Il Governo, in una conferenza stampa a Palazzo delle Orsoline, torna in campo contro la proposta di abolizione del canone: "Se l’iniziativa fosse respinta a livello federale ma accolta nel nostro Cantone, è concreto il rischio che a medio termine possano verificarsi decisioni aziendali negative per la RSI e per le emittenti private del Cantone"
Il Consiglio di Stato ha anzitutto ricordato che il principio di un canone radio-televisivo risponde fedelmente alle indicazioni della Costituzione, che con il concetto di servizio pubblico descrive un contributo all’istruzione, allo sviluppo culturale e alla libera formazione delle opinioni. Il canone, secondo l’attuale impostazione, garantisce inoltre che le minoranze linguistiche e culturali, come quella svizzero-italiana, siano equamente rappresentate nell’offerta radio-televisiva nazionale.
A questo proposito, il Governo ha invitato a non dimenticare che il sistema in vigore assegna alla RSI ben il 22% delle risorse, a fronte di appena il 4% della popolazione della Svizzera italiana. Per quanto riguarda la sola RSI, questo impegno si traduce in oltre un migliaio di collaboratori a tempo pieno e in un valore aggiunto di circa 213 milioni di franchi all’anno per l’economia della Svizzera italiana. Circa 40 milioni sono destinati all’acquisto di beni e servizi da 850 fornitori locali.
Il Governo ha infine riaffermato la propria preoccupazione in vista di uno dei possibili esiti della consultazione del 4 marzo 2018: se l’iniziativa fosse respinta a livello federale ma accolta nel nostro Cantone, è concreto il rischio che a medio termine possano verificarsi decisioni aziendali negative per la RSI e per le emittenti private del Cantone. Un segnale di disaffezione da parte della cittadinanza ticinese potrebbe infatti portare al ridimensionamento di realtà di primo piano per l’economia e le attività culturali nel Cantone.