Il Federalista analizza con l'aiuto dell'esperto le due proposte sulle quali ci esprimeremo il 9 giugno... Ecco il risultato
di Beniamino Sani Il Federalista.ch
Abbiamo uno dei migliori sistemi sanitari al mondo, performante e accessibile a tutti. Ma caro come il fuoco. I premi dell’assicurazione malattia stanno diventando insopportabili, soprattutto per le famiglie dei ceti medi. La politica si sta rompendo la testa per risolvere l’equazione e il 9 giugno siamo chiamati a esprimerci su due proposte, l’una intesa a ridurre i premi in ragione dei salari girando parte della fattura alle casse pubbliche, l’altra volta a incidere sui costi stessi della salute.
Proposte ingegnose e seducenti che abbiamo sottoposto al nostro collaboratore e super esperto in materia Bruno Cereghetti. Eccovi i risultati.
Abbassare l’onere dei premi dell’Assicurazione malattia per i cittadini; mettere un freno all’esplosione dei costi nel settore sanitario. Lette così le proposte delle due iniziative popolari al voto il prossimo 9 giugno non possono che suscitare un’adesione universale. “La situazione era un po’ più complessa” -era la battuta ricorrente di un film di Sorrentino.
Mettere le mani nel sistema sanitario del nostro Paese e nel ginepraio del suo finanziamento è faccenda tutt’altro che scontata, come capiremo oggi dialogando con Cereghetti.
Le proposte
Iniziamo col fare un po’ di ordine. Le due proposte di modifica costituzionale giungono da due compagini politiche nazionali. La prima (Iniziativa popolare «Al massimo il 10 per cento del reddito per i premi delle casse malati» o «Iniziativa per premi meno onerosi») è di marca socialista. Essa chiede per l’appunto che si limitino i premi di Cassa malati al 10% del “reddito disponibile” di un assicurato e che intervenga il bilancio della Confederazione per i ⅔ della spesa richiesta (in aiuto ai Cantoni, i quali già oggi si assumono il compito di abbassare o pagare i premi alle persone meno abbienti).
La seconda iniziativa è invece proposta dal Centro, si intitola «Per premi più bassi – Freno ai costi nel settore sanitario (o Iniziativa per un freno ai costi)» e chiede agli attori del sistema sanitario (Enti statali, assicurazioni, fornitori di prestazioni) di agire di concerto affinché il costo medio per assicurato dell’assicurazione obbligatoria delle cure non superi l’evoluzione dei salari: quando invece i costi superassero la crescita dei salari di oltre un quinto (a due anni dall’entrata in funzione della norma), Confederazione e Cantoni dovrebbero imporre misure di contenimento per mettere una briglia all’incremento. I partiti promotori delle due iniziative si sono scomunicati a vicenda.
Per il PSS l’iniziativa del Centro porterà a una medicina a due velocità (quella dei poveri e quella dei ricchi), mentre per il Centro svizzero l’iniziativa socialista costerebbe troppo, allo Stato e di riflesso ai cittadini contribuenti. Si è inoltre presentato negli ultimi giorni un comitato composto da membri dei due partiti -tra i quali un socialista di rilievo quale Roger Nordmann e il sindacalista ticinese del Centro Giorgio Fonio- che sottolinea la complementarità tra le due proposte: è urgente -si sottolinea- intervenire per ridurre il peso dei pagamenti mensili per un numero maggiore di persone, ma è giusto affiancare un meccanismo di freno ai costi. Per molti, infatti, un aiuto ulteriore nel pagamento dei premi favorirebbe una sorta di effetto all you can eat, ovvero la corsa a consumare il massimo numero di prestazioni possibili perché già pagate (da altri contribuenti).
