IL FEDERALISTA
Ticino paradiso per i lupi? “A Berna non sembrano capire, a Bellinzona non sembrano interessati”
Armando Donati, presidente dell’Associazione per la Protezione del Territorio dai Grandi Predatori fa il punto sui dati di caccia al predatore
TiPress/Alessandro Crinari

Redazione de ilfederalista.ch

 

“In Ticino ci sono ufficialmente tre coppie di lupi con cuccioli (branchi), più tre coppie senza cuccioli. Oltre a questi sei vi sono una quindicina di esemplari sparsi. In tutto, fanno 30. Ora, il Cantone aveva chiesto di abbatterne 5, ossia 1/6; è riuscito ad abbatterne 2, ovvero 1/15. Gli altri Cantoni invece registrano ben altre cifre. I Grigioni su un centinaio ne hanno abbattuti 20, il Vallese anche un numero maggiore (27). Ci si può, legittimamente, chiedere perché”.

A fare il punto sui dati riportati dai Cantoni alpini, a consuntivo della finestra straordinaria (1 dicembre ’23 - 31 gennaio ‘24) di caccia al predatore, permessa per la prima volta in Svizzera al fine di regolarne la popolazione, è Armando Donati, presidente dell’Associazione per la Protezione del Territorio dai Grandi Predatori, Sezione Ticino.

Per Donati, l’obiettivo di controllare la crescita del numero di lupi è già sin d’ora mancato.

“Dagli esemplari attualmente presenti in Ticino possiamo attenderci cucciolate che metteranno al mondo suppergiù altri 24 piccoli in primavera. E senza considerare l’arrivo di nuovi lupi dall’Italia possiamo pensare a un numero di circa 50-55 lupi a fine 2024, contro la trentina del 2023. Quindi è chiaro che se gli altri Cantoni sono riusciti, nonostante i ricorsi, a fare qualcosa, il Ticino ha veramente combinato poco”.

Secondo le motivazioni addotte da Bellinzona, durante i mesi della caccia molti lupi erano… all'estero.

“Questo è plausibile, vi sono branchi che vivono a cavallo tra Italia e Svizzera; ciò vale per il branco della Val Colla e per quello dell’Onsernone. Però proprio perché siamo una zona di confine è evidente che di lupi ne arriveranno sempre in maggior numero dall'Italia, dove l’espansione non è controllata in alcun modo. Dovremmo essere ancora più pro-attivi, non meno degli altri”.

La caccia al lupo è cosa nuova: manca forse esperienza? Anche nei Grigioni d’altronde si è faticato a raggiungere il bersaglio prefissato di 31 animali.

“Sì, è chiaro che è difficile. Uccidere i lupi evidentemente non è come sparare ai cervi. Però sono anni che mostriamo l’esempio della crescita esponenziale delle popolazioni in Francia e Italia, indicando che saremmo andati nella stessa direzione”.

Ci siamo mossi troppo tardi?

“Adesso in Svizzera ci sono oltre 300 lupi, oltre 32 branchi. Se si fa vera regolazione si va subito su numeri che possono impressionare: 50 lupi… e si corre subito a gridare alla strage. Se le autorità fossero intervenute qualche anno fa, la situazione sarebbe stata più gestibile. Ne hanno uccisi 50, un sesto dei lupi in Svizzera, ma secondo i miei calcoli, anche al netto delle morti naturale e incidentali, vi sarà un aumento del 20% nel 2024”.

Quindi la situazione non è sotto controllo neppure in Svizzera?

“Stando ai dati di Kora.ch, nel 2023 i lupi morti sono stati una sessantina tra abbattimenti legali e altre cause. 60 lupi su 300-320. Negli scorsi anni le perdite totali erano tra il 13 e il 15%, ma nonostante questo i lupi sono aumentati da 105 stimati nel 2020 a 320 nel 2023. I lupi continuano ad aumentare comunque. Perché? Arrivano da altri Paesi. Il rischio di abbattere troppi lupi proprio non esiste”.

In Ticino manca la volontà?

“Quanti abbattimenti legali ci sono stati dal 1998 al 2022 (sempre dati Kora.ch)? I Grigioni hanno abbattuto 20 lupi, in Vallese 14, 4 nel Vaud, 2 a Berna e Glarona. In Ticino? Uno, come a Uri e San Gallo. In Ticino, però, in proporzione al territorio, i lupi sono più numerosi che negli altri Cantoni. E perché il Ticino non ha chiesto di poter intervenire con maggiori abbattimenti?”

Qual è la sua ipotesi?

“Secondo me, Grigioni e Vallese hanno Governi molto più decisi nel difendere l'allevamento di montagna”.

Non stupisce che il Grigioni abbia più sensibilità per le questioni legate al mondo rurale; il Ticino, dal canto suo, ha una doppia “anima”, di città e di montagna.

“Certo. Basterebbe a dimostrarlo l’attenzione dedicata alla consulenza agricola in Vallese e nei Grigioni... In Ticino bisognerebbe fare un passo e capire che come le montagne dipendono dalle città, così le città hanno bisogno delle montagne e delle campagne. Basti un esempio: quanti turisti prendono l’auto nel fine settimana per andare a fare un giro nelle nostre valli?”.

D’altra parte quello del rapporto città-campagna è un nervo scoperto in tutta Europa in questi giorni.

“È vero, da noi questo tema si coniuga secondo me in questo: avere un territorio montano curato è un bisogno per tutti. Non si capisce che in montagna o si fa allevamento o non si fa agricoltura del tutto: non si possono piantare fagioli a 1500m. Un territorio abbandonato e inselvatichito non eserciterà la stessa attrattiva di quello in cui ci si può imbattere in alpeggi caricati, dove si incontrano capre, pecore e mucche al pascolo”. 

La stessa Confederazione e le associazioni ambientaliste d’altronde vorrebbero proteggere i prati alpini.

“Perché è dimostrato trattarsi degli ambienti con la più ampia biodiversità nelle Alpi. Adesso sarebbe interessante avere dati su un eventuale flessione del numero di alpeggi estivi, il cui aggiornamento stiamo ancora attendendo. La percezione è che negli ultimi anni l’abbandono sia particolarmente avanzato”.

A Berna quanto ne sono consapevoli?

“Non saprei, ma faccio un esempio. Per alcune zone del Ticino, come l’Onsernone e la Rovana, ha avuto un certo peso la recente decisione dell’Ufficio federale dell’ambiente di non considerare più i pascoli non proteggibili (per ragioni oggettive, ad esempio di vastità e altitudine del territorio) alla stregua di quelli protetti; decisione contro cui per altro il nostro Cantone non si è mosso. Questo ovviamente cambia tutto, poiché per legge non si abbattono i lupi che attaccano le greggi se queste non sono protette. Noi, come associazione, nel dicembre scorso abbiamo scritto una lettera all'UFAM spiegando, appunto, le particolarità dell’allevamento alpino ticinesi, in forza dei quali i nostri pascoli non sono proteggibili. Ci sono numerose ricerche che lo confermano. Ci hanno risposto, pochi giorni fa, con 10 righe, che dimostrano che o non hanno capito o non vogliono capire. Forse sono in buona fede, perché è vero che nel resto della Svizzera le capre non vengono portate in montagna come qui da noi. Il Ticino è il Cantone con più capre alpeggiate. Starebbe però alle nostre autorità far arrivare il messaggio”.

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