Il presidente della Fondazione Diamante: "Questi fondi sono essenziali per garantire la stabilità finanziaria degli istituti che non godono di garanzie di copertura del disavanzo da parte del Cantone o di terzi"
di Beniamino Sani - Il Federalista.ch
Da una decina di giorni siamo di nuovo in autunno, e l’autunno, si sa, porta con sé ogni anno due immancabili eventi: le chiome degli alberi si tingono delle più belle sfumature di giallo e rosso; le pagine dei giornali si riempiono di interminabili e non troppo dissimili discussioni sul Preventivo cantonale per l’anno seguente.
Se il primo fenomeno non dipende dalle nostre azioni – e lungi da noi voler cambiare il meraviglioso corso della natura -, il secondo rappresenta uno dei compiti prioritari del Governo da noi eletto: farci sapere come conta di spendere i soldi che gli abbiamo consegnato con le nostre imposte. Anche quest’anno le previste misure di risparmio sulle spese cantonali per il 2025 hanno sollevato immediate perplessità e vibrate proteste. Il Governo vuole risparmiare altri 72 milioni (contro i 134 previsti inizialmente dal Consiglio di Stato l'anno scorso, per il preventivo 2024). Il bilancio prevede un deficit a fine anno di 64 milioni, che non farebbe tuttavia scattare il meccanismo del freno all’indebitamento (= + tasse). Se poi piovesse il regalo della Banca Nazionale (peraltro incerto e non dovuto) , si rispetterebbero persino i parametri del noto Decreto Morisoli sul deficit di bilancio.
Confermati anche nel 2025 i tagli sugli istituti sociali
La dieta prescritta dai cinque “medici” di Palazzo delle Orsoline contempla una molteplicità di ambiti, tra i quali, ancora una volta, quello della socialità. E in questo contesto, ancora una volta, figurano le realtà che offrono assistenza a persone con disabilità, minorenni e persone con dipendenze.
Si ripete dunque un copione che già l’anno scorso aveva suscitato la nostra incredulità: nel Federalista avevamo affrontato qui e qui i problemi e le contrarietà che le decisioni governative avevano suscitato imponendo a questi enti (come pure a Case per Anziani e Servizi di cure a domicilio) di sacrificare i fondi di riserva accantonati negli anni per consentire al Cantone un minor esborso (quantificabile per il 2025, sommando i tre tipi di realtà, a 9,7 milioni di risparmi).
Già nell’anno corrente il ricorso alle riserve (il 40% di quanto accantonato in precedenza) dovrebbe far risparmiare a Bellinzona circa 6,3 milioni. Ma i membri di ATIS (Associazione ticinese delle istituzioni sociali) e la manciata di altri istituti che si fanno carico in Ticino di persone con disabilità, di minori e di persone con tossicodipendenze, non ci stanno. Per loro i veri effetti della misura si inizieranno a sentire già nei prossimi mesi.
È ciò che ci spiega Michele Passardi, presidente di Fondazione Diamante, importante e nota istituzione ticinese che in decine di laboratori, foyer, negozi impiega circa 600 adulti con disabilità in tutto il Cantone.
Presidente Passardi, in che condizioni navigano gli istituti dopo quasi un anno di risparmi? Sono già emerse difficoltà serie?
Per noi è stato impossibile intervenire a breve termine, visto che la proposta di contratto di prestazione per il 2024 ci è stata sottoposta tra marzo e aprile di quest’anno, ad attività in corso da mesi. Ragion per cui le difficoltà in gran parte devono ancora manifestarsi. Certo è che le istituzioni sociali cui è stato richiesto un contributo di solidarietà per il 2024 hanno dovuto farsene carico, riducendo le riserve (per chi le aveva). Mi risulta però che alcuni istituti hanno già dovuto o previsto di posticipare spese o rinunciare a progetti non strettamente urgenti o non obbligatoriamente previsti dai contratti di prestazione.
Voi quando ne risentirete?
