IL FEDERALISTA
La scommessa delle 'cripto' tra record e trabocchetti
Il Federalista analizza il fenomeno grande corsa che ha visto protagoniste le criptovalute negli ultimi mesi, sulla scia della più celebre di esse: il bitcoin

Folle volo, o c’è di più? Diamo un occhio alla grande corsa che ha visto protagoniste le criptovalute negli ultimi mesi, sulla scia della più celebre di esse: il bitcoin. Volata accelerata, verso un apprezzamento record, sin dalle ore in cui i risultati iniziavano a mostrare che Donald Trump sarebbe stato rieletto presidente degli Stati Uniti.

Ma rinfreschiamoci le nozioni di base. Integrando un paio di definizioni ricordiamo che: le criptovalute sono una forma di denaro digitale, ovvero esistono solo su internet; inoltre, a differenza del denaro tradizionale, come franchi o dollari (che esistono oltre che come contante anche in forma elettronica), e di altre valute digitali, le criptovalute non sono controllate da Banche Centrali o Governi. Funzionano invece grazie a una tecnologia chiamata blockchain.

La blockchain è come un grande registro pubblico su cui vengono annotate tutte le transazioni. Questo registro è composto da una rete di moltissimi computer sparsi in tutto il mondo, che lavorano insieme per verificare la correttezza dei dati registrati. Questo significa che una soggetto da un computer x non può falsificare o modificare le informazioni senza che tutti gli altri computer della rete che conservano quell’informazione lo notino.
Tutti dietro il btc, ma durerà?

Bitcoin (o btc) è stata la prima criptovaluta ed è ancora la più conosciuta, quella che trascina tutte le altre. Ma oggi ne esistono migliaia. Quattro giorni fa per la prima volta il bitcoin ha superato i 100mila dollari per 1 gettone. Una soglia incredibile per qualcosa che in sé non ha alcun valore. Se osserviamo la variazione del prezzo del bitcoin negli anni vediamo che esso ha registrato un andamento a ondate, con salite repentine e cadute altrettanto veloci, ma picchi comunque sempre più alti.
Ovviamente, chi non ritira i suoi investimenti nei momenti di risacca, può vederseli atrofizzare rapidamente. Un po’ come in quel film, “Gioventù bruciata”, dove vince chi frena l’automobile per ultimo prima del baratro, ma chi non lo fa per tempo arrischia di finire nel burrone.

“Rimane col proverbiale cerino in mano”, conferma Generoso Chiaradonna, caporedattore “economia” al Corriere del Ticino. Certo non manca chi – i veri adepti delle criptovalute – non vende, e scommette che il valore di bitcoin e cripto, a lungo andare, continuerà a salire e si consoliderà. Pensando -potremmo dire- che alla sua automobile cresceranno le ali; o, fuor di metafora, che i bitcoin (o simili) diverranno forme di denaro vieppiù diffuse e accettate.

Molto scettico Chiaradonna. “Si cita sempre la corsa ai bulbi di tulipani del 1636-37: per alcuni mesi tutti volevano comprare bulbi, ma quando ci si accorse che i prezzi erano sovrastimati il valore crollò. Però – verrebbe ironicamente da dire – almeno con i tulipani alla fine ti rimaneva un fiore in mano; se il bitcoin va a zero, resterai a mani vuote”. O con altra analogia: “Se si fa speculazione sulle azioni della Apple e queste perdono l’80% del loro valore, alla fine si rimane comunque comproprietari della Apple”.

Alcune delle cripto più recenti, chiamate meme-coin, nate quasi per scherzo, spesso legate al nome di qualche personaggio famoso (Elon Musk, Donald Trump, o persino qualche creatore di contenuti sui social network), per Chiaradonna non sono altro che “una sorta di catena di Sant'Antonio”: “C'è chi si accaparra queste monete, paga per averle, ma alla fine c’è chi incassa ed esce. Chi rimane dentro si ritrova con un pugno di mosche”.

I grandi fondi investono

Tuttavia, le monete più affermate (bitcoin ed ethereum su tutte) non sembrano ormai più essere un fuoco di paglia. Anzitutto, lo zoccolo di chi ci crede – la fanbase verrebbe da dire – appare sempre più ampio. E come dice la teoria, una valuta detiene valore (anche) perché le persone ci credono, le fanno fiducia: quelli che abbiamo in tasca, a rigore, sono solo pezzi di carta e nichel.

