Giorgio Tognola, responsabile dell’area commercio di AET: “L'energia elettrica, come una qualsiasi altra merce, può essere contrattata. Ha però la particolarità che non la si può accumulare"
Di Beniamino Sani per il Federalista
Perché l’Energia elettrica costa quel che costa? È la domanda con cui ci siamo lasciati alcune edizioni fa, a partire da uno scambio di opinioni, ospitato in parte sulle nostre pagine (si veda qui). Il Federalista ha visitato ieri la sede di Azienda Elettrica Ticinese (AET) a Bellinzona, dove di fronte a schermi su cui si scambiano pacchetti di elettricità e ad altri attraverso i quali si controlla la produzione di corrente di alcuni dei grandi impianti idroelettrici del Ticino, abbiamo avuto modo di approfondire il funzionamento del mercato di questo bene tanto prezioso quanto effimero.
AET, di proprietà del Canton Ticino, produce e commercia elettricità: se la produzione avviene in decine di centri in Ticino e in Europa, la vendita di questa corrente è esclusivamente rivolta al mercato nazionale, e in primo luogo alle aziende di distribuzione cui si riforniscono i clienti finali (tra i quali le nostre economie domestiche). In Ticino si tratta delle aziende regionali o comunali di cui abbiamo già parlato molte volte su queste pagine: le Aziende industriali di Lugano per la città sul Ceresio, la Società elettrica sopracenerina per il Locarnese e le Valli, l’Azienda elettrica di Massagno (Massagno e Capriasca), e così via.
Una premessa
Quando si parla di elettricità un punto nodale dev’essere chiaro. Affinché la luce rimanga accesa, produzione e consumo devono essere pari in ogni istante. Come ci spiega Giorgio Tognola, responsabile dell’area commercio presso AET: “L'energia elettrica, come una qualsiasi altra merce, può essere contrattata. Ha però la particolarità che non la si può accumulare, quindi occorre produrre in ogni momento la quantità esatta richiesta dai consumatori”.
“Per raggiungere questo equilibrio si allestisce giorno per giorno una previsione per il giorno seguente, cercando di essere il più precisi possibili”. Si stima dunque quale sarà il consumo dei propri clienti per ogni quarto d’ora della giornata. Le cose però non vanno mai precisamente come previsto, puntualizza Tognola.
E siccome la luce però deve rimanere accesa, a gestire le variazioni rispetto al piano iniziale ci pensa un ente nazionale, Swissgrid, che gestisce la rete elettrica svizzera e si coordina a sua volta con l’ente coordinatore (ENTSO-E) della Rete Europa, cui il nostro Paese è connesso.
La premessa sembrerebbe portarci fuori strada, rispetto alla domanda iniziale. Ma non è così. Il prezzo dell’elettricità è legato a quello del mercato europeo, vediamo perché.
Il legame alla rete europea è imprescindibile
Anzitutto la Svizzera, com’è noto, registra per quel che riguarda la generazione elettrica un eccesso nei mesi estivi e un deficit nei mesi invernali. La differenza viene acquistata in inverno dai nostri vicini europei. Ci si potrebbe chiedere, come fanno alcuni, se conservando quantità maggiori di acqua nei nostri bacini idroelettrici in montagna non si potrebbe raggiungere una sorta di autarchia, emancipandoci così dalla dipendenza dal mercato europeo.
Da una parte, ci viene spiegato, la capacità attuale di stoccaggio delle dighe in Svizzera non sarebbe sufficiente per garantirci il superamento dell’inverno.
Il legame con l’Europa è però anche una garanzia di sicurezza: “Se in Svizzera un giorno si fermassero una o più centrali nucleari contemporaneamente per un problema tecnico, il gestore di rete nazionale avrebbe grandi difficoltà a reperire a corto termine l’energia necessaria per compensare questo ammanco all’interno del Paese”. Essere integrati in una rete più grande, continentale, ci rende dunque più forti: “Quella del legame alla rete europea è una necessità: garantisce la presenza di un backup in ogni istante e assicura la stabilità anche alla nostra rete”.
