Tesla ha presentato al mondo il suo Cybercab, un taxi completamente autonomo affiancato da un futuristico autobus senza autista chiamato Robovan
Redazione Il Federalista
“Fra neanche tre anni ci muoveremo su taxi robotizzati”. La promessa fatta dal palcoscenico dei Warner Bros Studios dall’eccentrico magnate dell’auto elettrica e dei voli spaziali, Elon Musk, fa sognare alcuni e dubitare altri.
Pochi giorni fa Tesla, all’interno dell’evento "We, Robot", introdotto come svolta cruciale nella storia della mobilità urbana, ha presentato al mondo il suo Cybercab, un taxi completamente autonomo (senza neppure il volante), affiancato da un futuristico autobus senza autista chiamato Robovan.
Si tratta di veicoli gestiti da un’intelligenza artificiale che si orienta solo tramite telecamere, anziché fare uso di radar e sensori come per i modelli creati da altre compagnie pioniere del settore. Musk promette che i veicoli robotizzati renderanno i viaggi più economici per tutti e abbatteranno al contempo le barriere economiche legate al possesso di un'auto privata. Il “cab” dovrebbe essere già disponibile dal 2026, ma le tempistiche muskhiane sono spesso -ormai è noto- poco affidabili.
Manca inoltre praticamente ovunque un quadro normativo definitivo per dare semaforo verde ai cosiddetti gradini 4 e 5 (automazione elevata o completa) della scala a 5 livelli di riferimento prodotta dalla SAE (Society of Automotive Engineers), dove i veicoli sono classificati in base al loro grado di automazione: si parte da “nessuna automazione” (0), passando attraverso tre livelli di collaborazione tra persona e computer, con quest’ultimo che assume una parte sempre più importante nella gestione del veicolo (1-3).
Dal punto di vista legislativo, a parte alcune aree negli USA e Germania, solo in Cina vi sono aperture alla guida automatizzata, che stanno permettendo a numerose compagnie cinesi (ma anche a un'europea come Mercedes) di condurre sperimentazioni avanzate.
1. Riusciranno davvero a guidare meglio di noi?
Altre questioni legali ed etiche sollevano interrogativi: chi sarà giuridicamente responsabile in caso di incidente con un veicolo autonomo? Il proprietario o il produttore dello stesso software? Dilemmi che andranno risolti prima che i veicoli autonomi diventino una realtà di massa.
In una riproposizione dello stracitato “dilemma del Trolley”, potremmo immaginare una situazione in cui un’auto a guida autonoma si trovi a dover scegliere tra investire cinque persone sulle strisce oppure schivarle, schiantandosi però contro un muro e rischiando di uccidere gli occupanti. Cosa sceglierà, e in base a quali criteri?
Una delle compagnie più avanzate nel settore negli USA, Cruise (di General Motors) ha condotto sperimentazioni senza pilota sulle strade di San Francisco, ma le ha dovute sospendere alcuni mesi fa per comprendere come risolvere alcuni problemi legati all'incapacità dell’auto di reagire con “empatia” ad alcune situazioni: le auto senza pilota si sono trovate a ostacolare altri automobilisti intenti a manovrare (in fase di parcheggio, per esempio), con i quali non sono in grado di comunicare; hanno bloccato mezzi di soccorso, si sono infilate in cantieri; in un caso, un veicolo sarebbe transitato incurante in mezzo a una sparatoria.
L’altra compagnia che sta conducendo test a San Francisco, Waymo, di proprietà di Alphabet (Google, ecc.), sta però pubblicizzando numeri positivi riguardo alla riduzione degli incidenti: meno 70% incidenti con feriti per le automobili di questa compagnia. Ma le persone si fideranno? È davvero la via giusta da seguire? Se prendiamo come esempio un settore del trasporto in cui l’automazione avanzata è presente da decenni, l’aviazione, possiamo osservare una significativa riduzione degli incidenti dopo l’introduzione del pilota automatico -ma anche alcune gravi tragedie causate da un eccessivo affidamento dell’uomo al computer.
2. Ridurranno davvero il traffico? O solo il lavoro?
Facciamo parchi e non parcheggi, ha proposto il geniale Musk l’altra sera. L’auto autonoma, forse non casualmente, è una soluzione nata in Nord America, in società che più di tutte sono legate alle quattro ruote. Il ragionamento è che, considerato che le automobili negli USA stanno parcheggiate in media per il 95% della giornata, i veicoli senza pilota potrebbero diventare un modo per condividere la proprietà e ridurre il numero di veicoli presenti sulle strade.
L’idea di Musk è che in futuro non ci saranno solo taxi robotici, ma anche auto di proprietà che, nei momenti di non utilizzo (vacanze, ore di lavoro, ecc.) potranno essere affittate a chi ne avesse bisogno in quel torno di tempo, trasformandole per giunta in una fonte di reddito per il suo proprietario.
Tuttavia, il veicolo a guida autonoma potrebbe trasformarsi in un autogol per la stessa industria che le produce, visto che secondo gli esperti più “ottimisti” il numero di auto in circolazione potrebbe crollare del 90%.
Non tutti gli studiosi sono d’accordo con queste proiezioni. Anzitutto perché le automobili vengono utilizzate prevalentemente in quelle che non casualmente vengono chiamate “ore di punta”. Per gli spostamenti casa-lavoro o viceversa, serviranno all’incirca gli stessi veicoli di oggi (nessuno in quelle ore si potrà permettere di cedere la propria vettura).
Quanto alla disponibilità nelle altre ore? Una proiezione del politecnico di Zurigo del 2019 mostrò invece che la possibilità di compiere viaggi in auto, su domanda e con grande flessibilità, spingerà ad aumentare i chilometri percorsi all’interno di un centro urbano, non a diminuirli (un effetto già osservato in seguito all’introduzione delle celebri app di tragitti su richiesta come Uber e Lyft). Inoltre, le alternative come i trasporti pubblici o biciclette e monopattini potrebbero diventare meno interessanti.
Resta aperto il problema dell’impatto occupazionale. Parlavamo in apertura della Cina, dove, a sentire la CNN, in alcuni luoghi è già “possibile viaggiare per 10 chilometri su di un taxi senza conducente al costo di soli circa 50 centesimi”, una "ondata di inquietudine" sta attraversando le vite di tassisti, autisti e fattorini su richiesta (i cosiddetti rider).