I controprogetti sono considerati troppo timidi
Naturalmente trattandosi, nei due casi, di modifiche costituzionali, i testi andrebbero in seguito applicati dal Parlamento federale con le relative leggi, e il compito si prospetta tutt’altro che facile data la complessità del tema - di cui si parla a iosa da anni ma su cui le istituzioni politiche faticano a fare passi avanti condivisi. Qualcosa andrebbe fatto, ma cosa? Si tende a trascurare che le stesse istituzioni federali propongono due controprogetti indiretti (ovvero atti sui quali non si vota, ma che andrebbero codificati qualora le iniziative fossero respinte).
Essi sono tuttavia considerati troppo timidi dagli iniziativisti: nel caso dell’iniziativa socialista in quanto il controprogetto per Cantoni che, come il Ticino, già fa molto per ridurre i premi, non cambierebbe nulla. Mentre per il testo centrista, il controprogetto elimina un criterio che farebbe scattare automaticamente un freno ai costi. Ma al contempo esso conserva gli aspetti negativi dell’iniziativa, come osserva Bruno Cereghetti che diffida dei meccanismi di freno alle spese in un ambito come quello della salute.
Per quale ragione? Una frenata troppo brusca “Il problema dei meccanismi di freno di spesa -ci spiega Cereghetti entrando nel merito dell’iniziativa del Centro- è che finiscono per costringere l’autorità a operare tagli un po’ indiscriminati e a introdurre zavorre a livello di progettualità”.
Non è difficile esemplificare: basta pensare alla fatica sperimentata in Ticino nell’individuare ambiti di risparmio per restare dentro i paletti del decreto Morisoli. “Ora -continua Cereghetti-, immaginiamo di trasferire il concetto in ambito sanitario. Bisogna ricordare, non finirò mai di ripeterlo, che destinatario finale del sistema sanitario è il paziente malato, e se si frenano artificialmente le spese, le conseguenze più gravi le paga questo ultimo anello debole della catena”.
Un provvedimento troppo rigido dunque? “Implicherebbe degli interventi drastici. I pazienti avranno sempre bisogno di cure, ma si arriverà a un certo punto, durante un anno contabile, al raggiungimento del tetto stabilito. E a quel punto che cosa succederà? Si rinvieranno gli interventi non urgenti all’anno seguente, con le sofferenze immaginabili, come avviene per esempio in Germania o in Inghilterra. Oppure, visto che in ambito ospedaliero l'85% dei costi è determinato dai salari, una volta innestato il freno ci si accorgerà che mancano i soldi per rispettare i contratti collettivi”.
Per i favorevoli -osserviamo- è proprio di misure drastiche che abbiamo bisogno in questo momento. Donde la necessità di introdurre un meccanismo che corregga alla lunga le inefficienze del sistema, oggi ipotizzabili in una maggior spesa (dati UFSP) del 16-19%. Cereghetti: “Il problema è che noi abbiamo costruito nel tempo un sistema sanitario che ha certamente pregi notevoli in fatto di accesso alle cure. Intervenire bruscamente, da un anno all’altro, su un complesso che si muove su equilibri delicati significa scombussolare il sistema e far pagare le conseguenze a qualcuno”.
Per Cereghetti, anche il controprogetto indiretto all’iniziativa centrista, purtroppo, “spinge ulteriormente nella direzione dell’iper burocratizzazione, proponendo adattamenti (introduzione di obiettivi quadriennali di costo per settore) basati su meccanismi complessi che poi sono difficilmente implementabili. La conseguenza sarà una paralisi maggiore all'interno del sistema, che oggi è una sorta di aereo senza pilota, vive di vita sua, senza che vi sia una vera guida al suo vertice.”
La complessità -chiediamo- non è connaturata a un sistema sanitario?
“Certamente la LAMal fin dalla nascita contiene delle imperfezioni, che si sono ingigantite col tempo, senza una vigilanza stretta, che specialmente con gli ultimi Consiglieri federali è venuta meno. Il problema è che la LAMal è un’assicurazione onnicomprensiva con tendenza al gigantismo”.
Quindi per Cereghetti sotto il cappello LAMal ci sono troppe prestazioni? Ne andrebbe scorporata qualcuna?