Il legame con l’Europa d’altronde non è nuovo, è anzi pluridecennale. Se l’autarchia è impraticabile, la Svizzera sta comunque cercando di andare verso una maggiore indipendenza nell’approvvigionamento elettrico dai nostri vicini. Come? Pianificando maggiore produzione di elettricità in inverno: rientrano in quest’ottica, ci spiegano, le centrali solari d’alta quota o l’innalzamento di una quindicina di sbarramenti alpini in tutto il Paese.
“L’intenzione è quella di aumentare la produzione invernale o lo stoccaggio - ci spiega Tognola -, per ridurre la dipendenza invernale dall'estero; anche se si ritiene che non potrà mai essere completamente annullata”.
In Europa i prezzi li fissa il gas naturale
Ecco dunque la ragione per la quale anche l’elettricità Svizzera vede i suoi prezzi determinati in gran parte dal mercato europeo, dove un ruolo determinante per la fissazione dei prezzi lo svolgono a loro volta le centrali elettriche a gas naturale (si veda ad esempio qui). A seguito dell’inizio della guerra in Ucraina, con l’esplosione del prezzo del gas naturale, anche i prezzi dell'elettricità sono saliti a un multiplo degli anni precedenti.
Come abbiamo già spiegato in altre occasioni l’elettricità si commercia su intervalli di vario tipo. “La compravendita avviene con anni d’anticipo, con dei contratti a lungo termine, 2-3 anni prima, un mese prima, una settimana prima, un giorno prima, un'ora prima”, ci confermano: tutto dipende dunque dal prezzo dell’elettricità nel momento in cui ci si accorda. Questo vincolo è pure all’origine del fatto che chi ha acquistato l’elettricità o rinnovato i contratti nei primi mesi della guerra ha dovuto pagare prezzi molto elevati.
Perché AET non vende a prezzi di produzione?
Ma non è ancora tutto. AET, ci chiediamo, che gestisce una parte della produzione idroelettrica ticinese, non potrebbe vendere a un prezzo calmierato alle aziende di distribuzione locali, ovvero al prezzo di produzione o poco più?
Giorgio Tognola: “Nel 2017 AET ha creato un prodotto, “AET Blu”, con il quale offriva una fetta importante della propria produzione idroelettrica a un prezzo direttamente legato ai costi di produzione attraverso contratti a lungo termine. La risposta è stata variegata e alcuni distributori hanno acquistato quote maggiori rispetto ad altri. Chi ha aderito alla proposta ha comprato dell’energia a un costo relativamente più alto rispetto ai prezzi di mercato di allora, ma che oggi è diventato conveniente. AET blu, in sostanza, ha contribuito a stabilizzare i costi sul lungo periodo.”
“Non va però dimenticato –continua Tognola- che il Cantone chiede anche che AET venga gestita in base criteri economico-aziendali. Nello scorso decennio, quando i prezzi di mercato sono rimasti a lungo al di sotto dei costi di produzione, abbiamo avuto a che fare anche con risultati negativi.”
Quando i prezzi di mercato erano bassi, insomma, i produttori come AET faticavano a coprire i costi, mentre le aziende distributrici e i grandi consumatori beneficiavano della congiuntura. Quando il prezzo dell’elettricità è esploso qualcuno è rimasto scottato, soprattutto tra le aziende che acquistano in regime di libero mercato: in Svizzera infatti i consumatori oltre i 100 MWh l’anno possono scegliere se rivolgersi al mercato, mentre tutti quelli che non raggiungono questa soglia sottostanno al regime di monopolio e vengono riforniti dalle aziende di distribuzione della propria regione (le varie AIL, AEM, SES, di cui abbiamo detto): rientrano nell’ultima categoria tutte le abitazioni private, fin su ai piccoli commerci. Il confine, ci spiegano i nostri interlocutori di AET, può essere posto grossomodo al consumo corrispondente a una panetteria o a una pizzeria con un paio di forni elettrici.