Oggi, d’altronde, anche molte banche e fondi-pensione hanno inserito nei loro portafogli d’investimento delle posizioni in criptovalute. Anche se -ragiona Chiaradonna- lo fanno con prudenza, per esempio attraverso degli EFT, ovvero quei prodotti di investimento che mimano l’andamento di un dato indice senza però commerciare concretamente la “cosa” in questione (l’argento, il frumento, oppure il bitcoin). Un po’ come se le banche tenessero le cripto ancora a distanza, con un paio di lunghe pinze.


C’è chi le usa

Vi sono però fatti recenti che potrebbero suggerire che, rispetto a cinque anni fa, vi sia maggiore sostanza dietro bitcoin&Co. Pochi mesi orsono, per fare un esempio, lo Stato russo, con un mezzo testacoda, ha approvato un processo di ampia de-regolamentazione delle valute digitali decentralizzate e della loro coniazione (il cosiddetto mining).

Non certo per liberalismo. Bensì fiutando che il rublo, la valuta nazionale, sarebbe diventato sostanzialmente inutilizzabile negli scambi internazionali. La Banca centrale russa ha avviato a ottobre una sperimentazione per utilizzare criptovalute nel commercio internazionale. Esempio: se la Cina regola ancora l’acquisto di petrolio versando degli Yuan, i commercianti russi potrebbero decidere di sostituire questi Yuan cambiandoli in bitcoin o in altre cripto, utilizzabili ovunque nel mondo: scavalcando così le sanzioni.

L’incognita USA

Un altro elemento che sembra dare solidità alle criptovalute più famose è l’aperto sostegno all’idea della moneta decentralizzata da parte di alcuni grandi sponsor della campagna Trump. È ciò che ha scatenato la “febbre del gettone” (forse culminata proprio oggi, dato che in questo momento si assiste a una grossa flessione di molte sigle). Lo stesso presidente eletto aveva promesso nel luglio scorso di creare una "riserva strategica di bitcoin per il Governo statunitense”. Una promessa elettorale difficilmente realizzabile? Chiaradonna: “È l’idea di creare una sorta di "Fort Knox digitale", una riserva aurea in forma digitale. Tuttavia, non se ne capisce la ragionevolezza”.

La tecnologia Bitcoin infatti nasce proprio con l’idea di contrastare il controllo sul denaro esercitato dalle Banche Centrali (prima fra tutte la lo stessa Federal Reserve USA) proponendo un’alternativa al sistema delle valute nazionali, al cui apice sta il dollaro americano: “Avrebbe poco senso assecondare un’idea che originariamente è nata per far guerra a uno degli atout più forti della tua potenza economica, il dollaro stesso. Trump è imprevedibile, forse pazzo, ma si è attorniato di consiglieri che pazzi non sono e probabilmente lo fermeranno”.

Sintetizzando, alcune cripto sembrano qui per restare, anche se permane il rischio che si sgonfino da un giorno all’altro e restino come sabbia tra le mani dei possessori. Soprattutto occorre -dicono gli esperti- evitare di investire sulla cripto meno affermate, come i nuovi gettoni che stanno correndo negli ultimi mesi nella scia del bitcoin.

 

Resta connesso con Liberatv.ch: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
In Vetrina

LETTURE

"Il Sorvegliante dei Colori del Lago", l'ultimo romanzo di Marco Bazzi

14 GENNAIO 2025
BANCASTATO

BancaStato, Fulvio Soldini nuovo responsabile del Private Banking di Chiasso

09 GENNAIO 2025
EVENTI & SPETTACOLI

Da Zonta Club Locarno oltre 12mila franchi per il Soccorso d’Inverno

18 DICEMBRE 2024
OLTRE L'ECONOMIA

Ecco come sta l'economia ticinese. E cosa pensano le aziende degli accordi con l'UE

18 DICEMBRE 2024
EVENTI & SPETTACOLI

San Bernardino Swiss Alps, da domani apre la ski Arena Pian Cales

13 DICEMBRE 2024
LETTURE

Riccardo Tettamanti alla direzione di Terra Ticinese

12 DICEMBRE 2024
LiberaTV+

ANALISI

Il futuro della Lega

13 GENNAIO 2025
ANALISI

Un fantasma chiamato centrosinistra

13 GENNAIO 2025
ENIGMA

L'estrema destra avanza. Dobbiamo averne paura?

12 GENNAIO 2025