“La mia proposta, già negli anni ‘90, era proprio quella di una assicurazione obbligatoria che contenesse davvero solo il super essenziale, ovvero una metà o poco più delle prestazioni fornite oggi. Mentre il resto poteva essere lasciato a forme di assicurazione private, costruite dal cittadino”.
Che ne pensa di chi dice che un meccanismo di freno sarebbe però irrinunciabile se passasse il testo di marca socialista?
“Le due iniziative sono molto allettanti e tra di loro, in un certo senso, si richiamano, ma nascondono sia l'una sia l'altra grosse insidie”.
Porre limite alla erosione del reddito - ma quale reddito?
Passiamo dunque all’iniziativa socialista, «Al massimo il 10 per cento del reddito». Essa vuole aiutare quelle persone che oggi non godono del diritto di accedere alla Riduzione individuale dei premi di assicurazione malattia (RIPAM), riduzione pagata dai Cantoni: si tratta insomma della mitica classe media, oggetto corteggiato da ogni politico che si rispetti, una fascia di reddito chiamata a pagare i premi assicurativi nella loro interezza.
A Cereghetti chiediamo perché non lo convinca neppure l’iniziativa socialista, che sembra muovere da quei medesimi princìpi che gli sono cari e che ha più volte illustrato anche sulle nostre pagine: salvaguardia dell’universalità dell’accesso al sistema sanitario grazie a un maggiore intervento finanziario affidato alla Confederazione. Intervento che, aggiungiamo, evitando di proporre riforme rivoluzionarie del sistema nel suo complesso, avrebbe peraltro come conseguenza implicita una redistribuzione sotto traccia della ricchezza dalle fasce alte verso le classi media e bassa: come del resto già in parte accade con i sussidi cantonali RIPAM (ai quali in Ticino accede fino un terzo dei contribuenti, un quarto in Svizzera).
“L'iniziativa del Partito Socialista è molto accattivante, su questo sono d’accordo”, ci risponde: “Nessuno deve pagare un premio superiore al 10% del proprio reddito disponibile. Ci sono però due ostacoli, forse poco evidenti. Determinare quale sia il ‘reddito disponibile’, da un lato, e dall’altro quale sia ‘il premio’ su cui basare i calcoli. Sono due aspetti che possono apparire secondari, ma che creano giganteschi grattacapi nell’implementazione”. Cerchiamo di capire, e incominciamo dal reddito disponibile.
“Quello di “reddito disponibile” è un concetto puramente teorico che viene utilizzato dagli studiosi per cercare di determinare degli scenari; sarebbe il reddito lordo dal quale devono essere dedotte tutte le tasse e le spese obbligate, ossia i soldi che restano in tasca al cittadino per i propri consumi e i propri risparmi. Dove starebbe il problema? “Determinare il reddito disponibile di una persona in un determinato momento è sostanzialmente impossibile, perché lo Stato non possiede tutti i dati utili a calcolarlo. Al massimo se ne farà una costruzione fittizia a tavolino, che potrà essere modificata in qualsiasi momento, e il cittadino finirà per chiedersi perché lo sconto non rispetti davvero il criterio del 10% del suo portafoglio mensile”.
Per Cereghetti sarebbe quindi impossibile applicare il testo: “Dovessimo mettere in piedi a livello nazionale un sistema di calcolo per definire un reddito disponibile di riferimento, implementeremmo una burocrazia spaventosa e un aumento smisurato di necessità di personale. E ciò varrebbe in modo ancor più accentuato per il secondo aspetto di cui si diceva”.
Ovvero, il premio. “I premi variano tantissimo, e quindi bisognerà stabilire quale utilizzare per rispettare la soglia del 10%: un premio medio tra quelli pagati in un certo Cantone? Perché è impraticabile l’idea di andare a vedere che cosa paghi esattamente ogni cittadino”.
