POLITICA E POTERE
Gobbi a muso duro: "Ecco perché abbiamo chiuso tre valichi di notte. E perché li chiuderei tutti. La decisione è stata di Berna, che l'ha comunicata a Roma. Ma dall'altra parte del confine è più facile sbraitare che andare al nocciolo del problema. Non st
Il ministro: "Stiamo lavorando per tutelare gli interessi dei Ticinesi. La sicurezza prima di tutto. Vogliamo impedire ai criminali di entrare a piede libero nel nostro territorio. Chi non ha commesso reati non ha nulla da temere"
foto: TiPress/Samuel Golay
BELLINZONA - Il ministro delle istituzioni, Norman Gobbi, torna sul Mattino della domenica di oggi sulla chiusura dei valichi secondari che ha scatenato proteste da parte italiana. Spiega l’iter che ha portato a questa chiusura sperimentale e ribadisce: se fosse per me li chiuderei tutti.

di Norman Gobbi (dal Mattino)

“Sì, l’ho detto. E non ho problemi a ripeterlo. Se fosse dipesa da me la decisione, avrei chiuso durante la notte tutti i valichi secondari in Ticino, e non mi sarei limitato a una fase sperimentale della durata di sei mesi.

Negli scorsi giorni sono stato contattato da diversi media italiani e mercoledì pomeriggio sono stato ospite di una trasmissione radiofonica della rete italiana rai. Ho voluto ribadire la mia posizione ma anche quella del Consiglio federale perché dall’altra parte del confine regnano confusione e disinformazione.

Ancora una volta quindi, cosa è successo realmente? Andiamo con ordine: dal 1 aprile scorso i tre valichi di Novazzano-Marcetto, Pedrinate e Ponte Cremenaga chiudono per un periodo di sei mesi, a titolo sperimentale, dalle ore undici di sera alle cinque di mattina. Lo scopo? Vogliamo fermare la criminalità transfrontaliera.

Grazie a questa misura le nostre forze dell’ordine – così come pure quelle italiane – potranno concentrare i loro sforzi altrove. Questa è stata la volontà del Consiglio federale che ha voluto dar seguito alla mozione inoltrata dalla nostra consigliere nazionale Roberta Pantani nel 2014. Una risposta a una richiesta chiara del Canton Ticino: far fronte al fenomeno dei furti nelle abitazioni che con l’imbrunire toccava soprattutto molti paesi situati sulla fascia di confine nel Mendrisiotto e nel Malcantone.

Avrei voluto la chiusura di tutti i valichi secondari, e non solo di tre. Con questa affermazione non sto discriminando e non sto offendendo nessuno. E allora cosa ha dato fastidio dall’altra parte del confine? La risposta è chiara: l’informazione istituzionale tra il Governo centrale italiano e i comuni di confine non è avvenuta. Invece di chiedere spiegazioni in Svizzera puntando il dito contro il Governo ticinese e quello federale, i sindaci della fascia di confine avrebbero semmai dovuto chiedere delucidazioni ai loro politici a Roma.

Infatti, nella massima trasparenza, le Autorità federali – come confermato proprio da Berna negli scorsi giorni - hanno informato l’Italia già un anno fa. Il Consigliere federale Burkhalter aveva incontrato a questo proposito il ministro italiano Gentiloni già nel 2016. Da parte nostra, come Cantone, avevamo dato informazioni puntuali a partire dal 2015 tramite la Regio insubrica.

Stiamo lavorando in modo serio e coordinato e non tollero che si butti fango sull’operato delle Autorità cantonali e federali per un problema di comunicazione tra Roma e i Comuni della fascia di confine. Ma soprattutto non tollero che si faccia finta di non capire!

Si è parlato di misure discriminatorie e parlo al plurale perché oltre alla chiusura notturna dei valichi nel calderone caotico montato ad arte al di là del confine è finita anche la misura del casellario. Ancora una volta: non stiamo discriminando gli italiani!

Ho provato a spiegarlo di nuovo: tutti i cittadini dell’Unione europea, di Islanda, Norvegia e Liecthenstein quando richiedono un permesso di soggiorno o di lavoro devono presentare il casellario giudiziale.

Stiamo lavorando per tutelare gli interessi dei Ticinesi. La sicurezza prima di tutto. Vogliamo impedire ai criminali di entrare a piede libero nel nostro territorio. Chi non ha commesso reati non ha nulla da temere.

Invece di scomodare l’Ambasciatore svizzero a Roma per questioni simili – evidentemente per reagire alle rimostranze dei parlamentari – alla Farnesina forse avrebbero dovuto agire diversamente. Ci sono motivi ben più gravi per cui varrebbe la pena scomodare un ambasciatore, soprattutto quando il problema è una mancata informazione tra autorità dello stesso Paese.

Per quel che mi riguarda non intendo fare dietrofront su misure come la chiusura dei valichi o la presentazione del casellario giudiziale solo perché dall’altra parte del confine è più facile sbraitare piuttosto che andare al nocciolo del problema. Continuerò a far sentire la voce dei Ticinesi. La concretezza prima di tutto!”

* direttore Dipartimento istituzioni

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