Liberalizzazione, sì, no. Per ora si rimane a metà strada
La situazione attuale in Svizzera è una sorta di ibrido dove agiscono aziende legate all’ente statale nei suoi vari livelli (Città e Cantoni), in parte liberalizzato, in parte vincolato. E con questo entriamo nella parte anche politica del dibattito. Meglio la liberalizzazione oppure no?
In questa disputa si contrappongono grossomodo due posizioni. Per alcuni occorrerebbe tornare a una situazione di maggiore monopolio, nella direzione di una centralizzazione di tutti i compiti nelle mani di un solo ente legato allo Stato; per altri (si veda qui e anche nel seguito di questa edizione) occorrerebbe invece distinguere in modo netto tra la gestione dell’infrastruttura di rete (affidata a un ente pubblico) e il commercio dell’energia (lasciato alla libera concorrenza).
In Europa ci si è già mossi in questa direzione. Anzi le ultime direttive europee spingono perché l’intero mercato dell’energia elettrica sia liberalizzato ulteriormente. Se ne discute in questi giorni in Italia, dove fino a quest’anno per le utenze domestiche era possibile scegliere tra un regime tutelato, dove il prezzo è fissato trimestralmente dall'autorità di vigilanza nazionale, e il mercato libero, dove le aziende offrono direttamente ai clienti delle tariffe d’acquisto. Nel corso di quest’anno però (quasi) tutte le utenze dovranno passare al mercato vero e proprio, dove i commercianti dell’elettricità si fanno ovvia concorrenza tra loro (si veda qui per approfondire).
All’interno delle discussioni con l’Europa in vista di un nuovo pacchetto di accordi bilaterali, di attualità in questi giorni, rientrerebbe da parte europea anche la richiesta di adeguarsi a questo aspetto e andare verso una graduale apertura. La politica elvetica al momento ha però frenato. L’apertura del mercato è stata per il momento messa in sospeso dalle istituzioni federali.
Se si andasse nella direzione voluta dall’Unione europea in futuro a venderci l’elettricità potrebbero esserci attori diversi da quelli che conosciamo oggi. Pensiamo alle compagnie di telefonia che, insieme all’internet, al telefono, alla televisione, potrebbero in futuro venderci anche l’elettricità consumata dai nostri elettrodomestici. Ma la decisione su questi aspetti andrà presa all’interno del dibattito pubblico. Difficile prevedere se una liberalizzazione totale porterà benefici per il consumatore.
Passalia: la concorrenza favorirebbe il consumatore
Con Marco Passalia, deputato del Centro, economista e imprenditore nonché membro del Consiglio di Amministrazione di “Officine Idroelettriche della Maggia SA”, torniamo sulla discussione suscitata dal consigliere nazionale Bruno Storni che si chiedeva per quale ragione il consumatore ticinese debba pagare 35ct/kWh e più, se negli impianti produttivi delle valli ticinesi si produce corrente a 5cts. Tanto più che le aziende di distribuzione ticinesi continuano a registrare utili e a versare dividendi ai loro proprietari, “messi in conto” ai cittadini. Cosa ne dice Passalia?
“Chiaro, il consumatore fatica a capire il motivo per cui in certi periodi debba pagare più cara l'energia. Per molti anni, del resto, il problema non si poneva. Per rispondere alla domanda è importante tenere ben presente la distinzione tra produttori e distributori e ricordare che esiste un mercato dell'elettricità, seppur non completamente aperto [ne ha consapevolezza il lettore che abbia letto la prima parte di questa nostra edizione, ndr.]. Da una parte capisco le lamentele di Storni sull'importanza della produzione idroelettrica ticinese, ma dall'altra non si deve dimenticare che esiste un mercato con delle dinamiche di prezzo che dipendono da numerosi fattori. Credo inoltre che sia miope e poco preciso parlare di “utili e dividendi” di queste aziende se non si fa una distinzione chiara tra produttori e distributori, ma anche tra investimenti e ammortamenti nonché tra le diverse fonti dei proventi. Oltre all'elettricità, c'è chi vende anche gas, c'è chi è proprietario della rete, c'è chi vende solo ai propri azionisti, ecc. Se guardiamo, invece, agli investimenti, sia per la rete che per gli impianti produttivi, vengono investiti ogni anno centinaia di milioni di franchi per mantenere lo standard di qualità e di sicurezza tipicamente elvetico”.