Le vere conseguenze, per tutti, si vedranno l'anno prossimo, soprattutto a seguito del cosiddetto “prelievo” sui fondi, che si materializzerà solo alla fine dell’anno, con il versamento del quarto acconto da parte del Dipartimento della sanità e della socialità (DSS) agli enti con i quali ha sottoscritto un contratto di prestazione. Per quanto riguarda la Fondazione Diamante restiamo in attesa delle decisioni relative alla procedura ricorsuale che abbiamo dovuto avviare contro la misura di “prelievo” sui fondi, a nostro avviso del tutto illegittima.
A cosa dovevano servire le riserve degli istituti
Ci faccia capire cosa siano esattamente i “fondi di riserva”. E quanto siano importanti per gli istituti.
Questi fondi sono essenziali per garantire la stabilità finanziaria degli istituti, che sono entità giuridiche autonome e che dunque non godono di garanzie di copertura del disavanzo da parte del Cantone o di terzi. Sono fondi peraltro obbligatori per legge (lo dice il Regolamento di applicazione della LISPI) e sono alimentati grazie a eccedenze riconosciute anno dopo anno in modo formale e vincolante dal DSS; fondi servono a coprire i rischi aziendali e a finanziare progetti di sviluppo. In misura preponderante servono a coprire eventuali perdite e imprevisti. Il punto è proprio qui: il Governo sta creando a priori un “disavanzo artificiale” – remunerando solo parzialmente le prestazioni richieste - per poi imporre alle istituzioni sociali di usare i fondi per coprire l’ammanco. Una provocazione, per di più applicata solo a quegli enti che le riserve le hanno create in ossequio alla legge.
A quali forme di investimento avevate previsto di destinare questi accantonamenti?
Per quanto riguarda la Fondazione Diamante, queste riserve sono state in passato utilizzate per promuovere progetti di sviluppo, ovvero per sperimentare prestazioni innovative o nuove modalità di assistenza e prese a carico non previste dai contratti di prestazione. Oppure anche per migliorare gli standard qualitativi previsti dal contratto di prestazione. Tutte cose che – se i “prelievi” dovessero essere confermati – non si potranno più fare, con chiari peggioramenti dal profilo qualitativo.
In positivo, cosa significano questi miglioramenti, chi se ne avvantaggia?
Non solo le persone che accogliamo, che trovano prestazioni più adeguate alle loro esigenze. In passato alcuni progetti finanziati grazie a questi fondi e a queste riserve hanno permesso allo Stato di adottare modalità di assistenza più efficienti per determinati gruppi di utenti. Queste sperimentazioni, che non rientrano nei contratti di prestazione, portano quindi benefici sia allo Stato, che risparmia perché sovente si sviluppano modalità più economiche di offrire assistenza, sia agli utenti.
Mettere le mani nel capitale degli enti: una mossa poco sensata
Uno dei problemi del “prelievo” sui fondi è che non tutti gli istituti, al momento in cui è stata presa la decisione, disponevano di riserve dello stesso ammontare, giusto?
Esattamente. Questa misura è fortemente iniqua, perché il prelievo sarà del 40% delle riserve esistenti alla fine del 2022 … ma il 40% di zero rimane zero. Concretamente vengono penalizzati solo gli enti che hanno accumulato riserve, senza che vi sia equità nella partecipazione alle misure di risparmio richieste dal mondo politico al nostro settore.
Quali alternative potrebbero esserci per trovare forme di risparmio?
Se mancano risorse, Governo e Parlamento dovrebbero ridurre la quantità delle prestazioni richieste o gli standard imposti agli Enti, invece di “mettere le mani” sul capitale proprio di enti esterni ed autonomi. Così facendo, lo Stato impone agli istituti di usare il capitale proprio per finanziare servizi acquistati sottocosto. È come chiedere a un artigiano di installare una cucina che costa 100 pagandolo solo 85, perché grazie al suo lavoro negli anni precedenti ha accumulato alcune riserve. Non ha senso.
Quindi, chi non ha riserve riceverà più soldi?
Di fatto sì, perché a parità di prestazione, gli enti senza riserve riceveranno il prezzo pieno, invece di doversene sobbarcare una parte tramite i loro fondi propri.
