss, fino ad arrivare all’uomo catturato questa mattina.
La certezza che fosse davvero lui gli inquirenti l’hanno avuto solo questa mattina, quando Messina Denaro è stato arrestato senza opporre alcuna resistenza (non era armato) e ha immediatamente ammesso la sua vera identità. Ma negli scorsi giorni l’ottimismo di acciuffare l'Imprendibile era grande, tanto è vero che l’inchiesta ha subito una forte accelerazione.
Al momento Messina Denaro non ha rilasciato alcuna dichiarazione agli inquirenti, come è normale che sia. Inquirenti che hanno immediatamente disposto una serie perquisizioni collaterali per cercare di identificare l’attuale rete di protezione che garantiva la latitanza del boss. A cominciare dal luogo nel quale viveva, a Palermo o più probabilmente nel trapanese, il suo territorio. Trovare il covo in tempo potrebbe dare accesso a tutta una serie di informazioni e documenti preziosissimi. In manette, ricordiamo, è finito anche l’uomo che stamane lo ha accompagnato in clinica. Si chiama Giovanni Luppino ed è un incensurato piccolo imprenditore nel commercio delle olive. Potrebbe essere lui una delle chiavi per ricostruire l’ultimo periodo della latitanza di Don Matteo.
“Siamo particolarmente orgogliosi per questo lavoro che ci ha consentito di arrestate l’ultimo boss stragista di Cosa nostra. E’ un debito che la Repubblica aveva con le vittime della mafia che in parte abbiamo saldato”. Lo ha detto il procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, titolare dell’inchiesta che ha messo fine alla fuga di Messina Denaro.