Paolo Rossi, dal canto suo, faceva notare in una conversazione con il Federalista che nei CdA delle aziende di distribuzione siedono politici per i quali maggiori dividendi significano la possibilità di ridurre di qualche punto i moltiplicatori d’imposta nei Comuni da loro amministrati. Vi sarebbe dunque un problema di conflitto di interessi che spetterebbe alla politica risolvere. La Governance del sistema andrebbe riformata. Cosa ne pensa?
"Sul problema del conflitto d'interessi sono parzialmente d'accordo, perché il vero problema sta nelle competenze di chi siede in questi consigli di amministrazione. Per qualsiasi azienda è normale che l'azionista voglia massimizzare gli interessi. Se il rappresentante dell'azionista nel CdA, però, non capisce l'importanza di investire nelle infrastrutture, di avere delle riserve, di implementare una corretta gestione del rischio, di investire nelle risorse umane, ecc., allora si crea un conflitto tra la dirigenza aziendale che deve spingere per fare più utile da reinvestire e il rappresentante dell'azionista che vuole più dividendi. Mi sento quindi d'accordo con Paolo Rossi, nel senso che per i membri dei CdA di queste società ci debbano essere dei requisiti minimi di competenza".
Secondo Bruno Storni, d’altra parte, la liberazione condotta fino ad oggi nel mercato dell’elettricità rappresenta una delle cause dell’innalzamento dei prezzi, poiché ha generato un sistema nel quale le aziende di distribuzione “giocano al monopoli” nel mercato europeo dell'elettricità a spese del consumatore. Storni sembra sostenere la necessità di un ritorno al monopolio di un solo ente pubblico nel settore. È possibile alle condizioni attuali?
Anche l'economista più inesperto sa che monopolio significa prezzi più alti per il consumatore, oltre che inefficienze di vario tipo. La visione statalista della sinistra vede sempre il lato oscuro della concorrenza. In questo caso, però, ci si dimentica che il mercato svizzero dell'elettricità non è ancora completamente aperto alla concorrenza, lo è solo parzialmente. E aggiungo peraltro che il mercato svizzero del gas è addirittura ancora una sorta di oligopolio, così che ci troviamo ad avere i prezzi più alti del continente europeo. Potrei anche capire le reticenze ad aprire il mercato elettrico svizzero, se consideriamo che buona parte della produzione è nazionale e alla fine le risorse vengo reinvestite in Svizzera; mentre è assolutamente incomprensibile la ragione per la quale il mercato del gas naturale sia ancora un oligopolio con prezzi alti, che fa guadagnare soprattutto produttori e distributori esteri.
Secondo Paolo Rossi, infatti, la soluzione starebbe nell’andare fino in fondo al percorso di liberalizzazione. La mancanza di trasparenza nel sistema attuale dimostrerebbe come “rete e energia debbano essere separate in due società distinte: la prima senza scopo di lucro”. Insomma, la rete dovrebbe essere amministrata dall’ente pubblico, mentre il commercio dell’elettricità andrebbe affidato ai privati, affinché si possa creare una effettiva concorrenza. Pensa che questo modello avvantaggerebbe il consumatore?
Io ribadisco, come detto in precedenza, che il mercato dell'elettricità deve essere completamente aperto per permettere a tutti i consumatori di decidere da chi acquistare l'energia elettrica, così da creare anche una chiara distinzione tra rete ed elettricità venduta. Più trasparenza, prezzi più concorrenziali e più potere in mano ai consumatori. In Europa funziona e in effetti i prezzi in bolletta di elettricità e gas sono più bassi.