Il tenore e il contenuto dei due scritti sono sostanzialmente sovrapponibili. Affrontano in particolare il tema della “gogna mediatica” di cui il partito si sente vittima. Ecco alcuni stralci del testo: "I sistemi intimidatori verso le persone innocenti, non solo in Ticino, ma persino a Corleone, iniziano seriamente a pesare”
Il tenore e il contenuto dei due scritti sono sostanzialmente sovrapponibili. Affrontano in particolare il tema della “gogna mediatica” di cui il partito si sente vittima.
Prima di entrare nel merito, però, il PPD spiega ai militanti destinatari della lettera le ragioni che hanno spinto Dadò a scrivere a tutti i ticinesi: “Di fronte a questa martellante, aggressiva e intimidatoria manipolazione della realtà, che ha ferito e fatto ammalare persone che non hanno nessuna responsabilità con il mandato alla ditta Argo 1, l’unica via percorribile è quella di raggiungere direttamente i cittadini a casa loro, senza nessun filtro o storpiatura. Poi ognuno potrà trarre le sue conclusioni”.
Il PPD ribadisce l’assoluta necessità di far luce sullo scandalo Argo 1. Il partito, si sottolinea, aveva chiesto mesi fa che venissero scelti dei periti indipendenti per indagare sul caso, e più in profondità, “ma tutte le altre forze politiche si erano opposte”. Il PPD si chiede altresì “se qualcuno conosce il nome, cognome e il ruolo che hanno svolto i due funzionari responsabili di questo pasticcio”. “Delle vere responsabilità sembra non volersene occupare nessuno”.
Il partito rigetta invece la “gogna” mediatica. Afferma che una parte del mondo dei media si è comportato in maniera onesta, mentre un’altra parte ha cercato di “intimidire e annichilire le persone”. In particolare gli azzurri puntano il dito contro la RSI, unica azienda citata nella lettera, facendo riferimento all’ormai celebre servizio di Falò.
La radiotelevisione pubblica, si legge nel testo, “con l’enfasi che neppure l’uccisione di Bin Laden aveva ottenuto, non è rimasta in disparte (nell’attuare la gogna mediatica, ndr.). Il fatto veramente grave, per il quale i 4’000 funzionari del Cantone si attendono delle scuse, è che è stata utilizzata, mettendola in bella mostra su Falò, una fattura di una vacanza in Sardegna di 5’000 euro che non c’entra assolutamente nulla con lo scandalo Argo, per far credere ai cittadini che ci fosse corruzione tra i funzionari pubblici. È questa la serietà del giornalismo, a maggior ragione se d’inchiesta, che ci si attende dalla nostra televisione pubblica?”.
Su questo punto va precisato che fu la stessa RSI, con un servizio al Quotidiano, a chiarire qualche settimana dopo la messa in onda di Falò, che il beneficiario della vacanza era l’amministratore di Argo. Ma, secondo gli azzurri, “la direzione della RSI non può limitarsi a generiche difese d’ufficio e a comunicazioni tra le righe per dire di averle fatte, ma deve rispondere in modo chiaro di questo preciso e grave episodio”.
Il passaggio più duro dello scritto è quello dedicato alle “intimidazioni” che il PPD ritiene di aver subito: “Giusto far luce e informare sulla vicenda Argo, ma accetterà che le intimidazioni, le illazioni, la manipolazione della realtà, l’accanimento che mette le persone innocenti al pubblico ludibrio diventino la regola, significa soccombere e consegnare il Paese a metodi che non appartengono alla cultura ticinesi. Come si è potuto leggere sui quotidiani di mezza Europa dopo la morte di Totò Riina, i sistemi intimidatori e la messa alla gogna delle persone innocenti, non solo in Ticino, ma persino a Corleone, iniziano seriamente a pesare”.
Durissima la conclusione: “Abbiamo assistito in queste settimane a tutto quanto di più meschino, arrogante e brutto il Paese non si merita. È un nostro dovere, è un dovere del Partito che poggia le sue basi su valori universali quali il rispetto per le persone, opporsi nel modo più assoluto a questo triste abbrutimento del dibattito civile”.