Tra partner di un contratto ci si poteva parlare
Il ricorso in sede di Tribunale di cui ci diceva (ora depositato dinanzi il Tribunale cantonale amministrativo) riguarda questo punto?
Sì, riguarda proprio questo punto. Riteniamo che la misura proposta non poggi su una base legale e sollevi vari problemi, tra cui la clamorosa iniquità di cui abbiamo parlato.
Il vostro ricorso non tocca dunque il fatto che il Governo prima di decidere quali misure di risparmio applicare agli enti che offrono assistenza a persone con disabilità non abbia consultato tali enti?
No, quella è stata una scelta politica del Consiglio di Stato, peraltro a mio avviso inaccettabile. Questo non ha nulla a che vedere con il ricorso, ma purtroppo è indice di una modalità di gestione inadeguata dei rapporti tra due partner che invece dovrebbero collaborare. Se però una parte non vuole confrontarsi, l'altra non può farci molto.
Quindi il Consiglio di Stato non era obbligato a consultarsi con voi?
Non si tratta naturalmente di un obbligo formale, ma di semplice buonsenso. In un rapporto contrattuale normale, ci si siede a un tavolo e si cerca di decide insieme: lo Stato stesso si è assunto e ha stabilito per legge le prestazioni da erogare a questa fascia di cittadini, ma ha poi delegato il compito esecutivo a Fondazioni ed Associazioni autonome, che peraltro non sono obbligate a erogare questi servizi, ma lo fanno per scelta, sulla base di un contratto liberamente stipulato. L'anno scorso, però, una delle parti – lo Stato - ha deciso unilateralmente di chiedere all'altra – alcuni Enti – prestazioni per 100, pagandone solo 80. Non mi pare un modo ragionevole di gestire un rapporto di collaborazione.
"Se il Cantone pensa che gli istituti spendono troppo avrebbe potuto dirlo chiaramente"
Lei all’inizio del dialogo diceva che gli effetti si vedranno più avanti nel tempo. Che lei sappia ci sono già istituti che hanno dovuto tagliare sul personale?
Non ne ho la certezza, ma non mi sorprenderebbe se qualche istituto avesse già iniziato a fare delle riflessioni sulla dotazione di personale. Come Fondazione Diamante non lo abbiamo ancora fatto, ma a dipendenza degli sviluppi saremmo costretti a ragionare anche su questo punto. Il "tempo di frenata" e di adattamento è lungo, e probabilmente gli effetti concreti di queste misure si vedranno solo a partire dal 2025 o dal 2026, ma saranno purtroppo concrete e inevitabili.
Lei è anche un esperto di finanza pubblica: a suo avviso, data la necessità di contenere l'aumento della spesa dello Stato, si sarebbero potute stabilire delle priorità su chi sarà toccato ultimamente dai tagli?
Penso proprio di sì. Ci sono altri ambiti della spesa pubblica dove si potrebbe intervenire con minori conseguenze sul “contratto sociale”. Ma la questione qui non è tanto sul dove risparmiare, quanto piuttosto sull’assunzione di responsabilità per le scelte fatte.
Ci faccia capire...
Se Governo e Gran Consiglio ritengono che nel settore dell'assistenza alle persone con disabilità si spenda troppo, dovrebbero dirlo chiaramente e prendere decisioni chiare: riducendo la quantità delle prestazioni, quindi il numero di posti disponibili, oppure abbassando gli standard qualitativi. O imponendo una combinazione delle due, ma in modo trasparente. Svuotare i fondi di riserva serve solo a indebolire gli enti: quando le riserve saranno consumate, che si farà ?
Voi non potete trattare al momento della stipula dei contratti di prestazione?
Il contratto di prestazione è redatto dal Dipartimento della Sanità e della Socialità, non certo dagli enti, che se lo ritrovano sulla scrivania pronto per la firma: di fatto possono solo accettarlo o rifiutarlo, come peraltro abbiamo fatto noi, firmandolo con una esplicita riserva riguardo alla questione del prelievo sui fondi.