Una manna per il Ticino – costosa per Berna
Epperò lo spostamento sulle casse confederali del finanziamento dei due terzi dei sussidi andrebbe ad alleggerire le casse dei Cantoni -come il nostro- più appesantiti dai premi assicurativi. Secondo il DSS ticinese, con l’iniziativa socialista, “a fronte di un aumento dei costi di 11,6 milioni di franchi, il Cantone Ticino riceverebbe un maggior contributo della Confederazione pari a 290 milioni di franchi” (Corriere del Ticino).
Una ridistribuzione interna di ricchezza a livello federale -faceva notare la NZZ alcuni giorni fa- più importante di quella che avviene con la perequazione intercantonale. A caval donato…
“Guardi, fosse per me – reagisce Cereghetti - direi addirittura che tutto il finanziamento della sanità dovrebbe essere posto sotto l’egida della Confederazione, perché la sanità è una priorità nazionale. I Cantoni dovrebbero intervenire a finanziare solo la riduzione mirata dei premi per chi non ce la fa, come d'altronde capita già adesso”.
Infatti, diversamente che per il nostro interlocutore, per la maggioranza dei contrari il vero problema sarebbe proprio quello dei costi: le spese a carico di Berna all’inizio si situerebbero tra i 3,5 e i 5 miliardi l’anno (calcoli dell’UFSP), per poi crescere fino a 8 alla fine del decennio, ovvero un decimo del bilancio federale odierno (più altri 1-2,4 mia a carico dei Cantoni).
Per Cereghetti, invece, questo non è il problema principale. “Da questo punto di vista sono meno critico; per me la grande criticità sta nell'impraticabilità. Se si vogliono aiutare in modo significativo le persone nel pagamento dei premi dell'assicurazione malattia, per forza di cose si devono investire somme importanti: anche la mia idea (tramutata qualche tempo fa in mozione da Lorenzo Quadri) di una riduzione lineare con soldi federali di tutti i premi assicurativi svizzeri alla base, che avrebbe il vantaggio di essere immediata da praticare e non richiederebbe de facto nessun adattamento o calcolo aggiuntivo, imporrebbe un intervento sostanzioso dello Stato. Il problema dell’iniziativa proposta è che è astrusa. E un pochino demagogica e populista laddove si illude la popolazione che ci sarà un determinato esito”.
L’uovo di… Cereghetti
Dopo la votazione sull'AVS, parlando al Federalista, Cereghetti osservava che siamo in un momento in cui la popolazione sente che le sue condizioni stanno peggiorando. A giudicare dai sondaggi, che vedono in vantaggio schiacciante i due testi in Ticino, verrebbe da credere che nella nostra regione questo sentimento è bruciante. Cereghetti conferma. “Indubbiamente, il peso dei premi sulle economie domestiche è veramente tra i più elevati a livello svizzero (con Ginevra, che però gode di una situazione economica diversa dal Ticino)”. E allora perché non sentenziare anche qui: “Turiamoci il naso e votiamo sì”? “Direi di guardare proprio alla tredicesima AVS, dove ci si sta accapigliando sul sistema di finanziamento: qualora queste due iniziative passassero il Parlamento dovrà affrontare un iter complicato, a tal punto che prima dell’implementazione passerebbero molti anni. Quello di cui noi oggi abbiamo bisogno è un progetto che possa entrare in vigore in tempi brevi. E che richieda uno sforzo amministrativo minimo”.
L’uovo di Colombo. “Una riduzione del 20% su tutti i premi (facile da attuare dal punto di vista amministrativo), avrebbe un costo simile a quello stimato per l’iniziativa socialista, all’incirca 6 miliardi di Franchi; da scucire per intero dalle tasche della Confederazione”.
Ma l’idea promossa da Cereghetti e portata in Parlamento dal deputato Lorenzo Quadri sembra su un binario morto. Cereghetti sigilla: “I soldi si troverebbero, ma occorrerebbe alleggerire altre voci di bilancio o, per meglio dire, riorientare la spesa federale sulle priorità. E non fatemi dire dove li andrei a tagliare…”.